Drunk, Ed Sheeran
▶PlayWilliam's pov
Non sono mai stato un tipo mattiniero ma da quando mi sono messo con Cassandra mi è quasi impossibile alzarmi ad un orario accettabile per i miei gusti.
Il rumore della mia suoneria mi sveglia dal mio sonno facendomi imprecare in tutte le lingue che conosco, che sono almeno sei. Senza aprire gli occhi allungo la mano verso il comodino posto a fianco al letto e prendo il telefono cliccandoci su fino a quando la voce squillante di una ragazza dice: "Finalmente."
Porto il telefono all'orecchio con gli occhi ancora chiusi e borbotto qualcosa che non riesco nemmeno io a comprendere.
"William? Ci sei?" chiede la ragazza che riconosco essere la mia fidanzata.
"Si, ci sono, ci sono." borbotto non sforzandomi nemmeno di nascondere la voce impasta di sonno che ho.
"Come mai hai risposto al quinto squillo?" chiede ancora ed io roteo mentalmente gli occhi.
"Perché stavo dormendo come fanno tutte le persone normali a quest'ora in vacanza." ribatto aprendo gli occhi e strofinandomeli con la mano libera.
"Beh ora sei sveglio." constata lei ed io mi mordo il labbro per evitare di risponderle male.
"Hai bisogno si qualcosa?" chiedo e nel mentre mi alzo dal letto e infilo le ciabatte ai piedi.
"Non potrei averti chiamato solo perché mi manchi?" dice con voce mielosa.
"Forse, ma conoscendoti bene deve esserci altro." ribatto e la sento ridere dall'altra parte della cornetta. Nella mente mi passa un flashback di una ragazza con i capelli rossi ridere rumorosamente.
"Tesoro?" mi richiama la mia fidanzata.
"Sisi, ci sono, scusa." le dico e lei rimane in silenzio per qualche secondo.
"Si può sapere dove hai la testa?" chiede stizzita e io le rifilo qualche scusa inventata al momento.
"Comunque stavo dicendo che rimango da mia nonna per più tempo del previsto ma i miei tornano il 6, poi mi vieni a prendere tu dall'aeroporto, okay?" chiede anche se so che non è una vera domanda.
"Si, va bene. Poi dimmi l'ora." dico avviandomi verso la cucina.
"Va bene, ci sentiamo dopo. Ti amo." dice la ragazza e senza darmi il tempo di rispondere riattacca il telefono.
Guardo l'ora sul display e sbuffo nel vedere che sono solo le otto e mezza, fosse per me avrei dormito fino a mezzogiorno. Mi preparo velocemente un caffè e mentre aspetto mi appoggio all'isola della cucina guardando verso la finestra fissando la neve scendere delicata su Manhattan.
Il mio sguardo cade quasi involontariamente a destra, verso l'ufficio di mio padre che ha la porta spalancata e lascia vedere la scrivania piena di scartoffie con un quadro, di me e mio padre, messo all'angolo. Serro le labbra e distolgo lo sguardo puntandolo di nuovo verso la città.
Questo appartamento è enorme eppure dalla morte di mio padre mi è estremamente stretto. Occupa gli ultimi due piani del condominio ed è di circa 206 metri quadri con cinque camere da letto e sei bagni e nonostante fosse troppo grande per sole due persone io e papà la adoravamo, soprattutto per la vista che da la cucina su Central Park.
Mi verso velocemente il caffè nella tazza e lo sorseggio piano cercando di rimuovere il ricordo di mio padre della testa. Incidente stradale. Un pazzo alla guida non ha rispettato il semaforo e lo ha investito mentre tornava dal lavoro per venire a casa. Quel bastardo si è beccato sei anni in carcere, mio padre la morte.
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Drunk
RomanceNon tutte le storie vengono raccontate. Il motivo può essere vario: non lanciano un messaggio profondo, non danno un buon insegnamento, non sono raccontate bene, non hanno un lietofine o, molto semplicemente, non sono all'altezza di essere conosciut...