7.

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Più passa il tempo e più mi rendo conto di quanto sia bello stare in compagnia di Charles. Gli ho chiesto di non affrettare le cose perché devo ancora riprendermi dalla rottura con Carlos, e mi ha rassicurato che nemmeno lui vuole correre e fare tutto con calma. Sì, qualche bacio ci scappa, ma è solo perché abbiamo aspettato tanto per poter fare tutto questo senza che io dovessi sentirmi in colpa nei confronti del mio, ormai, ex ragazzo.

«Juliet, vieni in soffitta!» grida Lando e poso lo scatolone a terra.

Siccome oggi è domenica, mamma ha chiesto a me e a mio fratello di sistemare le nostre camere da letto e mettere le cose che non ci servono negli scatoloni. Salgo in soffitta, dove trovo mio fratello seduto a terra, sulle gambe ha un album. Mi siedo accanto a lui e poggio la testa sulla sua spalla.

«Vuoi fare un tuffo nei ricordi questa mattina?»

«Eh, che vuoi farci. Sai che a volte sono molto malinconico», dice sfogliando l'album e soffermandosi su una nostra foto da piccoli.

«Qui avevamo quattro anni e litigavamo perché ero io la cocca di papà», affermo e lo vedo ridere.

«Eravate uguali. Ti voleva tanto bene papà», mormora e lo abbraccio, prendendo un po' del suo dolore.

Nostro papà ci ha abbandonato quando entrambi avevano sei anni per via di un ictus improvviso. Eravamo solo bambini e non ci rendevamo conto che avevamo perso un pezzo importante, un punto di riferimento, il pilastro che manteneva in vita la nostra famiglia. Da quando è morto niente è stato più lo stesso. La sua mancanza si fa sentire e faccio di tutto per non pensarci e ritrovarmi debole, esposta per non lasciare che qualcuno noti quanto io sia fragile. E oggi è un giorno in cui devo lasciar uscire via tutto, a partire dal dolore e dalle lacrime. Mio fratello mi stringe tra le sue braccia e piangiamo insieme, cacciamo tutta la nostra sofferenza e tristezza. La realtà ci colpisce come uno schiaffo in faccia: è brutto perdere un genitore.

«Certe volte la sua mancanza si fa sentire più del dovuto e vorrei soltanto non sentirmi così male», mugugna, asciugandosi le lacrime con la manica della felpa.

«Io cerco sempre di non pensarci, altrimenti starei più male di quanto io possa esserlo in realtà. Dobbiamo riuscire a conviverci, lo stiamo facendo da undici anni», gli dico, stringendolo di nuovo tra le mie braccia.

«È difficile, Juliet, non sai quanto. Ci provo, ma a volte mi sembra di non esserne capace. Dovrei essere io quello forte della famiglia», sibila con la testa sulla mia spalla e gli accarezzo i capelli.

«Per tutti lo è se si ha una perdita alle spalle, però tu lo sei, lo sei sempre stato. Lando, tu sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto, e non immagini quanto tu sia stato la mia forza per andare avanti in questi anni. Non possiamo lasciare che il dolore prenda il sopravvento. È dura, lo so, ma ce l'abbiamo sempre fatta, in un modo o nell'altro»

«Ti voglio bene, Juliet»

«Ti voglio bene anch'io».

Ci asciughiamo le lacrime e Lando ripone l'album in uno scatolo.

«Grazie per le parole». Annuisco e lo abbraccio di nuovo. «Sarò sempre qui per te».

Torno nella mia camera e prendo gli ultimi scatoloni da portare in soffitta. Successivamente vado in cucina e inizio a preparare il sugo per la pasta e ad impanare il petto di pollo. A volte capita che la domenica cucino io perché mia madre va a trovare la nonna dall'altro lato della città.

«Ti ci vedrei in un ristorante come chef».

Sussulto alla voce di Lando.

«Non è ciò a cui aspiro in futuro»

Quel Presuntuoso Ragazzo Monegasco //Charles Leclerc [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora