Ore, giorni, settimane, tutto era confuso; ogni cosa aveva perso senso se non il mio essere fermo sempre nella stessa posizione. Il mangiare non aveva sapore, l'aria sembrava sempre stantia, perfino i rumori parvero spegnersi ma quello che sentivo, sembrava farsi sempre più pronunciato; tanto da mozzarmi il respiro ogni volta che provavo a muovermi. Ed allora rimanevo fermo, mangiavo a malapena e respiravo quando proprio non potevo farne a meno ma sapevo che prima o poi avrei dovuto alzarmi; che prima o poi avrei dovuto iniziare di nuovo la mia vita come avevo sempre fatto. Eppure quella volta, il dolore che aveva portato quella separazione, era anche peggio dell'ultima; non riuscivo a darmi una spiegazione. Non avevo risposte alle infinite domande che mi ero posto per tutto quel tempo; nemmeno Seokjin riusciva a darmi conforto nonostante non avesse smesso di stare al mio fianco. Non c'erano perché a sufficienza per darmi quel sollievo che stavo cercando disperatamente e che forse non avrei trovato mai, potevo solo andare avanti e vivere esattamente come avevo fatto tutti quegli anni. Certo, c'era l'università, la casa, gli amici; lo stesso Taehyung si faceva sentire praticamente ogni giorno ma non avevo niente di nuovo da dirgli, a parte poche monosillabi e qualche grugnito. - Ho preparato il Kimchi, scenderesti a mangiare? - sospirai e con un dolore che mi mozzò il fiato mi alzai per amore di mio fratello. Fortunatamente i nostri genitori non c'erano, non avevo la necessità di fingere di stare bene. Seokjin aveva preparato per un esercito ed io mi sentii male solo a guardare la tavola apparecchiata: - Perché tutti se ne vanno? - chiesi, seduto davanti ad un piatto fumante del mio cibo preferito ma sembrava che anche lui volesse andarsene.
Sentii un sospiro pensante ma non alzai gli occhi, sapevo che se l'avessi fatto avrei visto la compassione negli occhi di mio fratello ed io non sarei riuscito a sopportare anche quello. - Chi non rimane significa che hanno il coraggio di affrontare ciò che puoi dargli. Perché hai tanto da dare Hoseok che spesso sembra essere troppo anche per me. - non mi aiutava con quelle parole. - Sei speciale e ci vuole qualcuno di altrettanto speciale al tuo fianco, altrimenti non comprenderà mai l'incantevole complessità di cui sei fatto. - sospirai. Cosa potevo rispondere? Non c'era nulla che potevo dire, non avevo il morale o parole per poter dare il giusto peso a ciò che voleva dirmi. Non mangiai nemmeno quella sera e mio fratello non disse nulla se non accompagnarmi in camera e lasciare che Suga si mettesse accanto a me; alle persone piace pensare di essere come punti che si muovono attraverso il tempo. Ma io credo che probabilmente sia il contrario. Noi siamo fermi e il tempo passa attraverso di noi soffiando come il vento freddo, rubandoci il nostro calore, lasciandoci screpolati e congelati. Ed io ero diventato un iceberg immobile, fermo a guardare l'andare avanti di una vita che sembrava non appartenermi più. Nemmeno quando venne Taehyung a farmi visita mi feci vedere, non volevo si rendesse conto di quanto ero patetico e mio fratello fu un perfetto uomo di casa; da quella visita passarono due settimane. Le stesse che non avevo visto nessuno se non Jungkook, al quale non chiedevo niente se non le lezioni e gli appunti che mi portava: - Ho comprato un letto e fatto spazio in camera mia, non puoi continuare a stare qui Hoseok, devi andare avanti. - ed io sapevo che aveva fottutamente ragione. Che mi ero abbattuto molto più delle altre volte ma come dirlo ad alta voce che Yoongi per me era quella persona speciale che aveva compreso la mia incantevole complessità?
C'era molto altro sotto e non mi era dato sapere cosa, più di tutti era questo che mi faceva impazzire l'essere tenuto fori dai segreti degli altri, non essere degno di fare parte di quella vita che desideravo più della mia. E più mi arrovellavo per capire cosa fosse davvero successo più mi allontanavo dalla verità fino a quando decisi di smettere di chiedere, di domandare, di implorare qualcuno che non avrebbe mai risposto ma che sentivo solo sospirare. Cosi feci di nuovo le valigie, partendo con Jungkook verso la sua stanza, ripresi le lezioni lontano dalla facoltà di Yoongi, lontano dalla sua mensa; lontano da tutti quei luoghi in cui avrei potuto vederlo ma sembrava sempre di sentirlo camminare. Di sentire la sua voce nei corridori che non gli appartenevano o addirittura il suo profumo che mi faceva battere il cuore fino a far male. Ogni fine settimana tornavo dai miei, per poi rientrare e chiudermi in camera di Jungkook con la scusa delle verifiche, delle lezioni indietro; ma lui non parlava, non mi faceva pesare il fatto di essermi spento perché ne ero conscio da solo e non riuscii più a riaccendermi. Lo stesso Jimin non aveva smesso di essere presente e, per certi versi, la sua compagnia mi fece bene; mi distraeva ma allo stesso tempo, nei momenti in cui sembrava diventare tutto più intimo, mi faceva pensare di più a Yoongi e nuovamente mi chiudevo come un riccio pungendo chiunque provasse ad avvicinarsi.
- Ho scoperto un posto piccolo, uno chiosco street food dove dicono faccia la miglior carne alla griglia di tutta Seul, ti va di andare? - Jimin cercava sempre di portarmi in posti nuovi nella speranza che la mia tristezza sparisse almeno un po'. Feci si con la testa ma non aveva importanza per me il luogo o cosa portava con se, niente aveva più colore nemmeno quel cielo che sembrava sempre mettersi in mostra per attirare la mia attenzione. Nel tragitto verso quel chiosco mi scontrai con un uomo di mezza età, forse sulla cinquantina, aveva un odore acre di alcol e fumo e mi venne ribrezzo. - Perché non guardi dove vai? - mi disse fermandomi per un braccio dopo avergli dato le mie scuse. Guardai la sua mano e serrando la mascella sentii dentro di me una rabbia che non avevo mai provato: - Perché non si sdraiai in qualche fogna invece di camminare a zig zag tra le gente? - sentii Jimin irrigidirsi e la sua presa farsi più stretta. - Mamma e papà non ti hanno insegnato l'educazione? - mi dava incredibilmente fastidio la sua spavalderia da quattro soldi. Sentivo Jimin chiamarmi per allontanarmi da lui ma qualcosa mi portava a sfidarlo ancora, i suoi occhi, erano quelli che mi attiravano e mi imbestialivano allo stesso momento: - Se il risultato è questo allora non serve a molto l'educazione. - digrignò i denti avvicinandosi del tutto. Sentii la mano di Jimin intrecciarsi alla mia e quella segnò la fine di tutto: - Schifosi froci del cazzo, dovreste morire tutti. - fu un attimo che vidi a rallentatore. Strinsi di più la mano di Jimin mentre l'altra si schiantava sulla faccia di quella merda che puzzava come tale; non riusciva a reggersi in piedi ma aveva il coraggio di sfidare chi aveva davanti, peccato avesse incontrato il frocio sbagliato. - Prova ancora a dirlo se hai il coraggio figlio di puttana e questo frocio ti infilerà il tuo stesso cazzo su per il culo. - si alzò e senza dire una parola si allontanò quasi correndo, codardo. - Stai bene? - dissi ad un Jimin che era rimasto dietro di me, prese con se la mano con cui avevo colpito quel coglione: - Dobbiamo metterci del ghiaccio o si gonfierà. - non disse altro e non avremmo mai saputo se quel chiosco era degno della fama che gli avevano affibbiato.
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𝑻𝒉𝒆 𝑳𝒂𝒔𝒕
Fanfiction- Si può sapere cosa diavolo ti ho fatto? - chiesi stanco di quell'atteggiamento ostile nei miei confronti. - Non puoi colpevolizzarmi solo perché mi piacciono gli uomini. - continuai mentre lui continuava a fissarmi senza proferire parola. - Odio l...