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Mattia è buttato su una poltrona del salotto in una posa scomposta. Ha le palpebre a mezz'asta, gli occhi rossi di capillari, un accenno di occhiaie. I capelli sono una massa arruffata d'unto. Alla luce del mattino le guance, coperte da due giorni di barba, sembrano pure un po' scavate. Il petto nudo è rigato di sudore, il tessuto della camicia si è incollato alle spalle e alle braccia. L'elastico dei boxer ha ceduto e ora le mutande sono solo un pezzo di stoffa malamente drappeggiato intorno al pacco.

Non ho mai visto niente di più sexy in vita mia.

Non dormo da ventiquattr'ore consecutive. Il filo del tanga mi sta segando il solco tra le chiappe. La guepiere è troppo stretta, respiro male e ogni volta che muovo un passo o soltanto mi sbilancio su una gamba gli elastici reggicalze si tirano dietro l'intero carrozzone facendomi strisciare contro la pelle sudata questo cazzo di tessuto sintetico; mi prude tutto, sono piena di irritazioni. Ho un sottile ma insistito acufene che mi trapana i timpani e non escludo di avere qualche linea di febbre. A tenermi in piedi è solo il pensiero che voglio farmi l'uomo davanti a me finché non gli scoppiano le palle.

Anche Eva inizia a mostrare segni di cedimento. Ieri sera dava l'idea di essere molto a suo agio in quel suo body di rete da quattro soldi, adesso dà l'impressione di esserci intrappolata dentro, come se durante la notte il body si fosse ristretto, o lei si fosse espansa: si agita, si gratta, pare una sirena lardosa pescata a strascico che cerca di liberarsi. Lo stress le ha accentuato lo strabismo, ha una pupilla che è a un ciglio dal colarle fuori dall'occhio.

Noto però che, mentre con una mano Eva tenta di allentare le maglie che le stanno incidendo la ciccia, l'altra mano la tiene dietro la schiena. Forse nasconde qualcosa, ma anche piegando la testa non riesco a vedere cosa. Devo stare attenta, l'infida zoccola potrebbe avere un asso nella manica.

Mattia parla con voce afona e atona. Dice che il suo matrimonio è sempre stato fondato più sul rispetto reciproco e sulla sintonia caratteriale che sulla fisicità. Malgrado ciò sua moglie, quando ancora stavano insieme ed erano felici, gli concedeva un rapporto sessuale il primo martedì di ogni mese, purché si mantenesse sotto i sei minuti. Poi lei ha cominciato a tirarsi indietro, otto mesi fa.

Dice che ieri, nel tentativo di mettersi al riparo dalle distrazioni, ha spento il cellulare appena è arrivato in ufficio. L'ha riacceso solo alla fine dell'orario di lavoro e ci ha trovato, oltre ad alcune chiamate perse da parte del cliente più importante dell'agenzia, due dozzine di messaggi con fotografie in allegato ritraenti soggetti quali coppie di glutei insaponati che emergono come isole dall'acqua di un bagno, o lecca lecca alla fragola succhiati con allusività da labbra carnose dello stesso colore, o capezzoli frizionati con cubetti di ghiaccio. Dice che negli ultimi tempi la sua vita è diventata una tempesta perpetua di cosce, giarrettiere, mutandine e seni grossi come boe strizzati dentro reggiseni troppo piccoli, un ciclone nel cui occhio si trova un uomo adulto in piena salute che non fa sesso da otto mesi.

E mentre dice questo, la stoffa dei boxer inizia a sollevarsi come il tendone di un circo. L'acufene nelle mie orecchie si rimodula, da fischio costante e continuo a sequenza altalenante di accordi, fino a trasformarsi in un'esecuzione orchestrale dell'Inno alla gioia. Guardo di sfuggita Eva: l'occhio storto ha risalito la china e ora entrambe le pupille puntano nella stessa direzione, ma scommetto che nella sua testa c'è L'internazionale.

Mattia dice che la sessualità fine a se stessa non ha mai esercitato alcun tipo di attrattiva su di lui, nemmeno quand'era un adolescente. Ha sempre considerato il sesso come l'espressione fisica di un'affinità spirituale, il coronamento conclusivo di una relazione tra individui già ascesa lungo tutti gli step della conoscenza reciproca. Ma al punto in cui è arrivato, benché la cosa lo riempia di vergogna e di disgusto, si rende conto che vuole solo scopare. Una lunga, corroborante, liberatoria scopata. Non ha la minima importanza con chi.

Qualcosa dentro di me mi avverte che dovrei sentirmi in colpa per qualche motivo, ma riesco solo a pensare che quest'uomo seduto qui davanti all'ombra della propria erezione me lo voglio fare finché non gli implode la prostata.

Perciò, rantola Mattia, ci implora di porre fine a questa tortura. In qualunque modo.

Torno a guardare Eva sperando che il mio sguardo parli con sufficiente chiarezza circa il fatto che resto del tutto indisponibile a qualunque forma di trattativa, ma lei dice che ha avuto un'idea.

Un'idea. Non mi fido, ma sentiamo.

Eva toglie la mano da dietro la schiena. Mi ero sbagliata, non ha un asso nella manica: ne ha quattro. Tra le dita regge un ventaglio di cinquantadue carte da gioco francesi.

Non c'è bisogno di aggiungere nulla. Il messaggio è chiaro.

Ce lo giochiamo.

L'amica genitaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora