24 - NON ERAVAMO PRONTI

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Il vento si abbatté sulla garitta aggrappata alle mura.

Nel silenzio mortale che gravò sulla città di basalto, Ivan sistemò la maschera a mezzo viso sulla bocca e sul naso e si affacciò oltre il corrimano. «Il Buran soffia da ovest. Tenete gli occhi aperti, Beatrice, perché quando la bufera si alza porta con sé la "polvere di diamante".»

Alle mie spalle, Flynn emise un cupo ringhio. «Non si vede un maledetto niente.»

«Immagino sia questo lo scopo» lo redarguì Liànthorn, dal piano inferiore del camminamento.

«Taci, elfo.»

«Tacete entrambi.» L'ordine perentorio di Zeknerj sfrecciò nel silenzio, e con la coda dell'occhio notai Flynn ripiegare le ali sul dorso.

Osservai il knjaz in tralice: a differenza di suo fratello, la cui armatura di un nero scintillante ricalcava un corpo modellato dalla destrezza nei movimenti, la sua presentava spallacci imponenti decorati da borchie d'oro. Tra le rifiniture chiare si dispiegava il rilievo vinaccia dell'anfesibena, che risaliva con andamento spiraliforme lungo la corazza.

Per una volta, mi sentii di dargli ragione. Da diverse ore, una miasmatica nube di aspettativa stava serpeggiando tra le fila dei soldati schierati in cima alle mura, caricando la nevrosi collettiva fino al punto di farla quasi scoppiare. Ivan appoggiò indice e medio sul petto, chiuse gli occhi e recitò una lenta litania che aveva tutta l'aria di essere una preghiera.

Mi rivolsi a Zeknerj e sussurrai: «Cosa sta dicendo?».

«È un'invocazione a Morana, la dea della morte e dell'inverno. Dice: "Danzerò con la Dama Nera, ma fa' che mi scansi quando sarà il momento".» Deglutii, ma il ghigno che gli distorse le labbra mi riempì di confusione. «Ah, non guardarmi così. Sei piuttosto abile nell'arte dello scansarti, mocciosa.»

Mi diede le spalle e scese la piccola rampa che conduceva al camminamento, lasciandomi lì a macerare nel dubbio che mi avesse appena rivolto, a suo modo, un complimento.

Il fruscio prodotto dalla cuspide di Flynn contro le pietre del pavimento mi riportò alla realtà. Il drago mi affiancò, laddove Zeknerj aveva ceduto il posto per scendere a lanciare ordini alla družina. Non parlammo per un po'.

«Senti...» esordì.

«Cosa?»

«Sono felice che tu abbia scelto di rimanere.»

Mi voltai quel tanto che bastò perché ci trovassimo muso a muso. Sul suo viso scorsi il sollievo e quel principio di speranzoso idealismo che credevo avesse perso, e invece era di nuovo lì, bruciante, e pareva voler insinuare che ce l'avremmo fatta.

«Scelto» ripetei, sciogliendomi in un sospiro. «Ho solo scaricato la decisione su altri.»

«Oh, io non credo. Se sei qui, significa che un po' ci credi anche tu.»

Mi sfuggì un sorriso, ma non aggiunsi altro. Apprezzavo che ne fosse convinto perché, dal canto mio, non avevo la benché minima idea di cosa stessi facendo.

Flynn inclinò il capo e mi assestò un colpo di muso contro il fianco. «Trix.»

«Che c'è?»

«Sarà banale, ma siamo ciò che scegliamo di essere. Cerca di ricordartelo.»

Le sue parole rimasero sospese nel freddo. Alla mia destra, Ivan drizzò le spalle e il suo sguardo d'inchiostro liquido bucò la parete di polvere di diamante. Il corpo del Viesczy assunse la fissità dei manichini e le labbra livide si tesero. Una morsa di terrore mi artigliò le viscere, ma non osai domandare. Mi focalizzai sull'orizzonte, piuttosto, e mi sforzai di aguzzare la vista: lì, tra le raffiche di vento, intravidi nuvole d'ombra immobili lungo la distesa bianca.

BAZAL'TGOROD | Città di basalto (Vol. I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora