Cole P.O.V.

869 58 15
                                    

Non potevo credere ai miei occhi: davanti a me si presentarono decine di persone con zanne, artigli e occhi pronti ad uccidere chiunque sul loro cammino. Delle figure incappucciate li tenevano a bada e legavano i più ribelli.
Al centro della grotta si trovava un cerchio rosso con strane incisioni, sembravano quasi demoniache e delle candele scacciavano il buio, per quanto potessero.
Che cosa mi era successo? Mi ricordavo di essere nella strada del mio quartiere, mentre camminavo di notte e fumavo una sigaretta, poi all'improvviso ho visto una strana luce venire da un vicolo e l'ho seguita quasi affascinato. Se solo avessi saputo che da lì un poi sarebbe andato tutto terribilmente.

Nel giro di una settimana avevo subito atrocità di qualsiasi tipo: mi avevano picchiato, torturato, lasciato senza cibo e acqua e rinchiuso in una cella buia e umida. Non sapevano che cosa volevano da me quelle persone, sapevo solo che era crudeli e mi terrorizzavano. 
Più volte li vedevo prelevare i prigionieri dalle celle, trascinandoli mentre urlavano per poi riportarli indietro in uno stato di incoscienza.
Dove mi trovavo?
Non lo sapevo, non sapevo chi fossero, non sapevo se sarei riuscito a sopravvivere per poter fuggire e rivedere i miei cari. Come mi mancavano le persone che amavo e i miei amici, le mie uscite la sera e quelle stupide sigarette che mi aiutavano a calmarmi.

In una delle notti della mia prigionia vennero a prendermi e cercai di combattere contro la loro presa ma fui pestato a sangue e portato in giro come se fossi già un cadavere: le mie gambe e i miei fianchi strisciavano sul pavimento in pietra e macchiavano di sangue la strada che percorrevo; le mie braccia erano tenute in alto dalle corde che usavano quei mostri per tenerci tutti a bada. L'ultime cose che vidi prima di svenire, furono una porta e quel cerchio rosso.

Giorni più avanti mi resi conto che qualcosa in me era differente: che cosa mi avevano fatto?

Uno dei prigionieri, un uomo di mezz'età, mi aveva rivelato che stavano facendo degli esperimenti e che quando si attraversava quella porta, si diventava cavie o cadaveri.
Non sapevo se credere a quell'uomo, ma certamente aveva detto il giusto sulla parte dei cadaveri. Poco tempo dopo lo trascinarono via e non tornò più. Forse non era morto ma era una speranza vana: troppe volte ci colpiva il puzzo di morte e vedevamo dei sacci troppo grandi portati fuori dalla prigione.

Arrivò poi un giorno in cui una volta varcata la porta, mi legarono con delle catene e aspettai di conoscere il mio supplizio: ormai ero stremato, sull'orlo della morte. Mi sentivo debole, assetato e sconfitto nell'animo. La tortura funziona proprio così: ci lasciano morire lentamente sia dentro che fuori e cancellano la nostra forza per rimpiazzarla con sottomissione totale. L'umanità se ne va via con l'energia, perché non siamo trattati come persone, ma bestie da castigare e addestrare.

Presero alcuni prigionieri e fecero una sorta di rituale, poi toccò a me.
Mi afferrarono per la gola e mi costrinsero ad inghiottire un liquido caldo e dal gusto ripugnante, poi mi fecero dei tagli sul corpo e premettero qualcosa di bagnato e scuro sopra le ferite aperte. Non riuscivo ad urlare, quel liquido in gola bruciava e non lasciava respirare.

Giunse presto il buio e quando riaprì gli occhi, si trovavano solo corpi dilaniati a terra e una tigre maestosa che mi scrutava dall'alto. La fissai negli occhi ma appena incrociai il suo sguardo feroce, scomparve nell'aria. Al momento non mi importava che cosa fosse successo: fuggì dalla strana caverna, andai lontano senza mai voltarmi indietro. La notte sentivo strani dolori nel corpo, mi facevano male le ossa e i denti mi davano stranamente fastidio.
Più volte svenni e poi mi ritrovai i vestiti insanguinati  con cadaveri di animali accanto. Ero terrorizzato, ma almeno non sentivo più la fame.

Dopo giorni e giorni di viaggio, i dolori crescevano e qualcosa di forte ed oscuro mi avvolse. La luna mi chiamava, lo potevo sentire e il mio corpo aveva deciso da sè di seguirla, ma presto si scontrò con qualcosa. Era in realtà un qualcuno, ma la sofferenza era tale da impedirmi di ragionare lucidamente... ad un certo punto ho persino creduto di essere un animale mentre correvo.

Baby AlfaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora