Capitolo 9

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Capì che in quella frazione di secondo di poco fa, aveva mandato tutto in rovina per una sua semplice parola.
Elise si sentì una stupida, come ogni singola volta.

Elise tornò a casa.
Non fece in tempo ad aprire la porta di casa che la sua sorellina Helena le saltò al collo.
<< Sorellona, sei tornata! Ero così in pensiero per te! >>
Elise sorrise e le accarezzò i capelli.
<< Ehi, pensavi che non tornassi più? Tranquilla, non mi fanno paura quei maledetti >>
Helena la guardò con i suoi occhi che luccicavano dalla contentezza.
<< Oh Elise, vorrei essere forte come te! E non avere paura di niente >>
La sorella maggiore le accarezzò dolcemente la testa.
<< Ma tu sei forte, Helena >>
<< Davvero? E come lo sai? >>
<< Perché il coraggio nasce da qui dentro >> spiegò poggiando una mano sopra il petto, dove poteva sentire il veloce battito del cuore.
<< Ognuno di noi ce l'ha, e al tempo giusto verrà fuori >>
Helena le sorrise, contenta.

Heinz tornò a casa dopo un'intensa giornata di lavoro.
Si tolse il capello e la giacca, allettandosi la cravatta per poi toglierla.
Le parole della ragazza di poco fa rimbombavano ancora nella mente.
L'avevano ferito, perché non se la aspettava, ma al tempo stesso provava anche rabbia, non per quella ragazza ma per se stesso.
Stupido, stupido, stupido! Com'era potuto accadere?
Non si era neppure difeso, anzi si era lasciato vedere come se fosse la "vittima", "la parte buona!"
Lui era un soldato del Raich, non poteva comportarsi in questo modo!
Doveva essere più duro, freddo, senza cuore!
E lui cosa aveva fatto? Tutto il contrario!
Si batté il petto per la rabbia.
Promise a se stesso che non sarebbe mai più successo una cosa simile.
Prese un bicchiere e si versò un po' di scotch per allentare il nervosismo.
La bevve tutto d'un fiato.
Il liquore stava già allentando qualche nervo.
Prese un altro bicchiere, e ancora una volta la tensione scivolò via.
Si accese una sigaretta e, una volta inspirata una grande quantità, buttò fuori il fumo.
Ora stava decisamente meglio, aveva ripreso il controllo di sé stesso.
Aprì un cassetto e tirò fuori un foglio e una penna, sedendosi poi nella sua scrivania.
Accese la lampada e rimase fermo immobile senza fare niente per pochi minuti, poi prese una foto sul suo comodino e ne accarezzò i bordi raffinati della cornice, come per risaltarne la preziosità.
La guardò come se tenesse particolarmente a quella foto.
Mentre toccava la cornice, la luce fece rivelare nella sua mano sinistra una fede.
Buttò fuori una altra boccata di fumo, mentre il suo sguardo si concentrava sui protagonisti di quella foto.
C'era raffigurata una bella donna che sorrideva, con i capelli biondi raccolti in due trecce, due occhi azzurri e i dei tratti gentili, poi vide un bambino piccolo con i capelli della madre, e gli occhi del padre.
Aveva un anno e, di fianco alla donna, si trovava un ragazzo molto giovane sui ventitré anni, vestito in abiti civili.
Aveva un viso fresco, una bellezza rara per un ragazzo della sua età. Capelli biondo cenere e un sorriso smagliante che avrebbe fatto cascare ai piedi ogni ragazza, due occhi azzurri cangianti da togliere il fiato.
Sorrideva anche lui, mentre metteva la mano sul fianco della donna.
Erano molto felici in quella foto.
Inutile dire che, anche se era passato del tempo e i caratteri erano diventati più duri per il passaggio di età, il tempo non era riuscito a togliere le caratteristiche che lo rendevano affascinate.
Anche de sembrava abbastanza strano, il ragazzo nella foto era proprio lui.
Heinz sorrise, accarezzando i dolci tratti della moglie, come se sentisse ancora il calore sui polpastrelli.
<< Meine Liebe, ich vermisse dich so sehr. Ich liebe dich >> (1)
Accarezzò il viso del figlio.
<< Mein Sohn, ich vermisse dich so sehr >> (2)
Spense la sigaretta ormai finita nella posacenere, e iniziò a scrivere la lettera.
<< Ophelia... >>
Pronunciare quel nome dopo così tanto tempo, lo fece commuovere.
<< Amore mio... luce della mia vita, dei miei pensieri, e del mio tortuoso cammino.
Mi manchi ogni giorno di più, e questa miserabile vita senza di te al mio fianco non ha senso. Ma ti ho fatto una promessa quando ci siamo sposati: che nonostante la lontananza a causa dei miei incarichi, io ti sarei stato fedele sempre fino a che la mia vita non sarebbe terminata.
E poi ti ho fatto promettere quel giorno che se dovesse succedere qualcosa, saresti andata avanti, costruendoti una nuova vita, senza piangerti addosso.
Mi avevi guardato con quello sguardo tenero che faceva innamorare tutti mentre delle lacrime, sia di gioia che di dolore, ti scorrevano lungo il viso.
Poi mi hai risposto con flebile "sì!". Ti strinsi a me, baciandoti appassionatamente >>
L'uomo sorrise a quel ricordo, tornando a scrivere.
<< Amore mio, la promessa l'ho mantenuta fino ad ora, e la manterrò. Tu sei stata l'unica donna della mia vita, e non ho avuto occhi che per te >>
Smise di scrivere per un momento, mentre i ricordi si fecero più nitidi come se li stesse rivivendo in quel momento.
Chiuse gli occhi e si rivide nella sua città, a Berlino.

il Mio nome è Elise OlsenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora