Chapter twenty-five

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MEGAN WALKER VOICE:

Siamo anime in mani straniere. Eppure, continuiamo a vivere, ignorando chi sia il nostro burattinaio, chi sorregge i nostri fili e chi, sovente, ha la tentazione di lasciarli cadere. Non abbiamo voce nei momenti in cui dovremmo urlare. Perché è tutto così imperfetto ? Percorriamo la strada della vita nella direzione giusta, ma lo facciamo di spalle, senza sapere quali saranno gli ostacoli che incontreremo e, soprattutto, senza essere in grado di valutare le conseguenze di una nostra eventuale caduta. Potremo romperci un braccio oppure tirare troppo i fili – per errore oppure no – e costringere il burattinaio a lasciarli, contro la sua volontà; ma avremo sempre bisogno di correre, senza che nessuno ci dica nemmeno verso quale landa ci stiamo dirigendo.
Siamo in grado di stabilire il nostro cammino solo quando siamo posti di fronte a più vie da percorrere: la libertà di scelta, tuttavia, non è nulla di fronte alla prigione in cui viviamo, quella che impone le strade tra cui scegliere. Questa non è libertà, ma semplice istinto a dirigersi verso il male minore. E questo, in fondo, non è ciò che ci meritiamo.

Luke non aveva fatto altro che telefonare tutta la notte, ma i gemiti di Justin uniti con i miei, ci trasportarono immediatamente in un modo solo nostro, un mondo dove stavamo insieme ed eravamo felici. Era l'alba e io mi ero appena svegliata, seduta all'estremità del letto guardavo fuori dalla finestra e di tanto in tanto mi voltavo per osservare Justin alle mie spalle mentre dormiva. Le sue labbra abbozzavano un sorriso e il suo volto sembrava rilassato. Indossai un paio di pantaloncini di Justin e una sua canotta, raccolsi i miei vestiti completamente bagnati e li sistemai in una busta. Prima di andare via, scrissi un biglietto - se non ci fossimo incontrati, mi saresti mancato . Megan - per rispondere alla frase a cui non avevo risposto poche ore prima. Lasciai il biglietto sul suo comodino e mi avviai alla porta. Senza voltarmi.

"Vai via senza neanche salutarmi?" domandò alzando la testa dal cuscino.

"Non volevo svegliarti" trovai la scusa più scontata.

"Ti accompagno io, va bene?" domandò dolcemente ed io annuii.

In realtà, la verità era un'altra. Non ero brava in quelle cose, negli addii intendo, non mi andava di salutarci con il muso lungo e il cuore in fiamme. Andare via sarebbe stato più facile se non si fosse svegliato.
Si alzò dal letto e raccolse i vestiti che aveva preso dall'armadio quella notte e li indossò. Era ancora stordito dal sonno. Mi accorsi che la porta era ancora chiusa e la chiave era sicuramente stata nascosta da Justin. Dopo essersi vestito si avvicinò al comodino e lesse il biglietto che gli avevo lasciato, subito sul suo viso uno dei suoi sorrisi più belli. Prese la chiave nascosta nella fodera del suo cuscino e aprii la porta lasciandomi passare. Non aveva aperto bocca.
Scendemmo di sotto, c'era un silenzio spaventoso e Justin non rendeva le cose facile. Prese le chiavi della sua auto ed uscimmo.

Una volta saliti in auto la nostra tensione non era svanita. Mentre ci dirigevamo da Luke, Justin tamburellava freneticamente le mani sul volante e il suo viso era esattamente quello che non avrei voluto vedere quella mattina. Cercò in tutti modi di allungare la strada e guadagnare più tempo, non voleva proprio accompagnarmi e si stava sforzando per far si che la vena del collo non gli scoppiasse.

"Andiamo via Megan, lasciamoci tutto alle spalle!" propose di scatto.

"Ora?" domandai stordita da quella proposta.

"Subito! Dimmi di si e ti porterò lontano da tutto questo" la sua faccia sperava che accettassi.

"Non possiamo mettere in pericolo la vita degli altri, no!" fu la mia risposta.

"Dannazione Meg, hai mai pensato a te stessa per una volta?" domandò offeso.

"No, mai e non comincerò da oggi" risposi secca.

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