Capitolo 1: Il Re e la Schiava

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Parte 1: Spezzare l'anima del bene e del male

5 anni dopo...

L'oscurità si nasconde all'ombra delle parti più profonde della nostra anima. Rimane in attesa di colpire, di prendere il controllo, di portare via tutto ciò che ci rende buoni o innocenti, tutto ciò che ci rende puri. Ma ho realizzato, non molto tempo fa, che l'oscurità è una scelta. Non è quello che ne pensiamo, è quello che ne facciamo. Ho anche imparato che nessuna anima è pura, perché l'oscurità vive al suo interno. Perché un'anima sia pura, bisognerebbe ripulirsi di tutto ciò che è malvagio e sbagliato, ma questo non è umanamente possibile. Perché? Perché la luce da sola è sbagliata.

Il giorno in cui ho perso tutto è stato il giorno in cui ho imparato la lezione più importante della mia vita: la luce può essere accecante, la luce dell'innocenza può essere manipolativa. Almeno l'oscurità è stata onesta, non ci ha nascosto i suoi difetti. A differenza della luce, l'oscurità non acceca. Dopo un po' di tempo i nostri occhi si adattano, anche le nostre anime lo fanno. Quel giorno non sono riuscita a imparare che l'oscurità può essere pacifica e giusta, se non viene fatta arrabbiare.

Alcuni dicono che è necessario un equilibrio tra bene e male, ma non è vero. L'oscurità da sola è abbastanza, ma solo una volta capita la sua bellezza.

Ma la cosa più importante che ho imparato quel giorno è che se fai dell'oscurità un nemico, questa ti inghiottirà completamente e inonderà con tutto ciò che temi. Ma se fai dell'oscurità un amico, se decidessi di guardarla in modo diverso, potrebbe essere la tua salvezza.

-Dal diario di Annabeth Chase, pagina 242

~

Per la terza volta quella settimana, Annabeth Chase dovette stare ferma a guardare mentre un'altra persona veniva trascinata ai piedi del trono e frustata a morte. Tuttavia, lo meritava. La legge del re era semplice: accogli la morte, cioè commetti un omicidio, e lei accoglierà te, cioè dovrai affrontare lo stesso fato. Nonostante ciò, Annabeth odiava stare in un angolo della sala del trono e guardare in silenzio mentre il sangue colorava il pavimento e le urla scuotevano le pareti. Ma Annabeth non era nella posizione o nel rango per potersi lamentare. Ovunque il re andasse, lei lo seguiva, obbedendo a ogni suo desiderio e comando. Dopotutto, Annabeth era una schiava. Le catene che aveva portato ai polsi negli ultimi cinque anni ne erano la prova. Ma erano anche un promemoria che sarebbe stata per sempre imprigionata, che ciò che aveva perso quel giorno sarebbe rimasto perduto, inclusa lei stessa.

Annabeth continuò a guardare in silenzio mentre l'ora passava, rimanendo nell'angolo vicino al trono. Il re le fece cenno di riempirgli un bicchiere di vino e lei obbedì, muovendo istantaneamente i piedi verso il piccolo tavolo che si trovava lì vicino. Mentre si muoveva le sue catene tintinnavano, mischiandosi con le urla agonizzanti dell'assassino. Annabeth non sapeva se fosse tutto nella sua testa, ma riusciva a sentire gli occhi di tutti spostarsi su di lei: il re, l'assassino e le Alte Guardie.

Mentre versava il vino, i suoi occhi tempestosi guardarono in silenzio mentre il liquido rosso si infrangeva contro il vetro, ricordandole il sangue. Visioni e ricordi della battaglia le riempirono la mentre e sentì di estraniarsi, mentre la vista e i suoni intorno a lei si dissolvevano davanti ai suoi occhi. Improvvisamente tutto ciò che riusciva a vedere erano i corpi del suo esercito che avevano riempito la Terra quel giorno. Forse lo avrebbe potuto fermare, si sarebbe potuta assicurare che non venisse sparso sangue. Forse. Forse. Forse. Forse-concentrati, si disse. Lentamente inspirò ed espirò profondamente, fino a che non riuscì a vedere nuovamente la sala del trono e il suono delle urla dell'omicida le attraversavano di nuovo il corpo.

Annabeth appoggiò la bottiglia di vino sul tavolo e, con in mano il bicchiere pieno, sussurrò. "Maestà?"

Percy Jackson spostò l'attenzione verso la sua vecchia ragazza e Annabeth dovette trattenersi dal fissare la bellezza e l'orrore che era diventato. I suoi occhi verdi, con un accenno di nero, erano innaturali e allo stesso tempo vibranti più che mai. Erano bellissimi. Anche dopo così tanti anni, i suoi capelli neri erano ancora spettinati, ma aveva aggiunto delle strisce blu. Si vedevano solo al sole, ma gli stavano bene. Gli occhi di Annabeth viaggiarono verso il tatuaggio sul suo braccio che si era fatto dopo aver preso il trono. Era un tridente nero che bruciava. Al tempo Annabeth aveva pensato che fosse terrificante, dopotutto, lo aveva fatto come ricordo di ciò che aveva fatto agli dei dell'Olimpo, ma ora non le dispiaceva guardarlo. Come sempre, la sua pelle era abbronzata e indossava una maglietta nera con collo a V, mostrando una parte del suo petto.

Lui non sbatté neanche un occhio nella sua direzione, prese solo la bevanda e si concentrò davanti a sé. Annabeth si inchinò e tornò nell'angolo. Dopo alcuni minuti, che sembrarono un'infinità, il corpo dell'assassino smise di tremare e le guardie lo portarono via: era morto. Annabeth cercò di non guardare la piscina di sangue che macchiava il pavimento; non voleva pensare al fatto che avrebbe dovuto pulirla. Per la terza volta quella settimana.

"Qualcun'altro vuole intrattenermi oggi?" Disse il re rivolgendosi alle sue Alte Guardie.

Vincent, sfortunatamente vivo e brutto come sempre, si inchinò e rispose. "No, mio re."

"Vi siete occupati di quello che vi ho chiesto?" Chiese il re, appoggiando la testa sul palmo, evidentemente annoiato.

Vincent scosse la testa. "Stiamo ancora cercando di capirci qualcosa. I testimoni dell'omicidio hanno detto che l'assassino ha perso completamente il controllo, come un animale affamato. Non so che cosa faccia diventare pazzo il vostro popolo e li spinga a uccidere chiunque sia davanti a loro, per ora."

Gli occhi del re si scurirono e Annabeth si preparò a pulire più sangue, ma l'oscurità negli occhi di Percy improvvisamente svanì.

"Questo è il terzo omicidio questa settimana e l'undicesima questo mese. Risolvete la questione, tutti voi. Sto finendo la pazienza. Altrimenti verrete frustati pubblicamente."

Vincent sbiadì completamente e Percy inclinò la testa, con un sorrisetto. "Questa sì che è una cosa che vorrei vedere."

Annabeth non poteva essere più d'accordo.

Vincent, seguito dalle Alte Guardie, si inchinò di nuovo, ma più profondamente questa volta. "Non vi deluderemo."

Il re annuì e li mandò via. Uscirono dalla sala del trono nel giro di secondi.

Ora erano rimasti solo lei, Percy e un paio di guardie. Percy era annoiato e ciò poteva significare solo una cosa: sarebbe stata lei il suo divertimento.

Girò la testa verso di lei. "Vai a prendere uno straccio e pulisci quel disastro. Non hai ancora imparato?" Nella sua voce non c'era alcuna gentilezza.

"Perdonatemi. Non succederà di nuovo."

Annabeth lasciò la sala del trono e tornò pochi minuti dopo con uno straccio e un secchio d'acqua. Iniziò a lavare il pavimento mentre lui la guardava, probabilmente decidendo come tormentarla una volta finito. Era diventato creativo negli ultimi anni, niente la sorprendeva più.

Si alzò dal suo trono e scese le scale, fermandosi dritto davanti a lei. "Potresti pulire anche questo." Disse versando il vino rimasto nel bicchiere per terra e quando ebbe finito, fece cadere il bicchiere.

Annabeth guardò mentre il vetro si rompeva in milioni di pezzi e si spargeva sul pavimento.

"Sai dove trovarmi quando hai finito. Non farmi aspettare."

Annabeth annuì e si inchinò. "Come desiderate."

Le prese il mento, costringendola a guardarlo. "Quante volte te lo devo dire, tesoro, mi piace vederti in ginocchio. È questo che fanno gli schiavi." Annabeth deglutì e si inchinò, il sangue e il vino le macchiarono le ginocchia. "Così va meglio."

Guardò mentre i suoi stivali neri, che lei aveva pulito quella mattina, sparirono dalla sua linea visiva. E quando fu scomparso, con le guardie dietro di sé, Annabeth lasciò che le lacrime prendessero il sopravvento.

Ricercato: Il Regno Oscuro [Traduzione di Wanted: The Dark Kingdom ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora