0.9 - "Not as much as I would like"

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Memories, Maroon 5
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La vista sull'Empire State Building mi lascia ogni volta senza fiato nonostante ci sia venuta un miliardo di volte.

Inspiro a pieni polmoni l'aria rarefatta di New York e osservo la città dall'alto beandomi della sensazione di pace che sto provando in questo momento sola e tranquilla. Ci sono pochi posti in cui una barbona può stare e l'Empire State Building non è di certo fra questi, ma il problema non si pone dato che so come intrufolarmi senza che nessuno mi scopra.

La cosa più bella? Oggi non c'è quasi nessuno quindi non devo preoccuparmi neanche delle occhiatacce che le persone mi rivolgono, probabilmente per l'aria sciatta e l'odore i cassonetto che emano,  cosa che mi fa estremamente piacere dato che poi tutti si allontanano e mi guardano come se avessi l'ebola o qualche altra malattia.

Oggi, prima di andare a suonare a Times Square ho deciso di venire un po' qui, giusto il tempo di ammirare la città innevata ma più passa il tempo meno ho voglia di andarmene.

Non è la prima volta che mi intrufolo qui e a pensarci bene non è nemmeno tanto difficile dato che lo faccio da prima che diventassi una barbona, da quando mia mamma faceva la receptionist qui, cosa che fa anche attualmente, e io mi divertivo a far vedere quanta poca attenzione prestasse al suo lavoro.

Sospiro quando penso a mia madre sentendo il solito grumolo di rabbia e rancore farsi più pesante nel petto e creo una piccola nuvoletta di condensa che si disperde nell'aria. Vago con lo sguardo intorno a me fino a quando esso cade sull'edificio posto a qualche paia di centinaia di metri da qui: la Joe's Company con le luci spente e nessuno al suo intorno per via delle vacanze natalizie.

Il mio pensiero cade subito su Will e mi chiedo cosa stia facendo in questo momento, probabilmente starà bevendo anzi ci metterei la mano sul fuoco, Dio quel ragazzo prima o poi cadrà in coma etilico.

Deve essere stata davvero difficile per lui, il suo unico genitore e punto di riferimento è morto un mese fa e ora lui si trova a gestire un'azienda piena di persone che lo tengono sotto d'occhio e aspettano un suo passo falso, forse è in un periodo di prova ed è per questo che non voleva che dicessi in giro che bevesse.

Gli ultimi raggi di sole illuminano New York e con questi pensieri in testa decido finalmente di andare via prima di perdere il posto. Non avendo a disposizione un orologio a eccezione di quello di Daniel ho imparato a calcolare l'ora in base alla posizione del sole cosa che mi risulta utile in casi come questi. Mi allontano dal parapetto e mi dirigo in tutta tranquillità verso l'ascensore stando attenta a non capitare nelle zone in cui le videocamere riprendono.

Entro nell'ascensore che ha già qualche persona al suo interno e clicco il bottone per il piano terra rivolgendo a loro un sorriso di circostanza, aspetto che l'ascensore arrivi con la pessima canzone di sottofondo che aleggia nell'abitacolo e sembra dare fastidio anche alle persone che sono qui con me, potrei benissimamente essere io ma preferisco pensare che sia la musica.

Dopo le varie soste dovute a chi entrava o usciva dall'ascensore finalmente raggiungo il piano terra e dopo aver dato un'occhiata in giro esco dall'uscita d'emergenza. 

Uscita dall'edificio mi affretto a camminare senza però smettere di guardare ciò che mi circonda. Manhattan mi è famigliare ed estranea allo stesso tempo: ogni volta che percorro le sue strade mi sento cullata dal calore e la sensazione di casa che emana eppure tutto ai miei occhi sembra nuovo, come se le volte precedenti non avessi compreso pienamente ciò che mi circondava o certi edifici siano apparsi da un giorno all'altro. Passo accanto a dei barboni e gli rivolgo un sorriso a cui loro rispondono di rimando ma in maniera più fredda, stringo la cinghia della custodia a me, per assicurarmi che non gli venga la malsana idea di strapparmela di dosso e dopo una decina di minuti giungo a Times Square.

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