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Dopo cena, Francoise si congeda per accompagnare Gérart a dormire, mentre Quentin si trattiene nel suo studio con Stefano per una consulenza legale. Alex e Anton, precedono Bernard Lacroix nel salotto e si accomodano tutti e tre accanto al caminetto. I camerieri porgono loro un amaro d'erbe di produzione locale in degustazione, si ritirano chiudendo le porte e lasciandoli soli.

– Ti vedo stanco, Nino, – mormora Bernard fissando il figlio con il suo burbero fare cipiglioso. – Lavori troppo? Come va la glicemia?

Questi evita il suo sguardo. – Sto bene, non preoccuparti, – risponde e porge ad Alex, seduto accanto a lui sul divanetto, un tovagliolo per asciugarsi le mani.

– Quell'idiota di domestico ti ha sporcato mentre ti versava l'amaro? – scatta secco Bernard.

Alex scuote la testa. – È colpa mia: ho spostato il bicchiere. Sono un impiastro con queste cose formali.

Occhi di drago lo scrutano severi. – Consulente informatico, uhm? Io di quelle cose non ci capisco niente, sai? Mi sembra tutta fuffa. Internet, web, non sono cose che si possono toccare. Amo i lavori utili: chi produce il pane, chi cura i malati, chi crea posti di lavoro. Ma voi che fate? Clic clic: è come scrivere sulle nuvole.

– Papà!

– No, Anton, – lo blocca subito Alex, – tuo padre, in fondo, ha ragione. Mi piace questa definizione: scrivere sulle nuvole. Il mio lavoro non è difficile, ma deve piacere. È un poco come giocare in borsa: si lavora sulla fuffa, e alla fine si porta a casa il pane.

Il padre espira un mugugno. – Quante ore lavori al giorno?

– Oh, non so. Lavoro fino a quando non ho finito la commissione.

Il vecchio fa un leggero sorriso. – Somigli a mio figlio in questo. – Fa una piccola pausa poi dice: – Sei gay, Alex?

– Papà!!!

Bernard lo ignora. – Mio figlio è gay, lo sapevi?

– Sì, ne avevo un'idea, sì, – fa Alex con un leggero sorriso.

– State insieme?

Anton si alza in piedi. – Basta adesso! Prima Quentin poi tu! Questi non sono affari che ti riguardano e...

– L'ho chiesto al tuo amico, non a te, – interloquisce suo padre. Poi in un tono dolce, che appare del tutto inverosimile uscire dalla sua gola, dice: – Nino, va a prendermi le medicine per favore, le ho lasciate dentro le borse da viaggio, nei miei appartamenti.

Anton guarda Alex poi suo padre. – Ma...

– Spicciati o mi sale la pressione. Non te lo mangio il tuo "amico importante". Alessandro, hai forse paura di me?

Alex non riesce a fare a meno di provare un'inspiegabile ondata di affetto verso quell'uomo che ha pronunciato il suo nome con la stessa rispettosa eleganza con cui lo fa suo figlio. – No, – risponde. – Vai pure, Antonio. Sta' tranquillo.

Anton esita ancora un poco, quindi esce rapido dalla stanza.

Bernard fa un profondo sospiro e si sporge sui braccioli. – Allora, Alex, che mi dici? Tu e mio figlio avete una relazione?

– Ci stiamo conoscendo.

– Risposta diplomatica. Dimmi qualcosa di te. Dov'è la tua famiglia? I tuoi genitori che fanno nella vita? Hai fratelli?

– Non ho fratelli e il resto... è complicato...

Bernard fa una smorfia seccata, molto simile a certe espressioni che Alex ha visto sul volto di Quentin. – Zut, non vedo cosa ci sia di così complicato nel rispondere a una domanda semplice come la mia!

Come petali di Veronica persicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora