Rigirai il ramo su cui avevo infilzato la salsiccia tra le fiamme che ardevano nel circolo di sassi. Alzai gli occhi al tetto di stelle, stretta nella coperta per scongiurare il vento della brughiera. Il calore del fuoco mi bruciava il viso ed effondeva odore di carne abbrustolita nella corrente che avvolgeva la nostra tenda.
Flynn, accoccolato di fianco a me, divorava la sua cena imprigionata fra le zampe.
Notai un paio di Sidhe camminare di fronte al bivacco e lanciarci occhiate incuriosite, e alcune creature si fermarono a poca distanza per studiarci senza alcun pudore.
«Ho qualcosa tra i denti?» bisbigliai.
«Mi sembri in ordine.»
«Allora cosa vogliono? Perché ci fissano come se fossimo due fenomeni da baraccone?»
Flynn si lasciò sfuggire una risata gutturale e scosse il capo. «Non ci fissano come se fossimo due fenomeni da baraccone. Credo siano solo... curiosi. Nessuno di loro si è mai imbattuto in un essere umano.»
Decisi che quella spiegazione aveva senso e addentai la mia cena. Tra i filari di tende si fece strada la compagnia dei dvergar che ci aveva dato il benvenuto quello stesso giorno e mi appellai al mio buonsenso per non mostrarmi eccessivamente indiscreta nei loro confronti: come spesso mi ricordava la nonna, era da maleducati fissare qualcuno troppo a lungo. Tra loro riconobbi i due che si erano offerti di forgiarmi l'armatura, che salutai sventolando la mano.
All'interno del gruppo figurava un volto familiare, dal naso importante, gli occhi intriganti e le guance ricoperte di barba. Il dvergr indossava una lunga tunica bianca dai bordi rifiniti in oro e una pettorina da allenamento dai legacci allentati, segno che doveva esser stato impegnato in qualche zuffa al campo dei guerrieri.
Mi regalò un sorriso cordiale e fece cenno ai compagni di fermarsi con lui. «Siete o non siete voi, l'umana più incantevole del campo?»
Io e Flynn alzammo il capo all'unisono, entrambi scioccamente attaccati alle rispettive cene. Mi ripulii in modo sgraziato la macchiolina di unto all'angolo delle labbra, schiarendomi la voce: «È possibile, dato che sono l'unica».
«Per aver affrontato con tale coraggio quel manipolo di rettili volanti e averli addirittura battuti, di certo siete la più interessante. Galarr!» Il gruppetto si aprì per fare spazio a un altro nano che portava un violino poggiato sulla spalla, decorato lungo i bordi con motivi floreali. «Ritengo sia opportuno celebrare questo traguardo. Vi presento il nostro menestrello di fiducia, garantisco per lui: riempitegli il bicchiere di idromele della poesia e suonerà il violino di Hardanger come il migliore degli elfi!»
I dvergar risero di gusto e, senza neanche attendere il permesso, presero posto attorno al falò. Galarr si dilettò nel deliziarci con una melodia incalzante, accompagnata dagli applausi ritmati dei suoi amici, che non mancarono di schiamazzare e intonare canti d'amore nella loro lingua, cosa che mi colorò le guance di un rosso che si confuse tra le sfumature del fuoco. Flynn ringhiò in segno di disapprovazione, ma la musica cambiò non appena i dvergar si affaccendarono attorno al bivacco, per passarsi vassoi stracolmi di libagioni e allestire una tavolata improvvisata.
«Credo che per stavolta farò un'eccezione» annunciò, gettandosi sul montone.
Sbuffai una risata: «Potrebbero comprare la tua lealtà con il cibo».
«Vuoi forse biasimarmi?»
Non risposi, perché mi ritrovai tra le mani un boccale ricolmo di un liquido dorato: l'idromele della poesia, supposi.
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BAZAL'TGOROD | Città di basalto (Vol. I)
FantasyCOMPLETA | Irlanda del sud, 1953. È il culmine della notte di Lammas quando Beatrice decide di mangiare le primule, "i fiori che rendono visibile l'invisibile". Lanciatasi all'inseguimento di uno Spriggan, un turbine di fate la conduce alle porte de...