Day 60

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Mi mancavi

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Mi mancavi.


Non potevo spiegarlo.

Non ti avevo mai incontrato prima d'ora e ti ho visto per meno di cinque minuti.

Peró, mi mancavi.

Presi di nuovo la felpa, e prendendo un respiro profondo nella speranza di vederti, me la misi addosso e lasciai che il profumo di arance mi circondasse.

Quando ti rividi, l'odore della carta e della segatura assieme al rumore delle sedie che strisciavano contro il pavimento in legno entrò nei miei sensi.

Mi ritrovai in una classe.

La tua classe.

Gli studenti erano chinati sui loro quaderni, picchiettando le loro penne sui banchi e dondolando i piedi. Indossavano tutti le loro uniformi.

All'inizio non riuscivo a trovarti.

Ma tu mi avevi trovata.

Una studentessa ansimò appena mi vide, indirizzando la tua attenzione su di me.

Girasti pigramente la tua testa per vedere che cosa aveva attirato l'attenzione di tutti, ma nel momento in cui mi vedesti, sei scattato in piedi come se ti avessero sparato sul sedere.

Prima che potessi fare nulla, prima che l'insegnante potesse urlarmi contro, tu eri lì. Mi avevi presa per il polso e tirata via, portandomi fuori dalla classe.

Entrambi ci ritrovammo nel corridoio vuoto della scuola.

"Ancora tu." Sibilasti. "Cosa stai facendo? Come sei arrivata qui?" I tuoi occhi mi guardarono dall'alto al basso. "Indossi di nuovo la mia felpa?"

"Park Jimin!" L'insegnante apparí sulla soglia.

Non sprecasti tempo. Mi afferrasti per il polso e cominciammo entrambi a correre.

Lontani dall'insegnate che urlava. Lontani dalle risatine degli studenti.

Mi portasti nel retro della scuola dove c'era un giardino di rose selvatiche e altri fiori. Il sole autunnale riscaldava sia noi che i fiori.

"Chi sei?" Mi domandasti, con il fiato corto dopo la corsa.

Mi accovacciai, riprendendo fiato, e guardandomi le scarpe vidi una delle rose selvatiche. Avvicinai il dito ad una delle spine della rosa e subito dopo una perla di sangue si formò sul mio dito.

"Hey! Fai attenzione!" Ti inginocchiasti subito accando a me e prendesti la mia mano nella tua. Non esitasti a mettere il mio dito nella tua bocca per fermare il sangue.

Hai fermato il sangue.

"Sessanta giorni." Dissi silenziosamente, parlando per la prima volta.

Mi guardasti sorpreso. "Cosa?"

"Mi restano sessanta giorni da vivere." Dissi e poi mi tolsi la felpa prima che potessi dire qualcos'altro.

Ancora una volta, eri sparito.

Ma la ferita al dito no.

Quel giorno conobbi il tuo nome: Park Jimin.

Dentro di me, il mio cuore cominciò a battere grazie a te, Park Jimin.

𝟔𝟓 𝐃𝐚𝐲𝐬 𝐋𝐞𝐟𝐭▶ p.jm x reader (Traduzione Italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora