Capitolo 26: Vecchi Studenti e Insegnanti

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È stato uno di questi giorni in cui sono intrappolata dall'odio per Percy e tutti quelli intorno a lui. Ovunque andavo, ogni passo che facevo, mi ricordava quello che ho perso. Mi ricorda quello che avrebbe potuto essere. So che cosa mi fa l'odio: mi riempie di disperazione e rabbia. Non voglio fare altro che ucciderli tutti a mani nude per quello che mi hanno fatto. Ma poi, subito dopo che l'odio si è ristretto, mi ricordo di quanti io sia fortunata in confronto a quelli che vivono a Campo Mezzosangue. Per quanto possa essere stancante servire Percy, lavorare per lui è molto più sicuro che lavorare al campo, dove le guardie controllano tutto con le loro spietate fruste in mano. Più di tutto, però, non smette mai di passarmi per la testa la sofferenza che Chirone deve stare passando, rinchiuso da solo per così tanto tempo, mentre i ragazzi a cui vuole bene sono feriti tutti i giorni fuori dalla sua porta. Se io fossi stata rinchiusa per così tanto tempo nella mia minuscola cella, sarei sicuramente impazzita.

-Dal diario di Annabeth Chase, pagina 345

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Come fosse arrivato nella sua camera, nel palazzo, nel suo letto, Percy non ne aveva idea. Come i suoi vecchi amici fossero riusciti a riportarlo nel palazzo e a ricucirlo in tempo, anche questo non lo sapeva. Ma, in ogni caso, ne era grato. Si fece un promemoria mentale di ringraziarli più tardi, era il minimo che potesse fare.

Non riusciva a sedersi dritto, ma, per fortuna, qualcuno gli aveva messo dei cuscini sotto la schiena, per metterlo in una posizione seduta comoda per poter vedere tutto intorno a lui. Provò a uscire dal letto, ma il dolore che esplose dal suo petto fu insopportabile e lo portò a respirare affannosamente quando si appoggiò nuovamente ai cuscini.

Essere in una posizione così debole in quel momento era qualcosa che non si poteva permettere. Le sue ferite erano un ostacolo che non poteva avere. Aveva un regno da governare, un secondo gioiello da trovare e un nemico sconosciuto di cui occuparsi. Riposare non era una cosa per cui aveva il tempo.

Le enormi porte della sua camera si aprirono improvvisamente, rivelando la piccola figura di Annabeth che entrava. Indossava una camicetta bianca a maniche lunghe e dei pantaloni neri. Indossava ancora gli abiti che la etichettavano come schiava e le catene che erano state sui suoi polsi per anni erano ancora evidenti attraverso la stoffa. Se ne doveva occupare. I suoi, ormai corti ma ancora bellissimi, ricci erano sciolti, lasciati nella loro forma naturale.

A vederlo sveglio, si fermò in fondo al letto e si inchinò profondamente. "Come ti senti?" Chiese.

"Intorpidito." Disse Percy. Probabilmente suonava come un bambino testardo costretto a stare a letto. Probabilmente perché era un bambino testardo costretto a letto. "Siediti." Disse indicando un punto sul letto vicino a lui. Voleva essere vicino a lei.

Annabeth sembrò esitante per un momento, ma ascoltò lo stesso, sedendosi nel posto che aveva indicato.

"Come mi avete portato fuori da quel buco d'inferno?" Chiese.

"Hazel e Leo si sono occupati di Frank, perché si è rotto la caviglia. Io e Piper abbiamo portato fuori te." Spiegò.

"Pensavo che Leo fosse ferito." Disse Percy, ricordando la ferita che si era fatto alla testa.

Annabeth annuì. "Sì, ma ha continuato ad andare fino a che non abbiamo raggiunto il palazzo, poi è svenuto. Però a quel punto c'erano delle guardie ad aiutarci. Sono immediatamente corse verso di te e hanno chiamato Nina. Piper aveva fatto del suo meglio per fermare il sangue fino a che non avessimo raggiunto il palazzo, quindi Nina è riuscita a occuparsi di te correttamente."

Percy annuì, aggiungendo mentalmente Nina alla lista di persone da ringraziare per avergli salvato la vita. "Per quanto sono rimasto svenuto?"

Annabeth alzò le spalle. "Non molto. Siamo tornati ieri sera."

Ricercato: Il Regno Oscuro [Traduzione di Wanted: The Dark Kingdom ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora