7.

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È sera.

Come tutte le sere passo un'ora a chattare su Skype con Filippo. Poi apro la mail e vedo se quelli di Pagopoco.it mi hanno mandato qualcosa da fare. Mentre cerco la forma più esotica per vendere una scorta di integratori alimentari alla curcuma con l'ottantacinque per cento di sconto, realizzo che s'è fatta mezzanotte e non ho ancora mangiato. Esco dalla mia stanza e vado in cucina.

C'è Eva.

È seduta a gambe larghe e beve dal cartone del latte. Anche lei dev'essere in pausa dal lavoro, perché ha addosso solo le mutande, le ciabatte e due copricapezzoli di velluto brillantinato a forma di cuore. Mesi fa mi ha rivelato un trucco del mestiere: prima di andare in scena si applica sopra i seni due adesivi trasparenti che fanno da sostegni, in modo da creare l'illusione che quelle due grosse masse tonde del peso di almeno un chilo l'una siano immuni alla forza di gravità. Stasera però l'adesivo di destra ha ceduto e i copricapezzoli a cuore si trovano a due altezze leggermente diverse, in un pendant perfetto con lo strabismo degli occhi bistrati.

Eva mi guarda. Ha il rossetto fucsia sbavato da una guancia all'altra e i capelli raccolti in due codini decolorati con le radici nere. Si passa un braccio sulla bocca e dice qualcosa che inizia come una parola dalle sonorità slave e finisce come un mezzo rutto.

Chissà se gli utenti di Marrapo.com pagherebbero per questo spettacolo o vorrebbero indietro i soldi.

Apro il frigo e scopro che è quasi vuoto. Nello stesso momento Eva mi avverte che il frigo è quasi vuoto, e che ci ha scritto il padrone di casa per ricordarci che si avvicina la fine del mese. Ci serve davvero tanto una coinquilina.

Mi siedo a tavola con una bottiglia d'acqua, una vaschetta di bocconcini di mozzarella e uno yogurt. Sto cercando di diventare vegana, per motivi etici e salutari. Ho già eliminato la carne dalla mia dieta, ma per il momento mangio ancora uova e latticini. È un percorso graduale.

Eva prende una rumorosa sorsata dal cartone, si annusa un'ascella, fa una smorfia e mi chiede da quanto tempo non scopo.

C'è un intervallo di qualche secondo nel quale il mio cervello si ferma a cercare invano una corrispondenza tra quello che ho appena sentito e l'insieme degli argomenti di conversazione socialmente accettabili.

Eva dice che ho lo sguardo spento, il colorito smorto, mi si legge in faccia che ho bisogno di una scopata. Dice che sono una ragazza carina, magari un po' piatta ma carina, starei meglio bionda e mi vesto da uomo e potrei truccarmi di più ma nel complesso non sono male, ho un bel viso, un bel corpo, belle gambe, e però non riesco a trovarmi un ragazzo vero.

Vorrei spiegarle che il mio ragazzo è vero anche se vive a millequattrocento chilometri da qui, e che per me una temporanea astinenza è una scelta, non un obbligo e tantomeno un peso. Ma so che non mi capirebbe.

Eva svuota il cartone, tira su col naso e dice che mi capisce. Che lei non scopa da almeno sette o otto mesi. Che in Italia non puoi uscire di casa senza incontrare un uomo che cerca di levarti le mutande, ma è da un sacco di tempo che non le capita qualcuno che le piace abbastanza. E che, insomma, siamo sulla stessa nave.

Mi rendo conto che a modo suo sta cercando di essere gentile e creare empatia, quindi annuisco e sorrido; ma non ha idea di quanto si sbaglia. Primo, perché la tipica espressione italiana che indica comunanza di destini è siamo sulla stessa barca, non nave e, secondo, perché io e lei non siamo affatto sulla stessa barca. La verità è che non potremmo essere più lontane.

L'amica genitaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora