16.

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Svegliarsi tra le braccia di Charles, dopo l'ennesima serata passata insieme, è sempre qualcosa di confortevole. Però, come sempre, si sveglia molto prima di me.

«Come hai dormito?» chiedo mentre mi stiracchio. «Se non fosse stato per il gatto della vicina, avrei potuto dormire molto meglio delle altre volte».

Charles si alza e infila un pantalone della tuta, mi porge una sua maglietta e sbadiglia.

Molto spesso, di notte, il gatto della vicina di Charles inizia a miagolare ininterrottamente, causando così un'irrequietezza al nostro sonno.

«Penso che mia madre sia andata al lavoro. Non sento rumori in cucina».

Rovista nella dispensa alla ricerca degli ingredienti per preparare i pancake ed io mi limito a osservarlo, essendo che non sono brava a cucinare. O meglio, so cucinare solo determinati piatti.

«Sembri pensierosa», asserisce scrutandomi. «Non penso di esserlo. Insomma, non ho niente a cui pensare, se non al fatto che ho un bellissimo fidanzato qui davanti che mi ha preparato la mia colazione preferita».

Charles sorride, mettendo in mostra le fossette.

Consumiamo in silenzio la colazione. Lo aiuto a sparecchiare, a lavare i piatti e mi dirigo nella sua camera per vestirmi. Ultimamente passo più tempo a casa di Charles che alla mia. Saluto il mio ragazzo con un bacio e sospiro una volta uscita fuori. Un pensiero, però, sfiora la mia mente: voglio andare al cimitero da mio padre e superare una volta per tutte il fatto che non riesco più ad entrarci e restarci per più di cinque minuti. È una cosa che devo risolvere da sola. Poi ne parlerò con Lando, Lily e Charles. Non ho voluto dire a quest'ultimo ciò che stavo già architettando, perché altrimenti mi avrebbe accompagnata. La strada la ricordo a memoria. Come dimenticarla! Varco il cancello e mi fermo qualche secondo per far scendere il groppo che ho in gola. Cammino a passo felpato verso la tomba di mio padre. Guardo la sua lapide e ci poggio sopra una mano. Sospiro per l'ennesima volta e chiudo gli occhi nel vano tentativo di non piangere, fallendo miseramente nel mio intento.

È così brutto tenersi tutto dentro senza avere nessuno con cui parlare, ma io non posso dire o pensare questo perché al mio fianco ho la mia migliore amica, il mio ragazzo e mio fratello. Solo che, a volte, sento di tenermi qualcosa per me perché penso sia giusto. E adesso, ritrovarmi davanti alla lapide di mio padre, è un qualcosa che non direi a nessuno, se non nel momento in cui mi sento pronta. Apro gli occhi, conscia di sapere che le lacrime sgorgheranno di lì a poco contro la mia volontà.

«Quanto tempo è trascorso da quando non vengo più qui? Anni, vero? Con Lando non riesco a metterci più piede. Papà, la verità è che mi manchi, e le parole non possono esprimere come mi sento adesso. Solo scrivendo riesco a far fuoriuscire i miei pensieri e la mia sofferenza. Ma come potrei leggerti ciò che scrivo? Non avrei la forza per farlo. Posso solo continuare a scribacchiare qualcosa con la consapevolezza che tu non potrai mai leggere le righe che spiegano il dolore che provo e sento ogni giorno non avendoti qui con me. Mi manchi come l'aria, papà. Un giorno ci ricongiungeremo», dico con le lacrime agli occhi.

Le parole mi muoiono in gola e cado in ginocchio, scossa dal pianto e dai singhiozzi. A volte vorrei che mio padre non fosse morto. In momenti in cui il dolore aleggia su di me vorrei solo che fosse al mio fianco per prendersene un po' e alleggerire il peso che ho nel petto. A volte non basta sfogarsi o piangere per cancellare il dolore. Bisogna avere qualcuno che lo prenda e ti faccia sentire bene.

Mi asciugo le lacrime e mi avvio verso l'uscita. Prendo il telefono dalla tasca e digito il numero di mio fratello, chiedendogli di venirmi a prendere. Aspetto impaziente il suo arrivo. Nel frattempo, invio un messaggio a Charles, comunicandogli che il prima possibile dobbiamo parlare. Un clacson mi fa sussultare. Lando esce dalla sua auto, accorrendomi subito.

«Cosa ci fai qui? Ti sei decisa ad andare da sola?»

Le sue braccia mi stringono in un abbraccio forte e deciso. Avevo tanto bisogno di una stretta fraterna.

«Ce l'ho fatta. Mi serviva solo del tempo».

Montiamo in macchina e poggio la testa contro il sedile. Lando non spiaccica una parola e ne sono grata. Devo solo farmene una ragione che questa è la realtà che devo affrontare ogni giorno, una cruda realtà che non augurerei a nessuno di vivere.

Rincasiamo dopo una mezz'ora persa a girovagare per Londra. Lando ha voluto che mi schiarissi le idee ancor prima che glielo chiedessi.

Quando metto piede nella mia camera mi rendo conto che ho trascorso più tempo a casa degli altri che nella mia. Sospiro e mi butto sul letto. Sento come la stanchezza dentro di me svanisca pian piano. Vorrei solo dormire e non svegliarmi per un lungo periodo.

A destarmi dal mio sonno è il telefono che inizia a squillare. Ancora intontita, rispondo senza vedere il nome di chi mi ha chiamato, sgranando gli occhi non appena la voce di Lily diventa più alta del solito. Detesto quando le persone alzano il tono della voce al telefono.

«Lando mi ha raccontato cosa ti è successo. Sto venendo da te e non accetto una porta sbattuta in faccia!» esclama e stacca la chiamata.

Tipico di mio fratello avvisare Lily quando sto male.

Mi alzo di malavoglia dal letto e infilo un leggings e una felpa per stare comoda. Lily spalanca la porta della mia camera e poggia le mani sui fianchi con sguardo intimidatorio. Fallisce nel suo intento perché rido al posto di essere impaurita da lei.

«Scusami se non ti ho detto fin da subito le mie intenzioni. Volevo affrontare da sola questa situazione e ci sono riuscita. Ho superato il fatto di non riuscire a restare per più di qualche minuto davanti alla lapide di mio padre. Era una questione che dovevo risolvere da sola, senza l'aiuto di nessuno. Non l'ho detto nemmeno a Charles. Glielo dirò non appena passerò del tempo con lui», le spiego e lei annuisce comprensiva.

Questo è il lato che preferisco in assoluto della mia migliore amica: riesce a capirmi e non mi giudica mai qualora sia la scelta che decido di prendere.

«Ti ammiro per quello che hai fatto. Lo so che non è stato facile».

Sorrido lievemente e mi lascio cadere sul letto. Lily mi segue a ruota e finiamo per addormentarci, io troppo stremata per poter fare o dire qualcosa.

E così mi ritrovo a sognare un mondo costellato di stelle insieme alla persona per cui ho sofferto tanto: mio padre.

Quel Presuntuoso Ragazzo Monegasco //Charles Leclerc [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora