Capitolo 13

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LYDIA'S POV.

<< Jane Austen è una delle mie scrittrici preferite. Non osare dire il contrario. >> sibilai dando uno schiaffo sul braccio di Daniel. Lui alzò le sopracciglia e subito dopo, nel suo viso perfetto comparve un ghigno.
<< Fa schifo, smettila di dire il contrario. >> disse con un sorrisino furbo. Io sbuffai, alzai gli occhi al cielo per la sua affermazione e poi continuai a spiegare qualche autore, nella speranza che potesse prendere almeno una B, nonostante fosse letteralmente un caso perso. Dopo un po', scrissi un riassunto su di un foglio e lo passai a lui, stando ben attenta a non toccarlo. Daniel afferrò il foglio e lo lesse velocemente. Mi morsi il labbro inferiore per evitare di sorridere di fronte alla sua espressione buffa, ma lui se ne accorse e portò il suo sguardo sul mio labbro ancora stretto tra i denti. Vidi le sue pupille dilatarsi, e trattenere il respiro quando lo rilasciai lentamente: lo vidi deglutire. Scosse la testa e riportò lo sguardo sul foglio con la mascella contratta. Ero consapevole dell'effetto che gli faccevo e lui era consapevole dell'effetto che mi faceva, ma esserne consapevoli non significava niente.
<< Bene, per oggi abbiamo finito. >> dissi schiarendomi la voce. Puntò lo sguardo su di me e annuì impercettibilmente per poi distogliere lo sguardo. Iniziai a raccattare i libri sparsi per il tavolo in legno, quando il mio sguardo si posò sulle sue labbra schiuse e la fronte corrugata.
Non avere paura di ciò che provi...
Le parole di Julie mi colpirono allo stomaco e al tempo stesso mi fecero venire la pelle d'oca. Mi piaceva. Mi piaceva sul serio, dannazione!
<< Smettila di fissarmi, ragazzina. >> sbottò, facendomi sobbalzare. Ed ecco che avevo rovinato l'atmosfera che si era creata intorno a noi. Tossicchiai leggermente e misi lo zaino in spalla.
<< Mi ero solo incantata, non ti stavo fissando affatto. >> mentii scrollando le spalle.
<< Si come no. >> disse con la voce estremamente seria. Inclinai la testa di lato non capendo la sua affermazione.
<< Che intendi? >>
Incrociai le braccia sotto il seno in attesa di una risposta mentre il suo sguardo vagava nel mio corpo. Lo sentii l'effetto del suo sguardo su di me: bruciava come lava incandescente, ed era pieno di passione e desiderio. Distolse lo sguardo immediatamente dopo essersi leccato le labbra e ripiegò il foglio, per poi infilarlo in tasca.
<< Non ti eri affatto incantata, tu mi stavi fissando. >> rispose con presunzione, incrociando, anche lui, le braccia al petto, facendo alzare la maglia, da cui furiuscì un po' di peluria dal fondo del jeans nero. Distolsi immediatamente lo sguardo deglutendo e provai a ignorare il suo sorriso che man mano cresceva.
Dio che arrogante.
<< Non ti stavo affatto guardando. >> stavo dicendo una bugia dietro l'altra, ma lo dissi ugualmente, e avanzai di un passo. I suoi occhi erano un connubio di emozioni, notai persino lo stupore, quando schiuse le labbra formando una perfetta O.  Lui voleva cacciare via tutti; e tutti a causa del suo pessimo carattere volavano via: ma doveva capire che io non ero tutti e che non mi importava niente di ciò che aveva fatto in precedenza. Per me era solo Daniel, Daniel e basta.
<< Potresti smetterla di stupirti così tanto delle mie risposte e capire che io non ho paura ? >>  chiesi, avanzando ancora e ancora. Il mio torace finì per sfiorare il suo, e questo gli fece socchiudere gli occhi  e stringere la mascella. Mi avvicinai ancora portando la mia mano sopra la sua spalla. Divenne rigido sotto il mio tocco e quando mi avvicinai al suo orecchio vidi la paura di non riuscire a controllare i suoi istinti, nei suoi occhi.
<< Io non ho paura. >> mormorai, ad un centimetro dal suo viso: eravamo occhi dentro occhi. Mi allontanai riportando gli occhi su di lui e mettendo una certa distanza tra di noi. I suoi occhi erano ancora socchiusi, le sue spalle erano rigide e l'aria era ancora carica di elettricità. Girai le spalle e camminai verso l'uscita della biblioteca. Lo sentii sussurrare ''cazzo'' e istintivamente sorrisi compiaciuta di aver dimostrato di essere più forte di quanto si aspettasse da una ragazzina.

***

<< Lydia devi smetterla di fare così. Se ti dovesse ferire? >> domandò Julie una volta che le avevo raccontato ciò che era successo in biblioteca. Sospirai e portai le mani sui capelli, tirandoli un po'. Erano cambiate tante cose, ma una invece no. Non riuscivo ancora a trattenermi.
<< Non mi ci sto affezionando, è più come un amico. >> affermai, avendo la certezza che non fosse totalmente vero. Non sapevo se mi stessi affezionando, però mi piaceva il modo in cui mi faceva sentire, ed io adoravo come facevo sentire lui. Tutti lo temevano solo perché era stato in carcere e non gestiva bene la rabbia, ma infondo neanch'io sapevo gestirla, però al contrario suo, io non venivo giudicata come una persona pericolosa. E questo non lo sopportavo.
<<Juls, io non sono poi così diversa da lui. Smettiamola di fare i moralisti. Chi è che infrange sempre le regole? Chi è che fa cose illegali?Io Julie, io faccio queste cose, eppure tu non mi giudichi, perché devi farlo con lui? >> domandai alzando le braccia al cielo, ormai esasperata da quella discussione. Lei mi guardò e poi scrollò le spalle non sapendo cosa dire. La rabbia prese il sopravvento. Dovevo andare via da lì. Dovevo sfogarmi e sapevo perfettamente come fare.
<< Io esco. Non cercarmi. >> sibilai sbattendo la porta violentemente. Scesi le scale velocemente, rischiando di cadere, e trovai Mss. Morrison seduta al suo solito posto.
<< Dove stai andando? >> domandò squadrandomi. Io sospirai e cercai di rifilarle una scusa.
<< Uh, devo andare da Stephie. >> risposi cercando di sembrare convincente, lei mi guardò ancora un po' e poi annuì. La ringraziai ed uscii dall'orfanotrofio. Un vento gelido mi colpii al viso, e iniziai a correre per le strade di New York, diretta in una palestra di boxe. Mi conoscevano, ci andavo ogni tanto quando avevo bisogno di smaltire un po' di rabbia, quindi non mi facevano questioni inutili. Poco dopo arrivai ed entrai facendo un cenno al proprietario che mi sorrise. Andai dritta nella direzione dei sacchi da box, sapevo perfettamente dove si trovavano. Infilai i guantoni e iniziai a colpire il sacco con tutta la forza che possedevo. Il sacco da box oscillò davanti a me e lo colpiscii con forza. Un po' della rabbia che avevo in corpo era andata via, ma non tutta. Slacciai i guantoni e li lanciai a terra dirigendomi alla sbarra. Misi il peso di quaranta chili e la alzai senza fatica. Non era abbastanza. Aumentai a sessanta chili e lì iniziai a sentire il mio corpo più sciolto. Aumentai a sessantacinque chili e dopo averlo alzato una decina di volte, mi sentii completamente esausta. Feci per riporlo alla sbarra, ma sentii le forze mancare, strinsi i denti e un verso strozzato uscì dalle mie labbra. Ero certa di star per morire soffocata, a causa della mia stupidità, ma il peso scomparve. Mi alzai e tossii ripetutamente portandomi una mano al petto. Temevo che il cuore stesse per uscire fuori dal petto. Mi alzai a fatica e involontariamente mi guardai intorno per capire chi mi avesse salvata. Trovai Daniel con la fronte corrugata che mi fissava con gli occhi sgranati. Era letteralmente sconvolto. Che diamine ci faceva lì?

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Angolo autrice:

Ciao a tutti, spero tanto che il capitolo vi piaccia. Ci ho messo davvero l'anima e auidni spero che vi piaccia.
Fatemelo sapere lasciando una stellina 🌟oppure un commento.
Baci.

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