Come tutto ebbe inizio

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Un passo indietro.
Prima che Nelson costruisse il taxi del tempo.
Egli faceva avanti e indietro per la camera da letto, decisamente soprappensiero.
Aveva ancora le immagini macabre del suo amico Frank in fin di vita per colpa di un caffè avvelenato.
Per non parlare di Francesco, sembrava non volesse vederli mai più per colpa dei poteri.
Nelson sospirò, era davvero stanco mentalmente e ogni pensiero gli risultò molto faticoso.
Si sedette sul letto.
Un altro sospiro.
Le tende della camera svolazzavano a causa della finestra semi-aperta.
Nelson si sorreggeva la fronte col palmo di una mano.
Era un pesce fuor d'acqua.
Cosa avrebbe dovuto fare?
In quell'istante, la finestra si spalancò. Nelson girò il capo verso di essa e fu lì che vide un portale aprirsi davanti ai suoi occhi.
Subito dopo apparve una figura: alta, con indosso una tuta attillata bianca e rossa, il mantello sulle spalle anch'esso dell'ultimo colore appena citato.
Le sue orecchie erano a punta, i ricci gli ricadevano sul volto. Nelson si chiese come facesse a vedere con tutti quei capelli, sebbene il suo pensiero principale fosse un altro: perché sembrava come vedersi allo specchio? Sognava o, davanti a sé, sembrava esserci un suo possibile gemello appena uscito da un qualche Comicon?
Egli aveva appena pigiato un pulsante nei suoi occhiali, questi creavano nelle lenti delle pagine luminescenti, sembravano come se fossero un vero e proprio computer.
« Universo novecentoquattro, giorno uno.
Tutto tranquillo, per il momento. »
Il ragazzo pigiò nuovamente l'asta degli occhiali e poi puntò lo sguardo davanti a sé, proprio su Nelson.
L'altro aveva gli occhi sgranati, non sapeva cosa dire.
In realtà avrebbe tanto voluto chiedere tante cose, ma non trovò quelle adatte, oltre che essere in shock per quella strana visita.
L'altro avanzò verso di lui.
« Lo so che per te potrà essere strano tutto questo, ma lascia che ti chiarisca un po' le idee, Nelson Venceslai.
Io sono Nulso, il mio nome umano è Nelson, proprio come il tuo; poiché generato da padre alieno e madre umana.
Provengo dall'Universo X, e sono qui per proporti un patto per salvare non solo il mondo, ma tutta la vita nell'universo intero. »
Nelson rimase in silenzio ma si fece subito molto interessato.

( . . . )

Nulso si era seduto a gambe incrociate davanti l'omonimo e come se nulla fosse aveva iniziato a fluttuare. Per lui sembrava essere una cosa normalissima, Nelson ne rimase molto affascinato.
« Immagino sia una storia abbastanza lunga » disse Nelson, guardando l'alieno.
Questo pigiò l'asta dei suoi occhiali e dalle lenti si generò una scia di pixel indaco che andarono a mischiarsi davanti a loro, creando uno schermo; laddove si iniziarono a vedere le immagini dell'inizio di una storia.
Nulso iniziò subito a raccontare:
« Mio padre si chiamava Gurno ed era il sovrano di tutti gli Zagaroth... »

Un uomo dai ricci capelli neri, gli occhi scuri e le orecchie a punta, camminava lungo un enorme corridoio in acciaio, superando porte automatiche con l'utilizzo di un riconoscimento facciale.
Egli era muscoloso, spalle larghe ed anche molto alto.
La carnagione era uguale a quella di un essere umano, infatti tra Zagaroth e Umani ci sta ben poca differenza visiva, invece ci stanno molte differenze fisiche: come la forza e l'intelligenza. Gli Zagaroth sono nettamente più superiori, in quei campi.
Un lungo mantello regale rosso scuro ricadeva sinuosamente lungo il suo corpo vestito da una tuta attillata nera e rossa, avanzando sempre più sicuro di sé.
Gurno aveva conquistato molti pianeti, uno tra questi la Terra. Come già detto, essa possiede una popolazione molto debole, ma secondo il sovrano anche molto utile per fare vari esperimenti.
Infatti, stava viaggiando a bordo della sua grande astronave da lunghissimi mesi, oramai.
Aveva un piano, ma prima di tutto doveva raggiungere il luogo prestabilito.
Arrivò nella sala di controllo e lì, alcuni dei suoi soldati, sempre Zagaroth, erano intenti a lavorare, mentre uno di loro guidava la nave spaziale.
Gurno si mise al centro, dove, a grandezza riadattata e quindi piccolo quanto un pallone da calcio umano, vi era un pianeta fatto di pixel che continuava a girare e girare, lentamente.
Uno Zagaroth si avvicinò al sovrano, la schiena china.
« Siamo quasi arrivati, Sua Altezza. »
Gurno fece un cenno del capo e con un gesto veloce della mano gli fece capire che aveva detto abbastanza.
La sua attenzione, tuttavia, non si era mai allontanata da quella piccola sfera, in quel momento la rappresentazione del figlioletto del vero pianeta che poteva ammirare dall'enorme vetro innanzi a sé.
Finalmente l'avrebbe vista.
Finalmente avrebbe messo i piedi sui prati verdi della bellissima Valle Spaziale.

OBSCURIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora