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Quando Mattia, ancora in completo e camicia, entra nella sua stanza e ci trova me e Eva, entrambe sedute a gambe accavallate alle estremità opposte del suo letto, si mostra più che marginalmente sorpreso. Io e Eva battiamo una mano sul materasso nello spazio libero tra me e lei invitando Mattia a sedersi in mezzo a noi e lui, credo troppo confuso dalla nostra presenza nella sua camera per concepire obiezioni, ubbidisce.

Appena Mattia si siede sento Eva, la spudorata puttana, spostarsi quel tanto che basta perché i loro fianchi entrino in contatto. Eseguo la medesima manovra di avvicinamento, cosicché Mattia si ritrova bloccato tra Eva e me. Non può scappare. Deve decidere.

Mattia accenna a una cosa importante che gli è capitata oggi al lavoro, ma lo zittiamo. Qualunque cosa sia, può aspettare.

Parlo io. Non la prendo alla larga. Dico a Mattia che è arrivato il momento di scegliere. Lui mi risponde che non capisce e il bello è che sembra sincero, non capisce sul serio, come se tutto quello che è successo in questa casa negli ultimi giorni gli fosse scivolato addosso senza toccarlo. Faccio per specificare, ma Eva mi precede. Gli piazza una mano su un ginocchio, la lurida troia, e dice che deve scegliere tra me e lei. Mattia tenta di argomentare che è assurdo, che non ci pensa proprio, che non si è mai sognato di vederla in questi termini, ma gli piazzo una mano sull'altro ginocchio e gli ordino di scegliere ora. Bezodkladne, aggiunge Eva, e non serve conoscere lo slovacco per capire che il tono non ammette repliche.

Sono molto ottimista. Sono molto sicura di me. È da quando Eva mi ha proposto questo ultimatum che nella mia testa sto compilando un foglio Excel con i miei punti di forza a confronto dei suoi e sono in netto vantaggio, lei ha dalla sua giusto un paio di voci, peraltro del tutto secondarie. Non posso perdere. Mattia deve scegliere me.

La porta della stanza è rimasta aperta. In corridoio, trascinandosi come uno zombi, passa Filippo. Si ferma, si volta, ci guarda: Mattia incastrato tra il mio culo e quello di Eva, la mia mano che gli artiglia il ginocchio destro, quella di Eva artigliata al sinistro. Filippo emette un verso simile a un cigolio e si trascina via, più curvo e barcollante di prima.

Mattia sospira e finalmente si esprime.

Dice che fin dalla prima volta che mi ha vista ha pensato che fossi estremamente bella.

E–stre–ma–men–te. Succhiati questo, vacca slovacca.

Si è reso conto subito, prosegue, di aver davanti una persona fuori dal comune per raffinatezza ed eleganza.

Cazzo, sì. È solo la mia eleganza non comune che in questo momento mi trattiene dall'alzarmi e sbattere un dito medio in faccia alla baldracca slava.

Ma questi, continua, sono solo aspetti superficiali. Quando ha avuto modo di conoscermi in modo più approfondito, dice, ha potuto apprezzare il mio spessore umano, la mia delicata sensibilità, la mia empatia, il mio stimolante mondo intellettuale. Ha realizzato soprattutto quanto siamo simili, per indole naturale ma anche per il travagliato vissuto sentimentale che ci accomuna. Sostiene di essere uno che cerca di dare sempre il giusto peso alle parole, e tuttavia sente di non esagerare se arriva a definirci spiriti affini.

L'arbitro fischia la fine, la folla sugli spalti esplode: Italia tre – Slovacchia zero, e tutti a casa. Ora scusa Eva, ma dovresti portare altrove il tuo culone cellulitico perché ho urgenza di farmelo ficcare dentro dal mio nuovo bellissimo ragazzo megadotato finché non dovranno ricoverarmi al Pronto Soccorso con una frattura al bacino.

Poi però.

Poi però Mattia pronuncia quello che è senza dubbio il più stronzo tra i milioni di vocaboli che compongono la merdosa lingua italiana.

L'amica genitaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora