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Quando torna Mattia io non ci sono, ma posso immaginare la scena.

Lui entra in casa col suo trolley al seguito e la consueta eleganza professionale, appena intaccata da tre ore di volo con scalo a Nizza; ha la cravatta slacciata e penzolante ai lati del collo e la camicia sbottonata quanto basta per aprire uno scorcio panoramico su quei suoi pettorali spendidamente scolpiti. Al momento il suo principale desiderio è buttarsi sul letto o su un succedaneo altrettanto morbido, e infatti trova qualcosa di morbido ad aspettarlo, cioé Eva.

Lei, sapendo che lui sarebbe tornato oggi, è non casualmente nuda sotto una salopette sgambata di jeans che mostra ampie sezioni degli airbag anteriori e posteriori; sembra uscita da un calendario appeso nell'officina di un gommista. Quando entra Mattia gli dà il bentornato sfoggiando tutti e trentadue i denti, brillante incluso, e parte delle gengive. Dopodiché si avvicina a lui stuzzicando col pollice uno dei ganci che chiudono la salopette, giusto perché sia chiaro quant'è facile staccarli.

Lui, stupito di trovare solo lei all'accoglienza, chiede dove sono io.

Lei risponde che non lo sa, che non mi vede da un sacco di tempo, che nelle ultime settimane sono come scomparsa, ma in fondo non le pare poi così importante. Lo afferra per le estremità della cravatta e lo tira verso di sè.

Ed è a questo punto che non ho più bisogno di immaginare la scena.

Appaio sul pianerottolo. Nessuno mi nota finché non mi schiarisco la gola. Eva e Mattia si voltano verso di me, spalancano occhi e bocca e restano così, come congelati.

Dev'essere per le scarpe. Non capita spesso di vedermi ai piedi un paio di Michael Kors di vernice nera col tacco a spillo, prezzo: duecento euro.

Oppure è per i capelli. È la prima volta che mi vedono con questi vaporosi boccoli biondo platino che scendono a cascata fino al culo. Tinta più extension di capelli veri: trecento euro, in offerta a duecentocinquanta su Pagopoco.it.

O magari è per l'albedo accecante del mio nuovo sorriso. Sbiancamento dentale a base di perossido d'idrogeno e luce LED: ottanta euro, prezzo originale centoventi.

È anche possibile che sia per le sei sedute di lettino abbronzante integrale da quindici minuti l'una, novanta euro complessivi col trenta per cento di sconto, che hanno conferito un'esotica sfumatura ambrata corrispondente al codice Pantone settantotto barra cinque C al mio viso, alle mie braccia, alle cosce che sbucano per la quasi totalità da sotto il bordo plissettato della minigonna.

O forse è per le tette.

Mastoplastica additiva: settemila euro, in offertissima su Pagopoco.it a quattromila, che per una fortunata coincidenza è anche il prezzo di un testo originale con bibliografia sul mercato nero delle tesi di laurea. Grazie a una generosa acquirente, che adesso potrà laurearsi col minimo sforzo e il massimo dei voti presentando una bella tesi sullo squallore dell'immaginario erotico maschile, ho potuto permettermi queste due sensazionali boccione perfettamente sferiche, questi due macigni gonfi di polimeri inorganici, questi due meloni maturi che stanno tendendo ai confini dello strappo violento la scritta NO BRA CLUB sul mio top. Circostanze straordinarie richiedono misure straordinarie.

Ed è probabile che sia per un insieme di tutti questi fattori che Eva e Mattia continuano a fissarmi in silenzio come pietrificati.

Saluto, sbatto le ciglia mascarate e faccio per muovere il passo che mi manca per entrare in casa, ma vacillo e mi aggrappo allo stipite della porta per non finire faccia al pavimento; devo ancora abituarmi ai tacchi e al cambio di baricentro indotto dalle mie nuove zavorre frontali. Sorrido, mi passo una mano tra la massa platinata dei capelli e riprendo l'equilibrio. Deposito sul divano la mia miniborsetta glitterata e il mio carico di shopper griffate Kiko e Victoria's Secret, poi mi dirigo a falcate plastiche in direzione di Mattia. Avvolgo le mie dita dalle lunghe unghie di gel laccato intorno a uno dei suoi bicipiti, gli stampo un bollo di rossetto su una guancia e gli chiedo se è felice di vedermi.

Sento qualcosa di rigido che si muove nei suoi pantaloni.

Purtroppo è solo il suo celluare. Mattia lo estrae di tasca come una pistola dalla fondina e risponde. Dall'altra parte c'è qualcuno al quale parla in inglese, presumo un suo superiore della casa madre. Cominciano a discutere di "business plans" e "corporate synergies". Col telefono incastrato tra spalla e orecchio, Mattia rotea un indice nel gesto convenzionale che esprime il concetto di "Ci vediamo dopo", non è chiaro se rivolto a me, a Eva o a entrambe. Proseguendo il dialogo anglofono, se ne va nella sua stanza col trolley a rimorchio.

Restiamo io e Eva, una di fronte all'altra.

Lei mi fissa il seno. Il destro con l'occhio dritto, il sinistro con lo storto.

Eh già, brutta vacca slovacca: sono più grosse delle tue. Come la mettiamo?

Eva commenta che mi hanno fatto proprio un bel lavoro.

Pianta i suoi occhi nei miei e inizia ad avvicinarsi. Supera il limite prossemico dei quarantacinque centimetri. Mi sta sfidando, ma io non arretro di un atomo. Ci ritroviamo faccia a faccia.

Però, aggiunge, quando un consumatore può scegliere preferisce sempre un prodotto naturale.

All'improvviso, con stridor di ganci della salopette, Eva fa scattare il busto in avanti, cagionando un impatto di tette contro tette. Vengo investita da un carico di due chili di ciccia biologica DOC. È una botta notevole e per un attimo rischio di cascare col culo sul pavimento, ma riesco a bilanciarmi sui tacchi. Sto imparando.

Contrattacco con una tettata uguale e contraria, solo molto più massiccia: un paraurti da tre chili pieni targato NO BRA CLUB, lo stesso silicone antislittamento usato dalla NASA per sigillare gli interni delle navette spaziali, stabilità garantita anche alla prova del tappeto elastico. Eva va giù come un birillo.

La guardo, stesa di schiena ai miei piedi, che si agita per cercare di rialzarsi in preda allo stupore e all'incazzatura, e penso che ne è valsa la pena. Ho speso tutto quello che avevo e temo che i punti di sutura dell'intervento continueranno a tirarmi la pelle sotto i seni per tutta la vita, ma a partire da questo istante si combatte alla pari.

Prendo la borsetta e le shopper, dedico a Eva uno dei miei sorrisi al perossido e me ne vado nella mia camera. Mentre sculetto via, con l'orlo della minigonna che mi sventola a fil di chiappa tipo vessillo, senza volere conficco un tacco in un piede di Filippo.

L'amica genitaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora