☙ 2.

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Fisso la nota che mi aveva dato quello sconosciuto, allo stesso modo di come avevo fissato lui in precedenza.

"Se mai dovessi avere bisogno di un lavoro."

Per quale motivo uno sconosciuto a caso dovrebbe offrirmi un lavoro? Pensavo. Quella domanda mi aveva sconcertata.

Il sole stava per tramontare, la luce si spegneva gradualmente. Lascio quella banconota che mi aveva dato quell'uomo sul tavolo, in modo che Jin potesse prenderla, e lascio il cafe.

Prendo un taxi nelle vicinanze, dandogli le informazioni necessarie per accompagnarmi a casa. Di solito ci vogliono dieci minuti in macchina ma questa volta ne sono passati quaranta per via del traffico.

Tengo la testa tra le mani e guardo fuori dal finestrino, cercando di trovare qualcosa di interessante da poter osservare.

Quello sconosciuto è stato un panorama per gli occhi, vero?

Alzo gli occhi al cielo. Smettila, Sora. Poteva benissimo essere uno stalker, il modo in cui ti fissava.

Dopo quasi un'ora, il taxi arriva al mio appartamento quindi tiro fuori una banconota che avevo in borsa e la porgo all'autista.

Mi rivolge un brutto sguardo. I soldi che gli avevo dato non bastavano ma nonostante questo, se ne va.

Grazie a Dio se n'è andato. Non me la sentivo di discutere in questo momento.

Mi volto in direzione del mio appartamento, uno dei dieci in quel grande complesso. Entro, salendo le scale dirigendomi in cima.

Il mio appartamento era il secondo a destra. Prendo le chiavi sbloccando la porta aprendola, per poi richiuderla.

Avevo appena realizzato di avere addosso ancora il cappotto con il quale avevo posato oggi. Oh già. Vestiti gratis.

Lo lancio sul divano color cioccolato, posizionato di fronte alla televisione ai margini del soggiorno. Alla sua estrema sinistra c'era l'entrata in camera da letto e dietro il divano, accanto a me, c'era un corridoio che conduceva in cucina. Accanto alla mia camera si trovava il bagno.

Mi stringo la coda di cavallo mentre entro in cucina. I piatti erano ancora all'interno del lavello, in attesa che la loro padrona li mettesse nella lavastoviglie.

Avevo deciso che oggi non era giorno, perciò semplicemente li ignoro, procedendo verso il frigo. Lo apro, trovandolo quasi del tutto vuoto, eccetto per il latte, alcune uova e del ramen avanzato.

"Ecco qua." dico. Lo afferro, chiudo il frigo e infilo la pietanza all'interno del microonde. Pochi minuti dopo era pronto, del vapore fuoriusciva dalla scatola.

Lo esco, chiudendo la porticina e tornando in salone. Mi siedo sul divano e mi fiondo sulla cena.

Non ne era rimasta molta e quindi avevo ancora fame una volta finita.

Ad ogni modo. Non c'era niente che potessi fare.

Tiro fuori il mio cellulare, controllando i messaggi recenti. Pescando fuori la nota, copio il numero tra i miei contatti. Ero sul punto di rinominarlo quando mi fermo.

Non so nemmeno il suo nome.

Il mio pollice sovrastava la scritta 'chiama'. Sarò licenziata in ogni caso quindi potrei anche chiedere di questo lavoro.

Faccio partire la chiamata, premendo il cellulare all'orecchio. Aspetto per un minuto ma poi la chiamata si stacca.

"La persona che sta chiamando non è disponibile al momento. La preghiamo di riprovare."

"Eh?" riprovo ancora ma la chiamata porta solo alla voce di quella donna.

Ci riprovai per circa cinque imbarazzanti volte fino a quando decisi che ero stufa.

D'accordo allora.

Abbastanza incazzata, accendo la televisione andando dritta su Netflix. Opto per guardare una serie drammatica, finendo poi per addormentarmi piangendo.

-

Arrivo in agenzia, sorpresa di essere stata chiamata a lavoro.

"Hai problemi di attitudine, Sora." annucia Baram. "Perciò rimettiti in carreggiata. Ti darò un'altra possibilità."

"Okay." mormoro. Faccia di merda.

"E adesso, veloce!" mi conduce nei camerini. "Hai un servizio fotografico tra cinque minuti."

Annuisco, lanciando la mia borsa su una sedia vicina, entrando poi in camerino.

Molte ragazze, alcune mezza nude, si stavano cambiando per i loro servizi. Un ragazzo mi passa il mio programma correndo e velocemente fa ritorno nella sala principale.

Rapidamente mi tolgo i vestiti e mi cambio con gli indumenti nuovi. Rabbrividisco leggermente alla sensazione del tessuto, ruvido e grezzo.

"Lo so," mormora Eunja, notando il mio disagio. Lei era una delle migliori modelle in questa agenzia di merda e aveva sempre da discutere con chiunque avesse assaggiato la sensazione dolce della fama.

"Lo so, stai per dire che indosso un cactus per la collezione estiva." ribatto per prima.

Eunja ride. "Esatto."

"Forza ragazze!" urla Baram, sbattendo le mani. Velocemente mi infilo gli stivali ed entro nella sala principale.

"D'accordo!" ordina Baram. "Eunja, sei la prima. Sora, il trucco!"

Eunja si appresta in scena, posizionandosi di fronte allo sfondo bianco e inizia a posare.

I ventilatori le facevano svolazzare i capelli all'indietro, aggiungendo un certo effetto ai suoi scatti mentre le camere immortalavano il suo look.

"Sora, tocca a te!" grida ancora Baram. In fretta mi passo una mano tra i capelli, il trucco è okay e mi metto davanti alle telecamere.

Divarico leggermente le gambe e metto le mani sui fianchi.

"Bene, azione!"

Aggrotto le sopracciglia giusto in tempo quando i dispositivi avevano iniziato a scattare. Fissavo con uno sguardo glaciale l'uomo che mi riprendeva.

"Di più! Di più!" strillava Baram.

Bastardo. Stava rovinando l'immagine. La mia espressione era diventata ancora più seria. I capelli sventolavano su tutto il mio viso finendo ovunque.

Eunja solleva i pollici dietro la telecamera. Le faccio un occhiolino mentre cambio posa.

"Okay, STOP!" ordina l'uomo. Istantaneamente tutti si fermano, me compresa.

Il mio capo mi raggiunge. Dal suo sguardo sembrava volesse schiaffeggiarmi forte sul viso. "Non impari mai, cazzo."

Sollevo le sopracciglia. "E adesso che cosa ho fatto?"

"Pah!" esclama. "Non posso credere di avere una modella che non sa nemmeno cosa significhi essere una modella!"

"Baram, non potresti semplicemente dirmi cosa ho sbagliato?" mi stavo veramente stufando del suo atteggiamento.

"Lo dovresti sapere tu stessa!" si strofina la fronte con la mano. "Sora, sei la peggior modella con cui abbia mai lavorato. Non so proprio chi altro potrebbe tollerarti dopo questo."

Arriccio il naso disgustata. Questo vecchio mi ha detto queste cose un sacco di volte. Sono sul punto di attaccarlo quando una voce familiare fa le fusa all'interno della stanza.

"Lo farò io."

Quella voce. E' familiare. Troppo.

Giro la testa in direzione della voce. Quello che vedo mi fa avere un attacco di cuore.

In piedi sul corridoio, con le mani in tasca, non era altro che il proprietario e stilista della catena di moda V, lo scapolo multimilionario più desiderato a Seoul, se non nell'intera Corea del Sud.

Kim Taehyung.

Wild Thoughts | Taehyung ✓ (Traduzione Italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora