In vino veritas

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Pensavo che lui fosse l'amore della mia vita. Pensavo di aver finalmente trovato un punto fisso a cui fare riferimento e poter chiedere aiuto.
La verità è che la mia teoria sulle persone è vera: tutti falsi, tutti egoisti e depravati.

Vaffanculo.

Non me ne frega più niente, non è neanche venuto a scusarsi.
Se solo potessi tornare indietro al nostro incontro... non mi sarei fatta catturare.
È sera e sono stanca, vado in camera e tolgo la divisa buttandola a terra, poi indosso dei pantaloni neri aderenti e una maglietta bianca scollata. Esco dall'alloggio per recarmi al bar più vicino che trovo, entro di prepotenza e mi siedo al bancone. Il barista mi riconosce.
«Comandante (t/n)?»
«SSSSSHHHH» rispondo scocciata «Ti prego, niente lavoro qui!» lui si scusa e fa il gesto di cucirsi la bocca. La musica è medio-bassa e c'è tanta gente che beve e si diverte.
«Ehi bellezza!» esclama un ragazzo, sedendosi accanto a me.
Oh, ti prego no.
«Sei tutta sola?» chiede.
«A quanto pare»
«Posso offrirti da bere?» mi giro verso di lui per declinare l'offerta, ma noto che è un ragazzo particolarmente carino e decido di lasciarmi andare.
«Perché no» lui sorride.
«Ehi barista! Del Whisky per la signorina!»
Non ho mai apprezzato gli alcolici ma avevo bisogno di distrarmi. Arriva un intero bicchiere di alcool e il tipo me lo porge.
«A questo proposito, mi presento. Mi chiamo Jake, e tu sei?» prendo il bicchiere e lo bevo tutto ad un sorso, senza lasciarne neanche una goccia.
Che schifo.
«(T/n)»

Levi's Pov
La quattrocchi non mi ha permesso di parlare con (t/n) neanche una volta oggi. Di questo passo, non riuscirò mai a farle cambiare idea.
Mi reco in stanza e mi metto dei vestiti comodi, preparandomi a passare la notte sugli ultimi documenti da riguardare. Subito dopo, qualcuno bussa alla porta.
«Avanti» un cadetto apre e fa il saluto.
«Buonasera, Caporale. Sono qui perché mi hanno chiesto di avvisarla che il proprietario del bar, che si trova in fondo alla via, ha richiesto la sua presenza»
«Va bene, grazie. Puoi andare»
Conoscevo il barista, era un brav'uomo. Da quando sono nel Corpo di Ricerca, ho trascorso molte serate in quel bar.

Chissà cosa gli serve, magari un aiuto per fermare una rissa...

Mi dirigo lì con calma e una volta entrato, mi avvicino al bancone. Non è cambiato niente, tranne la musica che è un po' più alta del solito.
«Ehi, Luis!» lo saluto «Come andiamo?!» esclamo sopra la musica.
«Ciao Levi! Scusa se ti ho chiamato a quest'ora ma non sapevo a chi rivolgermi!»
«Tranquillo! Che succede?!»
«So' che quella ragazza è il nuovo Comandate del Corpo di Ricerca!» afferma indicando una figura femminile che balla sopra un tavolo. Quando la vedo in volto, rimango scioccato.
«È ubriaca?!»
«Ha bevuto almeno 5 bicchieri di Whisky»
«Cosa?!»
«Ho richiesto te perché non sapevo chi chiamare!» si giustifica Luis.
«Hai fatto bene!» dico per poi dirigermi a passo svelto da lei.
«(T/n)!!» la chiamo.
Lei mi guarda e smette di ballare, per scendere dal tavolo.
«Ehy! Levi!» mi mette una mano sulla spalla «Guardate tutti!» urla «Questo è lo stronzo che mi ha mollata!» la fisso, incazzato nero.
Gli ubriachi urlano "buu" mentre quelli sobri che mi riconoscono, si allontanano.
Prendo (t/n) per il polso e inizio a trascinarla fuori.
«Vieni con me» lei si libera con una leva.
«Eh no, caro mio! Non sei più il mio ragazzo, ne ho uno nuovo adesso!» urla avvicinandosi ad un tipo e mettendogli un braccio intorno alla nuca.
Non ci do' molto peso, è ubriaca.
«Ehi, sei tu che infastidisci la mia ragazza?!» mi urla lui.
«Sparisci» gli dico.
«Non credo che lei voglia!» mi provoca.
Fa un ghigno fastidioso per poi girarsi verso (t/n), le prende il viso tra le mani e inizia a baciarla, ficcandole subito la lingua in bocca.

Divento nero.

Mi avvicino e, dopo averli separati, lo butto a terra e inizio a tirargli una serie di pugni in faccia.
Lo colpisco così forte che penso di ucciderlo.
«Levi fermati!» la voce di (t/n) mi fa tornare cosciente. Mi alzo, prendendo il ragazzo per il colletto.
«Ho detto sparisci» lui, con il viso pieno di sangue, scappa fuori e io mi avvicino a (t/n).
«Vieni» le intimo e lei mi segue.
Ci dirigiamo verso il Quartier Generale ma noto subito l'instabilità dei suoi movimenti. Potrebbe cadere da un momento all'altro.
«Ti aiuto?» mi avvicino ma lei mi spinge via.
«Non toccarmi!» mi urla contro.
La accompagno alla sua stanza e mentre lei entra, rimango sulla porta.
«Se hai bisogno di qualcosa, sono nella mia stanza» dico.
«Vieni qui» mi chiama lei.
È strana, ma entro ugualmente. Senza dire niente, lei si toglie la maglietta e il reggiseno.
Chiudo velocemente la porta e tiro le tende in modo che nessuno possa vederla.
«Ma che diavolo fai?!»
«Che c'è?» chiede innocente «Non dirmi che quello che vedi non ti piace già più»

Se mi piace?

Devo ricorrere a tutte le mie forze per non saltarle addosso. Lei ti toglie anche i pantaloni e rimane in slip.

Dio.

«Mi chiedo perché finisco sempre qui con te. Sai forse mi piace soffrire, forse è proprio nella mia natura. Perché senza sofferenza... non lo so, forse non mi sentirei reale. Com'è quel detto?  "Perché continuo a farmi del male? Perché è meraviglioso quando smetto di farlo"... giusto?» ghigna.

«Che stai facendo?» le chiedo, cercando di controllare una certa presenza nei pantaloni.
«Vieni qui» mi intima.
Io mi tolgo la maglia a maniche lunghe e mi avvicino. Lei sembra contenta ma si rattristisce appena gliela metto addosso per coprirla e le sposto i capelli indietro.
La mia maglia le sta grande: il colletto è groppo largo per coprirle entrambe le spalle e gliene lascia una scoperta, le maniche sono prolungate rispetto alle braccia e la lunghezza del busto arriva a coprirle gli slip.

«Ma che è successo?» le chiedo quasi a bassa voce. Lei abbassa il viso e appoggia la testa sui mio petto.
«Sono triste»

Odio vederla conciata così. Ed è tutta colpa mia.

«Vieni» la conduco verso il letto e la faccio sedere, mettendomi di fianco.
«Sai che da quando non dormi più con me, ho ricominciato a fare gli incubi?» mi confessa. «Così, ogni notte, rivivo l'esperienza che ho vissuto a 10 anni. E quando mi sveglio non posso fare a meno di dare la colpa a te. Perché mi hai lasciata da sola. Ma so che non lo è...»
«Non ho mai voluto lasciarti sola»
«Ma lo hai fatto» mi guarda infastidita e si alza, iniziando a fare avanti e indietro per la stanza.

Ma la sbronza non le è ancora passata?

Si ferma e mi guarda.
«Non fissarmi!» mi urla.
«Stai facendo tutto da sola»
«Smettila! Vattene! Non ti voglio qui! E mettiti una maglia, depravato!»
Ma è seria?
«Chi era quel ragazzo che era con te al bar?»
«Un gran baciatore!» mi provoca.
«Ah si? Allora è un peccato che gli abbia sfigurato la faccia»
«Sei una persona orribile!»
«Perché tu sei santa, vero?!»
«Volevo solo dimenticarti!» rimango in silenzio «Volevo dimenticarti ma non ci riuscivo perché quando quel ragazzo si è avvicinavo non smettevo un attimo di pensarti, sentendomi in colpa anche se non avrei dovuto, perché volevo fartela pagare! E sai una cosa?! Spero vivamente che tu stia male quando me, perché è un dolore insopportabile!»

Rimango in silenzio.

«Ti...» inizio «Ti ho fatto soffrire così tanto?»
«Non posso confidarmi, non posso parlare. Perché se lo facessi, se ti dicessi che il cuore a volte mi fa talmente male che avrei voglia di strapparmelo dal petto con le mie stesse mani, cadrei a pezzi e non ho tempo per farlo»

Il silenzio prende possesso della stanza.

«Ho provato un dolore inimmaginabile quando ho scoperto che avevi continuato a combattere fino alla morte del bambino. Me lo hai tenuto nascosto fino a quando non ho saputo dell'aborto»
«Io non volevo figli!»
«E la mia opinione non vale niente?! Pensavo che con te, per la prima volta, avrei avuto una vita normale!»

Mi guarda carica di rabbia.

«Allora è questo! Tu non vuoi me! Vuoi solo una vita normale?!» ha le lacrime agli occhi.

«Stai scherzando?! Io ho paura! Ho paura per quanto ti voglio! Eppure eccomi qui che ti voglio ad ogni costo! E se ho paura significa che ho qualcosa da perdere giusto?! Perché sei tu ciò che non voglio perdere!»

Lei mi guarda con uno sguardo più dolce e torna a risedersi sul letto.

«Era una femmina» dice infine.
«Cosa?»
«Il feto di cui ero incinta... era una bambina»
Abbassa lo sguardo e mi prende una mano per posizionarla sul suo ventre. Sta piangendo.
«Come... come lo sai?»
Mi guarda negli occhi mentre i suoi sono ricoperti di lacrime.
«Lo so»

Credo che anche se è una cosa sembra impossibile da aggiustare, non significa che sia rotta. Perché, alla fine, la verità rimane una: non possiamo decidere di chi innamorarci.

Il prossimo sarà un capitolo speciale.
*•.¸ Shinzou wo Sasageyo ¸.•*

Lasciati amare | Levi x ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora