• grow up •

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11 dicembre 1999

Dopo il matrimonio di George e Vera, Fred è scomparso definitivamente. Svanito nel nulla, la sua voce e la sua immagine con lui, tutto tranne il suo odore, e le esplosioni dello stesso fuoco d'artificio nella nostra vecchia camera.
    È impossibile che lui non sia presente, probabilmente è solo passato troppo tempo da quando è diventato invisibile che non posso vederlo nemmeno io più.
    Non lo so, ma è da cinque mesi che cerco di risalire alla parola magica per liberarlo da questa maledizione.
    Intanto George ha riaperto i Tiri Vispi Weasley, perchè in vista della nascita del bambino ha capito che non poteva continuare a vivere dei soldi che lui e Fred hanno fatto per anni, e quindi è ritornato al successo di una volta.
    Mi ha chiesto di andare a lavorare con lui, io mi sono fortemente rifiutata, non perchè non voglio dargli una mano, ma solo perchè non voglio prendere il posto di una persona che potrebbe tornare da un momento all'altro.
    Quando ho spiegato le mie motivazioni a George non mi ha voluto guardare negli occhi, perchè lui non ci crede, nessuno lo fa in verità.
    Ma adesso suo figlio sta per nascere, e io ho intenzione di essere presente quando il piccolo verrà alla luce, quindi dovrò fermare la mia ricerca per qualche ora: mi vesto e, alla velocità della luce, sono al San Mungo, reparto parti.
    Qua ho rivolto le ultime parole serie a mio padre, quando è nato il piccolo Teddy, che non vedo da tanto tempo. È a casa della mamma di Ninfadora, lo ha preso lei sotto la sua ala, dopo che io ho detto gentilmente di no: a diciannove anni stare dietro al figlio di tuo padre morto, quando anche l'amore della tua vita è morto, è impossibile.
   Nel corridoio siamo presenti in due: io, in piedi davanti alla porta, immobile alla vista della seconda persona, e Fred, o la sua ombra, che mi guarda sorridente.
   "Tu non puoi continuare a fare così!" cerco di sussurrare, mi rendo conto che sembrerei pazza se arrivasse qualcuno e mi vedesse parlare da sola.
   "Sto aspettando da cinque mesi, Leila" ammette, mi era mancata la sua voce.
   "Ci sto provando!" alzo la voce un po' più del solito, ma non capisco perchè lui non riconosca il mio profondo sforzo.
 

  Come se non avessi passato quasi mezzo anno a scavare nella mia memoria alla ricerca di una qualsiasi parola che potrebbe renderlo nuovamente visibile a tutto il resto del mondo, e che facesse si che io non risultassi più una matta in cerca di tante attenzioni.
   "Lo so, e non so come aiutarti ulteriormente" ammette lui, io sospiro.
    Forse dovremmo rassegnarci all'idea che mai più lui tornerà tra i vivi? Abbandonare per sempre il pensiero di poter parlare con lui, toccarlo, viverlo, senza essere presa per i boccini? Al solo pensiero il cuore mi salta qualche battito.
    Lui è lì, è vero, è solo invisibile a tutti. E capisco che possa essere estenuante, ma in fondo non è colpa di nessun'altro tranne che sua.
   "Troveremo un modo, Fred" ammetto dopo qualche minuto di riflessione "Te lo prometto".
    Lo dico come se io non fossi la prima a non credere più in questa cosa. Ma lui mi prende per mano, me la bacia con delicatezza e mi stringe forte a sè.
    Il suo odore non è mai stato così forte nelle mie narici.
   "Fred, io..." non riesco a finire la frase che la porta dell'aula dove è chiusa tutta la mia famiglia da tempo si apre, e George ne esce fuori.
    È sudato, teso, e sembra molto arrabbiato con me.
   "Leila, devi smetterla" il suo tono di voce è molto più cattivo del solito, in verità non lo avevo mai sentito così agitato.
    Lo guardo, gli occhi stanchi e affaticati, poi guardo di nuovo Fred: sono lì entrambi, presenti, l'uno di fianco all'altro. Eppure, uno dei due non fa parte di questo mondo corporeo, non del tutto.
   "Non stavo facendo nu" mi interrompe prima che io possa dare alcuna spiegazione.
    Mi fa una domanda, semplice e innocua, eppure non ho assolutamente idea se rispondere o meno: "Con chi stavi parlando, Leila?".
    Erano secoli che non mi chiamava per il mio nome intero, è spaventoso. Abbasso lo sguardo verso i nostri piedi, quelli di tutti e tre: Fred è ancora lì, potrebbe dire qualcosa, George lo sentirebbe, eppure sta zitto, lo guarda e basta.
    Non vuole rovinare il giorno più bello della vita del suo gemello, della sua altra metà, ne sono consapevole, ma se Fred era il meno calmo dei due, George è sempre stato il più crudele a parole.
    Non con me, in generale, ma vedendo come mi guarda ho paura che possa essere la prima volta.
   "Lo sapevo" dice, dopo il mio imbarazzato silenzio "Posso essere sincero con te, Leila?".
    Vorrei chiedergli gentilmente di non esserlo, di non offendere me e nessun'altro, di comprendere la mia situazione per un altro po'. Di non peggiorare nulla.
    Le parole non riescono ad uscire dalla mia bocca, e il silenzio, a quanto si sa, è sinonimo di consenso, no?
   "Fred è sempre stato il motivo della tua rovina, e ne sei consapevole" ammette.
    È come se con qualche semplice parola avesse fatto partire un meccanismo nella mia mente per cui ogni cosa da tempo conscia ma bloccata fosse riuscita a liberarsi.
    E il mondo mi crolla addosso.
   "Da sempre, la tua licantropia era un processo che avrebbe richiesto tempo, lo sapevamo, ma lui ti ha indebolita e lo ha reso più veloce" aggiunge, io scuoto la testa in maniera meccanica.
   "Non è stata colpa sua" esce come un sussurro, lui lo sente ma lo ignora completamente.
   "Adesso è la tua sanità che si sta autofagocitando per una persona morta!" il respiro si fa affannato, le lacrime cominciano a scendere. Non riesco a guardarlo negli occhi, mi manca il respiro.
    Se lui, mio fratello, il mio migliore amico, la persona che ora come ora mi conosce più di tutti, in primis non mi ha mai creduta, allora sono davvero sola.
   "È morto, Leila!" me lo urla addosso, non ho più voglia di rispondergli "E non esiste una parola magica, nè uno scherzo finito male, nè una pozione che rende invisibili, è solo morto!".
    Era tanto tempo che non provavo una tale tristezza da non riuscire più a muovere un muscolo, solo il petto mi si alza al ritmo veloce del mio respiro.
   "Devi crescere" conclude il suo monologo distruttivo e entra nuovamente in sala, lasciando me e Fred da soli.
    Riformulo, lasciando me da sola: non c'è più nessuno, rimaniamo io e i miei pensieri.
    Fred è scomparso nuovamente, e adesso mi sta seriamente venendo il dubbio che non sia mai davvero riapparso magicamente. Non so che cosa devo fare.
    Smaterializzarmi non è mai stato così difficile, come se ogni mia parte del corpo stesse collassando su sè stessa, e le mie capacità cognitive e motorie stessero scomparendo pian piano.
    Perdere lo scopo della tua esistenza non è facile, lo so, ma mi ero dimenticata cosa si provasse.
    Ogni posto è sbagliato ora come ora, anche un campo innevato mi farebbe sentire sbagliata. Vorrei stare con lui, perchè adesso è diventato davvero l'unico a non avermi mai giudicata, nemmeno con lo sguardo.
    Davanti a me ho il grande albero, anche la casa sembra cupa al mio arrivo.
    Non mi sono mai piaciute le cose sentimentali, perchè ti colgono troppo all'improvviso, e a volte è una bella sorpresa, mentre altre volte è come quando, d'inverno, il vento è talmente forte che apre le finestre di casa, e l'aria gelida interrompe quel caldo tepore a cui ti eri tanto affezionata.
    La positività ti abbandona, pensi che un domani non ci possa più essere, e il sole non possa più sorgere luminoso nel cielo terso. Ciò che prima era semplice diventa impossibile, il nulla cosmico di inghiottisce e tu non senti più nulla.
    Salgo le scale, sembra possano crollare da un momento all'altro, ma l'odore di rosmarino è persistente e rimane, non so se nella mia testa, nel mio cuore, o nell'aria.
    È pungente, mai rincuorante.
    L'atmosfera sembra cambiata, sembra che in questa piccola casetta custode del mio cuore ci stia abitando qualcuno. È tutto diverso da quando siamo venuti l'ultima volta, io e George, a leggere la lettera del nostro defunto fratello - del mio invisibile amore.
    È tutto troppo confortevole, il freddo qui non ti punge le ossa, ma ho imparato a mie spese che non posso più fidarmi dei miei occhi, alle mie sensazioni, non ora che penso a lui più del solito.
    Mi sdraio sul pavimento di legno caldo, il battito del mio cuore è lento e calmo, un cuscino fa finta di essere lui accanto a me. Sento la sua presenza, è la sensazione più brutta con cui io abbia mai dovuto combattere.
    I miei occhi, troppo stanchi per reggere altre lacrime, si chiudono da soli, senza che possa fare nulla per trattenere il sonno che mi invade.
    Nulla che mi sfiora durante il mio profondo torpore, non una mano che mi accarezza i capelli, che mi stringe a sè, nessun bacio sulla fronte, nulla. Neanche un sussurro che mi possa rassicurare, che mi dica "non stai facendo nulla di sbagliato" o "George non sa nulla" o "Puoi farcela".
    Il suo profumo scompare pian piano, e anche la me addormentata riesce a deprimersi: nulla era vero, assolutamente niente, era tutto frutto della mia debole immaginazione.
    Non posso più aspettarlo, ormai è andato via, da tanto tenpo ormai. George ha ragione, devo crescere, devo dimenticarlo, oppure morirò con lui.
    Ho bisogno di avere al mio fianco l'unica persona che mi abbia mai amato davvero. Per sempre.

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wewe.
ansietta? io un po' si.
manca poco alla fine, tenete duro!!! credo in voi miei piccoli lettori.
soph 💓

fred weasley ~ why not? [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora