Chapter five.

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MEGAN WALKER VOICE:

Quella mattina come quasi tutte le mattine della mia vita, la sveglia suonò tardi. Mi piaceva svegliarmi alle prime ore del pomeriggio, non mi piaceva la tranquillità del mattino quando tutti ancora dormivano, mi trasmetteva angoscia. Scesi dal letto, mi guardai intorno, la mia camera era sempre tanto ordinata. Mi trascinai faticosamente fino allo specchio del bagno, nel quale, come tutte le mattine, presi ad osservarmi meticolosamente. Aprii il rubinetto d'acqua calda della doccia; spogliandomi dell'intimo che indossavo, mi gettai sotto il getto d'acqua. Dopo essermi insaponata e lavata per bene,uscii e avvolsi il mio corpo in un asciugamano. Indossai dell'intimo pulito, un paio di pantaloncini di jeans che a malapena mi coprivano il sedere e sopra ci abbinai un top corto che lasciava vedere il mio nuovo piercing all'ombelico, me lo aveva fatto Punk con un ago bollente e del ghiaccio, quel ragazzo sapeva fare tutto. Mi sistemai i capelli e colorai il viso con un po di trucco, non troppo. Arrivai al mio letto e mi chinai a terra per cercare le mie scarpe. Un paio di creepers, con la suola alta in gomma. Presi il mio cellulare dal comodino, quello regalatomi da Justin, e lo infilai nella tasca posteriore dei pantaloni. Dopo aver rifatto il letto, chiusi la porta della stanza e mi recai di sotto.

Percorsi il corridoio che portava alle scale, passai davanti alla camera di Doug, c'era la porta aperta e potei vedere i capelli biondi di Doug spuntare da sotto le lenzuola. Non era solo, c'era anche una ragazza, probabilmente l'aveva pescata in discoteca quella notte. Io ero rimasta a casa. Chiusi la porta della loro stanza e continuai il mio cammino. Scesi le scale saltellando, arrivata al pianerottolo girai a destra così che potessi raggiungere la cucina. Aprii il frigo e presi una busta di latte, ne bevvi un sorso da vicino e  poi la riposai al suo posto. Sul bancone della cucina c'era una canna mezza fumata, la presi e l'accesi . Non mangiavo nulla al mattino, da quando ero in quella casa io facevo colazione fumando. Con la canna tra le labbra mi recai in salotto, vidi un braccio pendolare dal bracciolo del divano. Pensai fosse uno dei ragazzi, così andai a controllare. Quando mi avvicinai mi resi conto che non mi sbagliavo. C'era Bieber in mutande, dormiva, era tenero. Non capivo cosa ci facesse sul divano. Spensi la sigaretta nel posacenere colmo di cicche. Mi avvicinai al invasore prendendolo per le spalle e lo feci rotolare per terra, dritto sul tappeto. Lui al botto aprii gli occhi emettendo un lamento. Mi chinai sulle ginocchia così che potessi essere alla sua altezza, mi guardava stralunato.

"Ciao Bieber, hai fatto tardi la scorsa notte?" domandai dall'alto.

"Buongiorno anche a te, Walker".

Lui si alzò da terra e si gettò nuovamente sul divano, non glie ne fregava un cazzo della mia presenza o di quello che avessi da ridire. Io i tipo come lui li avrei presi a schiaffi dalla mattina alla sera. Puzzava di fumo e di alcool, la sua puzza aveva invaso l'intero salotto e quel povero divano stava supplicando pietà. Camminai per il salotto cercando di rimettere in ordine il casino che avevano combinato quella notte. Bottiglie di liquore, cenere sparsa sul tavolino, cicche di sigarette, erba sparsa sul pavimento,vestiti di Bieber sulla poltrona. Io non ero costretta a pulire, ma mi piaceva l'ordine quindi pulivo per me stessa e non per fare un piacere a loro. In ogni caso, il mio piano di avvicinare Bieber stava prendendo una strada, certo non andavamo d'accordo al cento per cento e di romanticismo non ce ne era, in realtà non c'era nulla, ma eravamo solo all'inizio e stavo costruendo le basi. Madrina si metteva sempre in contatto con me, avevo anche scoperto che era stata lei ad ordinare di bruciare uno dei suoi laboratori e non Luke come pensava Justin. Mi stavo affezionando al resto dei ragazzi e mi sentivo un verme a pugnalarli alle spalle. Ma non sapevo cosa fare e a dirla tutta Gabriella era molto più spaventosa dei ragazzi. Avrei capito con il tempo quale era la cosa giusta da fare.

"Hai un sedere niente male, tondo e sodo" mormorò dal divano.

"Grazie per la sincerità" il suo primo complimento.

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