Capitolo 10: Trovare Alleati

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A volte, la rabbia prende il sopravvento. A volte, l'odio riempie ogni centimetro del mio corpo al punto da affogarmi. A volte, sento il formicolante desiderio di ucciderlo, di prendermi la mia vendetta, danzarmi sulla pelle. A volte, lo voglio uccidere; voglio vederlo soffrire e implorare il mio perdono. Ma arrivo sempre allo stesso vicolo cieco, la stessa risposta: sono io quella che deve implorare e lui è quello che ha tutto il diritto di essere arrabbiato.

Odio questo lato di me, perché mi rende completamente vulnerabile. Mi fa sentire piccola e senza speranza; anche se queste sono cose che ho imparato a provare, odio farlo a me stessa. Sentirmi così è come accettare la sconfitta.

Io non sono stata sconfitta, non ancora. E per quanto io ami ancora Percy, non verrò sconfitta da lui. Non gli permetterò di distruggermi fino a diventare nient'altro che pezzi di vetro, con le crepe ancora visibili anche dopo essere stato riparato con la colla.

-Dal diario di Annabeth Chase, pagina 201

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L'aveva sconfitta e lei non si era neanche preoccupata di lottare. Non aveva alcun' esercito, mentre lui da solo era un esercito. Lei non aveva armi se non la sua mente e saggezza, ma l'avevano delusa di nuovo. Lui aveva una mente che era un'arma; anche Stella era una sua arma e l'aveva impugnata bene, spezzandola mentalmente e fisicamente.

Il torpore era l'unica emozione e sensazione che l'aveva seguita per tutto il giorno. Non aveva provato niente e le ore erano passate come se niente fosse. La stanchezza del suo corpo andava e veniva come onde sulla spiaggia, ma lei non riusciva a sentirne né il suono né la sensazione sulla pelle. Guardie, cattivi e altri servi nella sua testa sembravano attraversarla come fantasmi.

Annabeth non sentiva e non si accorgeva di niente. Era nel suo mondo, un mondo le cui radici erano costruite su cuori spezzati, paura e tragedia. Il suo mondo. E a governarlo, seduto su un trono di ossidiana, con le sue spalle come sostegno, era Percy, spietato e oscuro. Lui era così e lei era stata un'idiota per aver anche solo pensato di poterlo cambiare. Era ancora più un'idiota per aver pensato di poter creare qualcosa di nuovo con l'oscurità dentro di lui.

Dopo aver lasciato l'ufficio di Percy, il giorno era passato come una macchia sfocata. Non le importava più né si accorgeva delle guardie e dei cattivi che la fissavano. Non provava più neanche a iniziare una conversazione con gli schiavi che vivevano nel palazzo. Non voleva neanche preoccuparsene. Voleva essere lasciata sola nella sua miseria. Non si preoccupò neanche di prestare attenzione a Stella o cedere alle sue provocazioni quando buttò a terra un vaso mentre lei stava pulendo una delle tante stanze del palazzo. Non le importava più neanche di Vlad, l'unica persona che la terrorizzava fino all'osso. Non si preoccupava nemmeno di stare in allerta, chiedendosi se la stesse seguendo o guardando. Anche se Vlad le avesse fatto male, non avrebbe resistito. Non aveva più forza di combattere dentro di sé.

Annabeth stava spazzando il pavimento della sala del trono, quando sentì un tocco leggero sulle spalle. Sospirò e si girò, aspettandosi di trovarsi faccia a faccia con Nina, visto che nessuno era gentile con lei. Con sua sorpresa, si trovò davanti Maddox. Torreggiava su di lei, facendola sentire piccola e indifesa. Perfino quelli più bassi di lei, come Stella, la facevano sentire piccola e impotente.

"Sì?" Chiese Annabeth, senza neanche preoccuparsi di chinare la testa o mostrare rispetto.

Sembrava a disagio intorno a lei, non che lo biasimasse. Anche per lei era strano sapere che era suo fratellastro e che in un altro mondo o tempo avrebbero potuto essere buoni amici.

"Volevo solo sapere come stavi. Ho sentito cosa è successo. Stella se ne è vantata sia oggi che ieri. Se me lo chiedi, però, non è niente di cui essere orgogliosi." Spiegò.

Ricercato: Il Regno Oscuro [Traduzione di Wanted: The Dark Kingdom ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora