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Lo studio privato di Anton è grande e arioso, arredato in toni chiari che contrastano piacevolmente con il pavimento in parquet di rovere antico. Una grande libreria a parete e un archivio sono gli unici ornamenti della stanza, oltre a un paio di poltroncine in pelle color vinaccia e un basso tavolino in faggio intarsiato.

Alex incespica mentre si accorge di un uomo seduto alla grande scrivania di spalle alla parete a vetri. Questi si alza al loro ingresso, rivelando una figura alta, dalle spalle cadenti, il volto allungato con labbra carnose, incorniciato da un taglio bronzeo fissato a gel. Gli occhi, scuri come carboncini, vagamente annacquati, saettano dall'uno all'altro con esitazione, fissandosi poi su Alex con una certa insistenza.

– Alessandro, – esordisce Anton con un sorriso, – ti presento Quentin, il mio consulente per gli affari... e il mio caro fratello maggiore. Hai già conosciuto sua moglie Francoise, mia cognata. Oh, eccoti qui! – esclama vedendola entrare.

– Volevo porgerle le mie scuse, signor Spada, – fa lei arrossendo leggermente, – ho frainteso le indicazioni di Anton e l'ho messa a disagio. Sono desolata, la prego di perdonarmi.

Alex vacilla stordito. – No, davvero, non è successo niente. È colpa mia, dopotutto. E, per favore, mi dia del "tu".

Lei gli sorride, un sorriso sincero, segnato da trine increspate agli occhi e alla bocca. – Bien, Alessandro. Grazie per la tua comprensione. Posso rubarti un momento Anton? Devo fargli vistare dei documenti urgenti.

– Certo, – fa Alex scostandosi, mentre Anton scorre insieme a lei delle carte e si appoggia alla scrivania per firmarle. Nel girare lo sguardo si scontra con l'espressione accigliata di Quentin che sembra fissarlo con un certo stupore, mentre si massaggia la barbetta scura sul mento. Indossa un completo gessato grigio scuro, gemello a quello del fratello, che su di lui tuttavia veste con una certa rigidità, in netto contrasto con la spontanea eleganza di Anton. Alex si riscuote e allunga la mano per presentarsi. – Beh, sono Alessandro, piacere.

L'uomo ricambia con una stretta forte, quasi dolorosa. E continua a scrutarlo. – Piacere, – dice dopo un poco, quasi a ricordarsi di dovere essere educato. – Nino mi ha parlato di te. Sei l'informatico che ha incontrato in quel paesetto... Rabra, giusto?

La sua è una voce da basso, nota Alex, vagamente diversa da quella del fratello per delle piccole schegge metalliche inserite dentro, che la rendono fredda e saccente.

– Sì, – ammette lui, – Antonio è stato davvero gentile con me quel giorno. Ha perso molto tempo a causa mia e adesso, – fa girandosi a guardarlo mentre ancora parlotta con la cognata, – mi sembra veramente di essere inopportuno. Forse dovrei andarmene...

Quentin scuote la testa. – Non ti preoccupare, Nino vuole parlarti. Abbi solo ancora un poco di pazienza, per favore, siamo in un momento delicato. Uno dei nostri fornitori esteri ha avuto dei problemi.

– Uh, di cosa vi occupate?

– Compravendita di opere d'arte e gestione di spazi espositivi, perlopiù, – risponde lui in tono annoiato. – Parlami del tuo lavoro, piuttosto: sei un hacker? Ti occupi di dark web?

Alex si acciglia e sorride nervosamente. – No, niente del genere. In realtà, io sono un white hat e quelli di cui parli tu si chiamano cracker, che poi sono i pirati informatici. Di solito, collaboro con le aziende e offro assistenza da remoto. Programmazione, gestione virus. Tutto qui.

– Uhm, lodevole. Immagino che la tentazione sia comunque alta, per quelli come te. La criminalità informatica va alla grande di questi tempi. Nino mi diceva di non avere il tuo contatto. Vuoi lasciarmelo? Magari potremmo averne bisogno in futuro.

Come petali di Veronica persicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora