~ Ti prego non dirlo ~

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Sapevo benissimo che una volta rientrati a casa, avremmo avuto problemi. Lo hyong aveva, di proposito, provocato Yoongi. - Mi dispiace per il comportamento di Ji Soo. - dissi una volta chiusa la porta di casa nostra. Yoongi non si voltò procedendo per la sua strada: - Parlami ti prego. - dissi bloccandolo per il braccio. Quando finalmente potei vedere il suo volto, era nero di rabbia:
- Credo non di avere niente da dirti. - rispose spostandomi bruscamente. - Yoongi per favore. Non credevo potesse fare cosi. Non sapevo nemmeno che sarebbe venuto in facoltà. - dissi. Sapevo che non era solo questo; sapevo che la sua rabbia era dovuta alla situazione di per se. - Sono stato sincero con te fin dall'inizio Hoseok. - disse avvicinandosi nuovamente. - Ti ho raccontato cose che non ho mai detto nemmeno a Tae. Perché tu non puoi fare lo stesso? - chiese ed io capii a cosa si riferiva. - Miane. Volevo portarti a mangiare qualcosa che ti piaceva e quando mi hai chiesto di assaggiare non volevo dirti di no. - risposi. Era cosi entusiasta che mangiai quella schifezza pur di vederlo felice. - Devi dirlo no Hoseok. Non voglio che tu sia accondiscendente, voglio sapere ogni cosa di te anche le più brutte. - disse ed io mi sentii uno stupido. Nel tentativo di fare le cose per bene, avrei potuto mettere a rischio la mia relazione con lui. - Se qualcosa non ti piace dillo. Se preferisci una cosa all'altra, dillo. Non voglio più sentirlo da altre persone soprattutto da chi ti vuole entrare nelle mutande! - aveva alzato la voce. Cercavo di trattenere il magone che si era formato, maledicendo quella maledetta giornata. - Cosa vuoi che faccia allora? - chiesi, sapeva benissimo a cosa mi riferivo. - Non voglio più che ti giri intorno. Non voglio che tu lo veda. - rispose.

Ero disposto a farlo per lui? Avevo nascosto la nostra storia, avevo accettato di passare per un amico, di tenerlo segreto per sempre. Tutto solo per lui, per non ferirlo; per far si che quella storia a cui tenevo tanto, andasse avanti. Adesso anche questo. Sapevo dei sentimenti di Ji Soo nei miei riguardi ma era passata una vita e mai, in tutti quegli anni, aveva fatto qualcosa per farmi capire le sue reali intenzioni. Sapevo che le sue scelte, le sue parole, erano state dettate dal suo volermi bene. Perché probabilmente mio fratello gli aveva raccontato tutto. Ji Soo, esattamente come Seokjin, sapeva perfettamente il dolore che avevo provato durante il corso dei miei anni, soprattutto in amore. - Dovresti avere fiducia in me Yoongi. - risposi, stava contraendo la mandibola. - Come faccio? Quando mi menti su tutto? - tutto? Su cosa precisamente gli avevo mentito? - Di cosa stai parlando? - chiesi. - Non importa, lo odio e non voglio che tu lo vedo, te lo ripeto. - avevo cominciato ad odiare quella maledetta parola. - Non importa dici? Esattamente come a te non importa di quello che provo. - questa volta fui io ad alzare la voce. - Hoseok. - disse ma non lo feci continuare. - Non ha mai fatto niente di male lo hyong, è sempre rimasto al suo posto. E se non lo volessi fare? - lo stavo sfidando consapevole che il ragazzo davanti a me, era una testa calda. - Lasciamoci allora, non penso che questa storia possa avere un futuro. - ed io mi allontanai come se mi avesse dato un pugno in faccia.

Lo vedevo dai suoi occhi che non era quello che pensava realmente, erano rossi e tristi, eppure non aveva esitato un attimo a pronunciare quella maledetta parola. - Non vuoi conoscere ciò che mi appartiene dalla bocca di Ji Soo ma questo te lo dirò io. - cominciai. Mi tremava la voce, gli occhi erano pieni di rugiada pronta ad esplodere. - Ji Soo hyong mi conosce meglio di te. Perché nonostante tutto, ha sempre messo i miei sentimenti davanti a tutto. - continuai. La sua rabbia, per quanto possibile, stava aumentando: - Se fosse presente ti direbbe un'unica cosa fondamentale di quello che dovresti sapere di me. - deglutii rumorosamente, altri minuti e non sarei più riuscito a parlare. - Odio profondamente la maledettissima parola lasciamoci. - e detto questo, abbandonai il salotto, sparendo nell'unico posto dove potevo chiudere la porta, il bagno. Mi lasciai andare al pianto che avevo trattenuto fino ad un attimo prima. Seduto per terra, coprii il volto con le braccia, permettendo a quello che sentivo di fuoriuscire. Dolore, rabbia, delusione e non solo per quella litigata stupida; erano sentimenti accumulati in tutti quei mesi a cui non avevo voluto dare sfogo. Volevo trovare giustificazioni al suo comportamento, ripetendo a me stesso che ero il suo primo ragazzo ma alla fine che cosa c'era di differente? Probabilmente, a prescindere dall'uomo o dalla donna, era il suo modo di comportarsi. L'unica domanda che mi continuai a porre, quelle sera, fu "Sono disposto a sopportarlo?"

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