49.

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E così siamo arrivate a questo.

Approcci graduali, sprint improvvisi, incursioni notturne, falsi fidanzamenti con slinguate vere, equivoci, Bazaruto, rivelazioni, tregue temporanee, svolte inaspettate, dichiarazioni d'amore e di guerra, ostriche, champagne, babydoll, minacce, ultimatum, Sun Tzu, ricatti, inganni, webcam, scambi d'identità, scontri frontali, settimane e settimane di mosse e contromosse dal sapore che non esito a definire scacchistico e alla fine ce lo giochiamo a chi pesca la carta più alta.

A me sta bene. Una sola pescata, colpo secco, chi si ritrova in mano la carta dal valore più alto se lo tiene e l'altra si fa da parte, stop. Che a decidere chi vince sia il caso. Che sia il Fato a stabilire chi di noi due è degna. Una sentenza del Fato non si può mica discutere.

E pure se dovessi perdere, non ho mica firmato nulla. Non sta scritto da nessuna parte che debba accettare il risultato.

Il mazzo di carte, col dorso in alto, è appoggiato al centro del tavolino di vetro del salotto. Io e Eva abbiamo i culi sulle due poltrone alle estremità del tavolo e i busti proiettati in avanti, una verso l'altra; io ho gli occhi nei suoi, lei ha un occhio dei miei e l'altro rivolto al divano dove Mattia, accasciato e boccheggiante, aspetta di conoscere il proprio destino. Il premio in palio gli gonfia imperiosamente i boxer.

Eva prende le carte, le mescola con scioltezza da croupier e le rimette sul tavolo. Mi fa cenno di tagliare il mazzo. Taglio. Mi fa cenno di pescare per prima.

Pesco.

Pesca anche Eva. Nessuna delle due guarda preventivamente la propria carta. Le scopriamo in contemporanea.

Lei, donna di cuori.

Io, donna di picche.

Pari, porca puttana. Si rifà.

Tocca a Eva pescare per prima. Stavolta guarda la sua carta. Il brillante sul dente le splende come una supernova mentre sorride con l'aria di chi si sente già la vittoria in tasca, ma sta bluffando. Ne sono sicura. O almeno lo spero.

Pesco anch'io. Anch'io guardo la mia carta. Anch'io sorrido. Hai perso, vacca slovacca. Questa non la puoi battere.

Scopriamo.

Io, asso di quadri.

Lei, re di fiori.

Gioisco e continuo a gioire finché non mi accorgo che anche Eva sta gioiendo e anche lei si accorge che anch'io sto gioendo e smettiamo di gioire tutte e due.

Col tono più simile a un ringhio di tigre che riesco a tirar fuori dalla trachea faccio notare a Eva che in tutti i giochi, dalla briscola al poker, asso batte re. Lei risponde che non è vero e che per esempio nel blackjack il re vale dieci e l'asso uno. Mattia dice che lo stiamo facendo sentire un oggetto, ma le sue parole mi si fermano all'ingresso dei padiglioni auricolari perché sono troppo impegnata a sbattere in faccia a Eva il regolamento del blackjack, secondo il quale l'asso vale uno ma può anche valere undici. Lei ribatte che anche a scala quaranta l'asso è la carta che vale di meno. Obietto che quando è inserito in una scala diventa la carta che vale di più ma Eva para il colpo argomentando che qui di scale non ce ne sono, ci sono solo il mio asso e il suo re.

Il dibattito interpretativo sulle regole prosegue finché non appare chiaro che nessuna delle due ha intenzione di fare un passo indietro. Masticando amaro, siamo costrette ad accettare che l'unico modo per uscirne è dichiarare nulla la pescata e rifare.

Togliamo gli assi dal mazzo per evitare ambiguità.

Eva mischia, io taglio. Tocca a me pescare per prima.

L'amica genitaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora