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Quentin socchiude la porta, notando la luce accesa nella stanza. – Cosa ci fai ancora qui? – esclama osservando il fratello, chino sulla scrivania, studiare un cumulo di estratti di legge e tabulati bancari. Dà un'occhiata al suo orologio da polso mentre si avvicina: sono le 7:00 del mattino spaccate. – Non sei tornato a casa ieri sera? Hai passato tutta la notte a lavorare?

Anton solleva gli occhi, cerchiati e stanchi, mettendolo a fuoco con una certa difficoltà. Si massaggia la radice del naso con le dita. – Avevo da controllare alcuni conti e il nuovo Decreto del Ministero sulle esportazioni, uscito quest'anno. Lo sai che non sono veloce come te, ci metto il doppio a fare tutto.

Il fratello gira la scrivania e gli si affianca, posando una mano sulla spalliera imbottita della sedia. – Poco male, così posso allenare il mio italiano di primo mattino. Mi sembri stanco, – mormora, dando un'occhiata al mare di carte che sommerge il tavolo, parte del computer e le due sedie accostate. Poi si sofferma su una specie di grossa penna posata accanto alla lampada. – Hai saltato un'altra volta l'iniezione?

– Eh... mi sono distratto.

Quentin si siede di sbieco sulla scrivania. – Mi sa che la vera "distrazione", qui, è il tuo nuovo amichetto di Rabra: l'hacker o white-qualcosa.

– Il mio hacker mi ha già dato il benservito, a dire il vero. Con un sms. L'altro ieri.

Quentin espira una risata. – Quel clochard sfigato? Strano. Avrei detto che ti si sarebbe incollato alla caviglia per l'eternità, dopo aver capito con quale conto in banca aveva a che fare.

– Alessandro non è quel genere di persona, – replica Anton reclinandosi sullo schienale con un sospiro esausto. – Tutto l'opposto. È un osso duro. Un cazzuto osso duro.

– Non sei stufo di queste relazioni inutili? Perché non ti arrendi e cerchi una brava ragazza di buona famiglia? C'è la fila per te qua fuori, lo sai.

– Essere gay non è un'opinione, Quentin.

– Sicuro di non essere bisex? La migliore amica di Francoise è pazza di te, basterebbe solo un tuo cenno per farla cadere ai tuoi piedi.

Anton fa un sorriso rigido, disturbato come sempre da quel parlare cinico tipico di suo fratello. – Mi dispiace deluderti. Ho da tempo fatto pace con me stesso su questo argomento. Sono consapevole e padrone della mia sessualità. Ma tu non sei contento, comunque? Puoi dare eredi al nostro illustre casato e fare felice nostro padre. Da adolescente ero terrorizzato all'idea che mi facesse sposare con una ragazza solo per portare avanti il "seme regale".

Quentin si strofina il naso e fissa nel vuoto, verso la parete a vetri alle spalle di Anton, da dove si intravvede uno specchio di cielo sempre più chiaro. – Tu sei il suo sole. Ti avrebbe perdonato anche se gli avessi detto che eri un alieno venuto da Marte. Per quanti eredi gli possa dare, lui mi guarderà sempre con sopportazione, come se fossi difettoso. Non mi ha mai scusato il fatto di nascere dalla donna sbagliata. E non ha mai tollerato nemmeno l'esistenza di Gérart.

Anton ansima accigliato voltandosi a mezzo verso di lui. – Come puoi dire una cosa simile? Sei ingiusto! Papà adora Gérart. Tutti in famiglia gli vogliono bene.

– Come si potrebbe adorare una simpatica scimmietta, certo. È una macchia indelebile nella mia vita. Finché non mi nascerà un altro figlio a lavare quella vergogna, papà continuerà a vedermi come un fallimento. Io e Francoise ci stiamo provando... ma non sembra voglia arrivare.

– Tuo figlio non è una vergogna e di certo non va "sostituito" con un altro! – esclama Anton impallidendo. Si alza in piedi e gli afferra le braccia fissandolo serio in volto. – Dovresti trattarlo con più rispetto, invece. Se non lo proteggi tu, chi altri dovrebbe farlo? Cristo, Quentin, ma ti rendi conto di cosa dici?

Il fratello fa un sogghigno imbarazzato, distogliendo lo sguardo. – Mi fai la ramanzina adesso? Il primogenito rimbeccato dal fratello minore?

Anton sospira a fondo. – Non ci penso nemmeno. Ma tu la devi finire di essere così competitivo. Tua madre Georgette si è sposata troppo giovane, non poteva capire che papà era l'uomo sbagliato per lei. Si trattava solo di un matrimonio di convenienza, per unire due famiglie dell'aristocrazia francese. Era inevitabile che lo lasciasse.

– Non l'ha mai perdonata per quel tradimento e non ha mai perdonato me, per essere suo figlio. Ha solo e sempre amato tua madre, e quando è morta è rimasto inconsolabile. Non l'ha più dimenticata.

Anton gli dà un colpetto alla spalla. – Allons, (=Andiamo) è orgoglioso di te, invece. Se non fosse per la tua competenza, la Lacroix Art et Vision sarebbe già fallita sotto la mia direzione. E lui lo sa benissimo.

– Eppure ha dato a te, il secondogenito, un avvocato con vanità artistiche, la conduzione degli affari.

– Il ché significa che anche lui sbaglia qualche volta, giusto? – risponde lui, con una fitta al cuore. – Non è infallibile, né il superuomo che vuole fare credere a tutti. Quindi non lasciarti influenzare dai suoi giudizi. Io ti voglio bene, Francoise e Gérart anche. E questo è tutto ciò che conta. Non diventare come lui, – aggiunge dandogli un buffetto alla guancia. Poi torna a sedersi e prende in mano le carte che stava leggendo, mentre Quentin si versa del caffè in una tazza, girellando per lo studio.

Mentre sorseggia la bevanda, gli cade l'occhio su uno schizzo a matita disegnato sul bordo di un fax. È un panorama agreste con un bellissimo ragazzo disteso sull'erba che mastica una spiga di grano. Sorride pensando a come Anton sia incapace di abbandonare anche solo per un secondo il suo talento artistico. – E questo? Hai intenzione di tappezzare di bei ragazzi anche il nostro rendiconto annuale? – Il suo sorriso si spegne quando non ottiene risposta. Anton è accigliato, immobile, a leggere e rileggere lo stesso documento.

– Qu'est-ce qui se passe? (="Che succede?")

Il fratello gli indica una colonna di cifre su un tabulato bancario. – Qui... mi sembra ci sia qualcosa che non quadra, vedi? Non vorrei sbagliarmi ma ci sono più uscite che entrate.

– Sarà uno storno di pagamento.

Anton scuote la testa. – La cifra è troppo alta. Devo ricontrollare tutto. Sei sicuro di avermi dato tutti gli aggiornamenti dei movimenti, due giorni fa? Anche quelli della tua joint venture in Corea?

Quentin gli sfila veloce il foglio dalle mani. – Lascia che me ne occupi io. Sei stanco, lavori troppo ultimamente. Di certo ti sarà sfuggito qualcosa.

– Ma... devo fare partire il pagamento degli stipendi e quel grosso acquisto di opere per le sale espositive che aprirai alla vincita dell'appalto, e se c'è qualche problema devo saperlo subito...

Quentin lo fa sollevare dalla sedia e lo spinge verso la porta. – Me ne occupo io, ok? E "se c'è qualche problema", lo risolveremo, come sempre. Va' a dormire, adesso.

– No, – fa Anton pensoso, – voglio andare da lui.

– Lo vuoi un consiglio? – fa Quentin prendendo in mano il telefono. – Togliti lo sfizio con quel clochard e poi passa ad altro. Ci sono tanti pesci nel mare che valgono molto di più.

– Cazzo, Quentin! – sbotta lui ad alta voce. – Non riesci a spegnere ogni tanto quel tuo insopportabile cinismo!

Il fratello solleva lo sguardo e lo fissa con l'ombra di un sorriso. – E mettiti del fondotinta... che hai le occhiaie verdi!

Anton si acciglia, imbronciato. – Io non metto fondotinta, zut, Quentin, non trattarmi da frocio!

Questi solleva le mani in segno di resa, mentre già comincia a parlare fitto di conti e cifre con la banca.

Anton esce di là scuotendo la testa.




Come petali di Veronica persicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora