Dall'altra parte del separé udii il clangore dei martelli contro il metallo incandescente: i nani che avevamo incontrato il giorno prima, smaltita la sbornia, si erano offerti di fabbricarmi un busto su misura. A lavoro finito, indossavo una veste senza maniche che scivolava alle caviglie, con spacchi che arrivavano fino ai fianchi per permettermi di muovere agilmente le gambe — cordialmente appuntata da Whiffle e quell'insetto malefico di Antea, che non mancò di pungermi per errore, a suo dire, con lo spillone. Ai piedi indossai i calzari di pelle e strinsi i legacci, intrecciandoli fin sul ginocchio, poi uscii da dietro il divisorio: i due dvergar che avevano lavorato all'armatura me l'assicurarono addosso: un busto dalle spalle mobili, d'oro, e dalla base sbucavano frange di pelle scura. Il corpo era coperto da viticci floreali in argento che si articolavano sul petto.Sorrisi nervosamente: «Grazie».
Uno dei due mi strizzò l'occhio, mentre l'altro gracchiò: «Falli secchi!».
Uscii dalla tenda e il tepore del sole mi investì il viso. La folla gridava sventolando bandiere sgargianti di ogni paese, un elfo si sbracciava tra gli spalti per vendere noccioline e il desiderio di girare i tacchi e andare in cerca di una buca in cui sotterrarmi non era mai stato così forte.
Mi avviai verso la pista in terra battuta, che si interrompeva bruscamente un centinaio di metri più avanti: subito dopo, il vuoto, la pietra nuda e il rumore del mare.
Flynn mi aveva spiegato in breve il percorso: avremmo dovuto tuffarci nella gola di rocce, attraversare gli anelli magici del nostro colore — giallo —, raggiungere la riva e uscire dal fiordo. Poi sorvolare il mare fino ad arrivare all'isolotto magico che designava il confine del percorso. Da lì, bisognava aggirarlo e tornare indietro.
«Facile, no?» aveva detto.
Oh, sì. Una scampagnata.
Raggiunsi Flynn senza dire una parola, compiendo ampi respiri per cercare di calmarmi. Lui girò la testa e mi squadrò da capo a piedi, soppesando il mio abbigliamento.
«Che c'è?» esplosi, stufa marcia della sua radiografia.
«Niente.»
Arrossii distogliendo lo sguardo. «Concentriamoci sulla gara: qualcuno in particolare che dobbiamo evitare?»
Flynn si fece serio e sondò con un veloce sguardo i dieci draghi che studiavano strategie o si riscaldavano prima dell'inizio della competizione. «Tanto per cominciare, vedi l'unico in volo?» In mezzo al gruppo spiccava un rettile sospeso a mezz'aria: aveva scaglie bianche, artigli neri e una folta peluria rossa che percorreva il crinale del dorso, simile a una cresta. «Lo chiamano Icaex, il Redentore.»
L'immagine di un altro drago, dall'armatura di squame che s'infuocava di un rosso vivido al bacio del sole e antibracci d'osso stretti attorno ai polsi, attirò la mia attenzione. Le zanne sporgevano dalle fauci superiori e inferiori, a creare una morsa affilata. Dilaniò le carni di un vitello, supposi messo a disposizione dagli organizzatori della gara, e agitò la cuspide corazzata costellata di aculei. «Quello lì, invece, è Marduk l'Oppressore di cieli.»
Deglutii. «Adorabile. Sono ancora in tempo per cambiare idea?»
«Certamente.»
«Ma non è la cosa giusta da fare, vero?»
«Devi essere tu a deciderlo.»
Ovviamente sapevo che quella fosse la cosa giusta da fare, quindi la sua risposta risultò inutile e sibillina. Incamerai una gran quantità di ossigeno e lo invitai a proseguire la lista di demoni che popolavano il campo e contro cui ci saremmo dovuti scontrare di lì a poco in una gara senza regole. «Krayl, dalle gelide steppe della Russia» accennò a un drago color melma dalle irregolari corna d'argento. «E suo fratello, Bayan.»
STAI LEGGENDO
BAZAL'TGOROD | Città di basalto (Vol. I)
FantasyCOMPLETA | Irlanda del sud, 1953. È il culmine della notte di Lammas quando Beatrice decide di mangiare le primule, "i fiori che rendono visibile l'invisibile". Lanciatasi all'inseguimento di uno Spriggan, un turbine di fate la conduce alle porte de...