Chapter twenty-one.

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MEGAN WALKER VOICE:

Dicono che col passare del tempo tutte le ferite guariscono, ma dalla più grande delle perdite, dalla ferita più profonda segue un processo di guarigione lenta più difficile. Il dolore svanisce ma le cicatrici rimangono a memoria della nostra sofferenza e rendono forte chi le porta affinché non possa essere più ferito. Così mentre il tempo passa lentamente, ci perdiamo in distrazioni per eludere la frustrazione, diventiamo aggressivi,rabbiosi, per tutto il tempo tessiamo trame e pianifichiamo aspettando di diventare più forti. E poi, prima di rendercene conto, il tempo è volato via, siamo guariti e siamo pronti a ricominciare. La mia paura non era perderlo, perché io lo avevo già perso. La mia paura più grande, quella che mi stava uccidendo, era di non ritrovarlo. Era un soffocare continuo. Soffocare le urla, le lacrime, la rabbia. Mi sentivo totalmente distrutta. E anche se mi avessero tirato coltellate, pugni, schiaffi, colpi di pistola, io non avrei sentito più niente perché le sue parole mi avevano fatto più male. Sapevo solo che tutto sarebbe finito, prima o poi. Sarebbe stato un vecchio incubo e io avrei cambiato vita, ricominciato altrove. E speravo succedesse presto, prima che la testa mi scoppiasse e le mie ossa si spezzassero. Prima che il cuore cessasse di battere.

Non lo avrei dimenticato, non avrei potuto. Mancanze così non si possono colmare. Mancanze così ti divorano l'anima e distruggono anche la più minima speranza. Mancanze così mancano per sempre. Era la vita, il destino, eravamo noi. Ero morta dentro e questo lo sapevo. Andavo in giro con una maschera, non potevo far notare agli altri la mia debolezza, mi avrebbero fatto troppo domande e poi c'era quella finta farsa con Luke che doveva continuare. Tutti mi odiavano, lui mi odiava e a nessuno importava se stavo morendo, se Luke mi picchiava mentre mi violentava, se non mangiavo per giorni. A nessuno importava di me! Ogni tanto mi immaginavo come sarebbe stata la mia vita se fossi stata felice, se avessi avuto tante amiche e tanti amici, una famiglia unita e una vita normale ,ma no, non potevo. Mi meritavo tutto il male, ormai ci avevo fatto l'abitudine. La felicità non è per tutti, non era per me.

Era passata oltre una settimana, l'avevo passata -per forza- tutta interamente con Luke. Credo sia stata la settimana più brutta della mia vita. Quell'uomo era pazzo, più di quanto non avessi mai creduto. Mi aveva distrutta di insulti e botte. Il mio corpo era irriconoscibile, pieno di lividi e graffi, e il mio viso era gonfio e annerito dagli schiaffi. Non avevo avuto notizie di Madrina, ne di Grace, ne di mia madre e ne tantomeno di Justin. Luke aveva tagliato ogni mio rapporto con il mondo esterno, mi teneva rinchiusa in camera da letto e lo vedevo solo la sera tardi, quando voleva sfogare i suoi bisogno di uomo su di me. Era un inferno stare con lui e non ne avevo più le forze. Io non potevo più continuare quella farsa, ero stanca e volevo solo starmene per conto mio.

Era pomeriggio e Luke era venuto ad informarmi che Madrina voleva vedermi. Se gli fosse stato possibile avrebbe rimandato quel appuntamento, ma Gabriella restava ancora il capo e lui aveva bisogno di me per distruggerla, senza sapere che avremmo fatto il contrario. Prima di uscire provai a coprire il viso con del trucco, così che i segni di violenza fossero meno evidenti, ma non ci fu verso. Appena pensavo di poggiare solo una piccola quantità di trucco, le ferite bruciavano e facevano male. Indossai un grosso paio di occhiali e cercai di coprirmi il viso con i capelli. Mentre mi dirigevo da Gabriella, mi aveva chiamato per dirmi che al nostro appuntamento ci sarebbe stato anche Justin con i ragazzi. L'unica cosa che avrei dovuto fare era mantenere la calma. Justin conosceva tutta la verità e voleva aiutare Madrina, ma io ero solo un ombra nella sua vita.

Quando arrivai nella residenza californiana di Madrina, fui accolta da suo figlio Nick. Mi fece strada fino al salotto, dove tutti non aspettavano altro che me. C'era mia madre, c'era Jeremy, Grace e Marc, c'erano i ragazzi e lui. Non mancava nessuno all'appello. Tutti ormai conoscevano il segreto che mi portavo dentro da oltre un anno. Chissà se avrebbero capito, se avrebbero giustificato i miei gesti e chissà se erano almeno un po dispiaciuti per me. Ci speravo. Tutti mi guardarono sorpresi, amareggianti e delusi, chi era a conoscenza della mia storia non poté fare altro che abbassare lo sguardo e restare in silenzio. Io non volevo che loro mi guardassero, così mi avvicinai alla finestra e mi girai di spalle guardando fuori.

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