Capitolo 2

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-Chi è?- rispose una voce assonnata dall'altro capo del telefono. Oh, forse stava dormendo.

-Sono io, Nello- riuscii a sussurrare tra i singhiozzi. -Ehi piccola, che succede?- era preoccupato, lo percepivo dalla voce. Si era sempre preoccupato per me, in fondo ero la piccolina di casa. Sapevo di poter contare su di lui, anche se era cosi lontano.

-Io...io domani vengo a Londra- sputai fuori tutto d'un fiato, prima che il rimorso mi raggiungesse. -Ti prego non fare domande, ti spiegherò tutto.- Detto ciò riattaccai e tornai a letto, sollevata perchè per me sarebbe iniziata una nuova vita, una vita migliore.

Il mattino seguente mi svegliai quando le prime luci dell'alba illuminarono una parete della mia cameretta, piena zeppa di immagini di una famiglia felice che dalla morte di mamma era andata in pezzi. Una lacrima solitaria bagnò il mio viso ma subito la asciugai. -Basta lacrime- mi dissi -ne ho versate fin troppe.-

Al di là della porta chiusa sentivo il russare insistente di mio padre così silenziosamente preparai le mie valigie e dopo di che mi feci una doccia rilassante, ancora non riuscivo a credere di essere capace di scappare da tutto ciò. Scesi in cucina a prepararmi la colazione, un succo e dei pancakes e iniziai a cercare un volo per Londra, fortunatamente c'era un posto libero nel volo che sarebbe partito questo pomeriggio alle14:30 cosi senza pensarci due volte lo acquistai.

Senza rendermene conto si erano ormai fatte le 12:30 ed essendo affamata mi preparai un panino veloce sapendo che mio padre non si sarebbe svegliato prima delle 14:00 e che di sicuro dopo la sbronza di ieri sera non avrebbe avuto molto appetito. Non sapendo che fare, visto che era ancora troppo presto per andare in aeroporto, mandai un messaggio a mio fratello per avvisarlo che sarei arrivata verso le 15:15 così sarebbe potuto venire a prendermi.

Tornai in camera controllando di aver preso tutto e diedi un ultima occhiata alla fotografia che ritraeva mia madre, sorridente, con me piccola in braccio, era la mia foto preferita perchè mi faceva tornare in mente i momenti di felicità che ormai erano solo un ricordo lontano. "Perdonami" pensai " perdonami se non sono abbastanza forte per sopportare tutto questo, perdonami se non sono riuscita a tenere unita la famiglia come tu avresti voluto, ma sai mamma senza di te qui è tutto una merda, quanto vorrei che tu fossi ancora con noi, saremmo la famiglia felice di 3 anni fa, ma purtroppo io non ne posso più e preferisco scappare ora piuttosto che sopportare tutto questo ancora, forse sono una codarda ma d'altronde io non sono come te, non sono forte e non resisto più."

Un pianto liberatorio mi travolse e iniziai a tremare colta da improvvisi brividi ma mi convinsi che era la cosa giusta da fare e così mi calmai, raccolsi le mie cose e scesi di sotto. Lasciai un biglietto sul bancone della cucina scarabocchiandoci sopra delle parole per avvisare papà che sarei stata bene e che non avrebbe dovuto preoccuparsi per me ulteriormente.

Arrivai all'areoporto in orario e dopo aver fatto il ceck-in salii sull'aereo che mi avrebbe liberata da quell' incubo.

Il viaggio fu breve e quando scesi trovai il mio biondino preferito che, appena mi scorse tra la folla di persone che usciva dall'areoporto, mi corse incontro abbracciandomi forte.Quanto mi era mancato mio fratello.

Niall's pov: 13 ore prima

Uno squillo mi svegliò nel bel mezzo della notte, mi girai verso il comodino e mi accorsi che erano le 2 "chi potrebbe mai chiamarmi a quest'ora?" Presi il cellulare e mi affrettai a rispondere -Chi è?- dissi con la voce ancora impastata dal sonno. -Sono io, Nello- rispose una voce rotta dai singhiozzi, ma a me molto familiare, era mia sorella.

-Ehi piccola, che succede?- ero troppo preoccupato, cose le era successo? Era successo qualcosa a papà? -io...io domani vengo a Londra- questa frase fece interrompere i miei pensieri catastrofici -ti prego non fare domande, ti spiegherò tutto- e poi riattaccò.

Dopo quella chiamata non riuscii più ad addormentarmi, avrei voluto avere la soluzione a tutte le domande che mi balenavano in testa ma sapevo che avrei dovuto aspettare fino al suo arrivo.

Ero all'areoporto ad aspettare che il suo aereo atterrasse, dato che avevo passato la notte in bianco per via dell'ansia che mi stava divorando, mi ero alzato presto, avevo fatto una doccia calda per rilassarmi un po' e poi avevo fatto colazione anche se, per una volta nella mia vita, non avevo molta fame. Mi trovavo seduto su una di quelle orrende sedie all'areoporto con 15 minuti d'anticipo, continuando a pensare a tutto quello che poteva essere accaduto.

Poi finalmente la vidi, non era cambiata molto dall'ultima volta, era ancora la mia piccolina benchè avesse ormai 18 anni. Le corsi incontro e l'abbracciai, la strinsi forte a me fino a farle mancare il respiro, mi era mancata moltissimo. In questi 3 anni l'avevo lasciata sola e me ne pentivo ogni giorno ma il dolore per la perdita della mamma era troppo da sopportare e quella casa era piena di ricordi. Mi sentivo un egoista per averla lasciata sola, volevo chiederle scusa per averla abbandonata ma l'unica cosa che riuscii a dire fu -mi sei mancata- sussurrando al suo orecchio mentre eravamo ancora abbracciati.

Amber's pov:

Il viaggio in macchina fu abbastanza tranquillo anche se pieno di imbarazzo, per rompere il ghiaccio mi chiese come andasse a scuola e successivamente prese a raccontarmi di quello che gli era successo negli ultimi anni a Londra e dei suoi nuovi amici. Passammo un bel pomeriggio, ridendo e parlando di qualsiasi cosa ci passasse per la mente; mi erano mancate le nostre lunghe chiacchierate, il suo sorriso e la sua risata.

Per la cena ordinammo la pizza e lui, naturalmente, mangiò anche metà della mia. Mi ero accorta da un po' che continuava a guardarmi in modo strano, come se dovesse dirmi qualcosa ma non ne avesse il coraggio.

Poi infine si fece forza e mi fece quella domanda a cui temevo rispondere benchè fossi preparata. -Amber, che cos'è successo?-

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