Lo smemorato Romeo

460 52 10
                                    

Francesco continuava a tossire, ma al contempo non voleva sapere di lasciare la presa dalla valigetta; come se ne andasse della sua stessa vita, sebbene non sapesse nemmeno quale fosse il suo contenuto.
Quando parve calmarsi, Francesco girò il capo verso Cesare... o almeno, non proprio il Cesare che lui conosceva, se ne era reso conto da quella vistosa cicatrice che gli marchiava l'occhio destro.
Faceva abbastanza impressione ma il ragazzo la portava senza vergogna, nonostante, allo stesso tempo, egli la disprezzasse con tutto se stesso.
« Ok, ora sarà complicato » sospirò Francesco, avvicinandosi verso colui che doveva essere il suo amico d'infanzia.
Quest'ultimo indietreggiò, confusissimo.
Francesco poi si fermò e si inginocchiò sull'asfalto, aprendo la valigetta.
« Forse... ho capito » detto questo, Francesco parve afferrare qualcosa all'interno della valigetta, poi la richiuse e spedito si avvicinò al Cesare315.
Subito, gli porse il bracciale, e poi, serio, lo guardò negli occhi.
« Lo so, è strano.
Sono confuso quanto te. »
L'altro lo guardò fisso, senza dire una parola. Stranamente, afferrò quel bracciale: esso sembrava uno di quegli Apple Watch che si usavano tantissimo a quei tempi, solo che lo schermo era forse un po' più spesso.
Cesare315, quindi, pigiò il piccolo pulsante situato sopra a quello schermo del bracciale. Dopo di ciò, sussultò.
Il suo sguardo si fece corrucciato, pensando che quello doveva essere davvero uno scherzo di pessimo gusto.
« Mi stai prendendo per il culo? » gli fece, mostrando lo schermetto al biondo: vi era l'anteprima di un video, nel quale si vedeva proprio suo cugino Nelson all'interno di una vettura.
Francesco iniziò man mano a capire le intenzioni del suo amico occhialuto, perciò si avvicinò all'altro di fretta.
« Non è uno scherzo, Cesare! »
« Come cazzo fai a sapere chi sono? »
Francesco si immobilizzò, entrando per qualche secondo quasi in uno stato di trance.
In che senso non sapeva chi fosse?
Forse, semplicemente, non si erano mai incontrati in quella realtà. Poteva essere la cosa più plausibile a cui pensare.
Ma Francesco aveva una sensazione addosso ed essa gli procurava brividi alla schiena non tanto piacevoli. Si sentiva completamente spaesato, fuori dall'universo stesso.
« Senti, » fece Cesare315, avvicinandosi al biondo e ritornandogli il bracciale « scherzo intrattenente, ti sei divertito abbastanza.
Ma d'ora in poi lascia in pace i morti. »
Francesco sgranò ancora di più gli occhi.
In quell'universo Nelson era morto?
Il biondo si girò, avrebbe voluto fermarlo ma intuì che l'altro si fosse trattenuto dal picchiarlo. Quindi, quando il moro gli passò di fianco per sorpassarlo, con la coda dell'occhio notò che la tasca inferiore del suo zaino fosse aperta.
Rapido, allungò la mano e gli ficcò il bracciale all'interno della tasca.
Poi sospirò, mentre l'altro si allontanava.
Francesco sperava andasse tutto per il meglio.
All'appello mancavano solo Frank e Nicolas.
Il problema più grande era che non si trattava più del suo universo, perciò come avrebbe fatto a rintracciarli?

( . . . )

Lettere moderne.
L'aula universitaria era enorme, ancora non si era abituata a quell'ambiente, nonostante fosse in procinto di laurea.
Quel giorno era arrivato un sostituto del suo insegnante, e lei era rimasta affascinata dal modo così fluido e interessate che lui aveva di parlare, di esporre il suo pensiero, di comunicare con il prossimo.
Aveva quasi la sensazione di averlo già visto prima, ma si disse che doveva solo trattarsi di questo: semplicemente una sensazione.
Il suo nome era Dario, Dario Matassa.
Non poté smettere di pensare che quel nome gli calzasse proprio a pennello.
Sembrava anche parecchio giovane, forse poteva avere solo qualche anno in più di lei. Ma non era cosa inusuale che ragazzi giovani iniziassero la carriera di insegnante, sebbene in un posto come l'università fosse molto difficile trovarne uno. Ma non impossibile.
Lui non l'aveva guardata neanche una volta, sembrava quasi che non esistesse ai suoi occhi. E come avrebbe potuto farlo?
Era seduta in fondo, davanti a lei vi erano le schiene dei suoi colleghi, quindi lui non avrebbe potuto vederla a prescindere.
Tuttavia, lei si sentì un vero e proprio fantasma. Perché desiderava che lui la notasse? Non si erano mai visti prima di allora.
I suoi occhi azzurri iniziarono a pizzicare, voleva semplicemente eclissarsi nel nulla, essere una nuvola di fumo che si espande nel cielo e che poi sparisce senza lasciare traccia.
« Non mi sento tanto bene » disse alla sua amica seduta vicino a sé, per poi alzarsi, mettere via le sue cose e andarsene.
Lui ancora parlava, interagendo con un'altra ragazza che gli aveva porto una domanda. Una ragazza che non era lei.
Dario girò il capo solo quando sentì la porta scricchiolare, contemplando quei ricci bellissimi biondo cenere per qualche secondo, lei di spalle, finché la porta non si chiuse completamente.
Ma lui, nonostante fosse oramai un mezzoragno — quindi aveva acquisito sensi sviluppati — e fosse lì solo per colmare la propria noia — sino al giorno fatidico —, non capì.
Non capì perché non era riuscito a vederla prima, a capire chi fosse.
E tutt'ora, sebbene dovesse essergli familiare, non lo capiva.
Si bloccò di colpo, aveva tutti gli occhi puntati addosso ma non gli importava.
Aprì la porta situata a destra della cattedra ma nulla.
Lei era svanita.
Come se nulla fosse, richiuse l'anta e tornò indietro.
« Era solo uno spiraglio di vento. »

( . . . )

Il biondo era entrato in un tabacchino, aveva chiesto se lì avessero un elenco telefonico da prestargli.
Per fortuna Nelson gli aveva spiegato che il bracciale poteva essere usato come cellulare, anche perché Francesco aveva controllato il proprio e questo era rimasto al trenta percento di batteria, — oltre a non ricevere campo — quindi aveva ringraziato il cielo per aver dato quei superpoteri al suo amico con gli occhiali.
Si era messo in un angolo, fuori il tabacchino, seduto su un bordo in marmo bianco, dietro di sé una saracinesca chiusa di un negozio che quel giorno non avrebbe aperto.
Come schermata iniziale, anche a lui, comparve l'anteprima del video con Nelson. Ma Francesco preferì rimandare la sua visione, magari assieme a Nicolas e Frank.
Così, toccò il vetro e chiuse temporaneamente il video, pigiando successivamente l'icona blu della cornetta telefonica situata in mezzo a quelle che sembravano solo semplici applicazioni di un normale smartphone.
La funzionalità calling del bracciale permetteva di non fare chiamate in vivavoce nonostante non si portasse il dispositivo all'orecchio. I suoni venivano captati direttamente dai canali uditivi, come se indossasse degli auricolari invisibili o incorporati direttamente al suo orecchio.
Come avesse fatto Nelson a progettare un oggetto del genere rimaneva un mistero. Lo stesso Francesco si sorprese molto della cosa.
Passò un'ora abbandonante, ma di Davide Franceschelli, il vero nome del suo amico Frank, non vi fu alcuna traccia. In tutti i numeri spuntava sempre la segreteria.
Stessa cosa con Nicolas.
A quel punto si alzò, tornò all'interno del tabacchino, riconsegnò l'elenco e poi riuscì nuovamente fuori.
Sospirò, sentendosi un pesce fuor d'acqua.
Camminò per Piazza Maggiore, con le mani ficcate all'interno della tascona della felpa. Stava cominciando a perdere le speranze, quando, ad un tratto, sentì una melodia soave provenire alla sua sinistra.
Un suono armonioso di chitarra.

( . . . )

Ronzio di zanzare, occhi fuori dalle orbite; essi mischiati sia col sangue che con l'inchiostro.
Il torace sembrava essere stato masticato, il viso informe, vi era un foro enorme che occupava il posto del naso e della bocca; colava altro putrido rosso intriso nel nero, tutto fino al pavimento.
Ficcato in mezzo a manici di scopa e prodotti per la pulizia, attorno si stava andando a creare una puzza nauseabonda.
Poi, la porta dello sgabuzzino si aprì.
Acute urla rimbombarono tutt'attorno.
Ecco dove era andato a finire il caro e ormai vecchio professore di lettere moderne.

OBSCURIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora