Anton apre la serratura della dependance, che scivola di lato con un cigolio. Erano settimane che non ci entrava. La sua officina, la sua bottega d'arte. Il suo luogo segreto dove connettersi alle sensazioni più labili, evanescenti, e trascinarle nel mondo, dandovi forma e colore.
Passeggia piano, affiancato da dipinti e sculture incompiuti o appena abbozzati: creature di sogno naufragate nel reale, in bilico tra i due mondi. Ha un altro atelier simile a Lione ed è l'unico altro punto sulla Terra dove lui si senta completo, al sicuro, se stesso. "No", si dice, mentre sfiora uno dei suoi lavori, "da alcune settimane, si è aggiungo un terzo punto".
Alex.
Alessandro è rapidamente diventato la sua terra ferma, lo scoglio da cui rapire gocce di felicità. Felicità, sì, rubata a una realtà fredda e spietata. Cinquecento milioni di euro. Si massaggia una mano sul volto. Non pensa tanto alla delusione che daranno al padre e a tutti i parenti in Francia, quanto alle persone che lavorano per loro, e alle rispettive famiglie. Se si arriverà al peggio, dovranno chiudere bottega, ridurre il personale al minimo, bloccare tutti i progetti. Quel "rischio calcolato" del suo intraprendente fratello maggiore, quel suo vivere di competizioni, rovinerà intere famiglie.
"E io, come direttore generale, ne sono responsabile" pensa. E chiude gli occhi. Chiude gli occhi a quei sogni, che ora lo circondano, perché sente che non ha più il diritto di sognarli. Non quando la Lacroix Art et Vision li sta rubando ad altri.
– Je vais tout résoudre! (="Risolverò tutto!") – esclama a se stesso, già cominciando a organizzare a mente la vendita della villa, delle sue opere d'arte e di tutte le proprietà; già cominciando a pensare a cosa fare quando la settimana di tempo che Quentin gli ha chiesto finirà.
Tossisce e si passa una mano sulla gola, d'un tratto ha molta sete. In quel momento suona il cellulare. La voce di Alex fa sussultare il suo cuore di sollievo. – Dove sei, Antonio?
– Sono nella dependance. A casa, – spiega con calma, mentre assesta un telone che ricopre un lavoro in marmo. – Avevo bisogno di svuotare la mente. Dove sei stato? Sono passato a casa tua, ma non c'eri, e nemmeno Gemma aveva tue notizie. Mi ha detto che le hai lasciato la spesa davanti alla porta senza nemmeno salutarla. – Fa una pausa. – Sei in affanno, è successo qualcosa?
– Sì, è successo qualcosa! – la sua voce esplode incrinata. – È successo qualcosa, Anton, e devo andarmene.
– Andartene? Andare dove?
– Lontano. Devo fare perdere le mie tracce.
– Cosa? – Anton si sente gelare. – Dove sei?
– A casa, sto facendo le valige.
– Valige...? Alex, dimmi cosa sta succedendo, ti sento sconvolto!
– Questioni di lavoro, ho... sono in guai grossi. Guai legali.
Anton resta qualche secondo in silenzio, si massaggia il volto cercando di rimanere lucido mentre sente il suo corpo vacillare per la stanchezza. – Beh, se è così, ti aiuterò, non preoccuparti. Abbiamo un'ottima equipe di avvocati in azienda e Stefano di certo ti prenderà sotto le sue ali. Ti raggiungo subito, lasciami solo chiudere la...
– No, non ti azzardare! – sbotta Alex. – Non voglio coinvolgere la tua famiglia in tutto questo! Rischio un'accusa di hackeraggio, rischio quattro anni di carcere! – La sua voce comincia a tremare incontrollabile. – Mio padre... mio padre potrebbe uscire di prigione, se verrà a casa mia io... d...devo avvisare mia madre... Oddio.
– Non perdere la testa, – replica lui. – Parliamone e risolviamola insieme. – Raccoglie la sua giacca e si appresta a uscire.
– Non c'è nessun "insieme"! – scatta Alex spietato.
Anton si blocca. – Alessandro...
– È stato un bel sogno, Antonio, ma dobbiamo svegliarci.
– Ma noi...
– Noi... non siamo importanti. Devi dimenticarmi.
Lui deglutisce a vuoto. Non può essere serio. Non lo sta lasciando davvero. – Cosa dici?
– Non... fidarti di Quentin.
Anton annaspa incapace di seguirlo. – Qu'est-ce que ça veut dire? Che significa questo, Alex? Stai sragionando, cosa c'entra adesso Quentin?
– Tuo fratello non è la persona che credi...
– E pensi che questa spiegazione mi basti? – la sua voce riecheggia nella sala, rimbalzando tra gesso e tempera.
– Deve bastare! Deve, perché non voglio... non... – ansima, – non deve farti del male per causa mia! Solo che io non posso farlo... non posso proprio...
– Alex... io... questo è troppo. Devi aiutarmi a capire. Devi... – D'un tratto ha un lampo. – Che ha fatto Quentin? Ti ha minacciato, forse? Ti ha chiesto di fare qualcosa?
– Io... ho pochissimo tempo, Anton. Devo fuggire, devo andarmene subito! Non sarò il tuo punto debole. Non gli permetterò di ricattarmi al punto da non avere scelta. Mi dispiace, davvero, ma questo è l'unico modo che riesco a trovare per proteggerti. Non cercarmi più, non chiamarmi. E non fidarti di lui. Non fidarti, capisci?
Anton stringe a forza il cellulare tra le dita. – Alex, vengo da te!
– No! Sto già uscendo. È finita, Antonio. – Alex chiude di getto il battente di casa, reggendo una piccola valigia; dà una rapida occhiata alla porta di Gemma e sente gli occhi riempirsi di lacrime.
Comincia a scendere le scale, quando vede una sagoma risalire a passo pesante. E si blocca di colpo. Il sangue ghiacciato nelle vene. – Papà! – dice mentre il cellulare gli scivola di mano e cade a terra.

STAI LEGGENDO
Come petali di Veronica persica
RomanceCosa faresti se la tua anima gemella facesse proprio il lavoro che ti terrorizza? Il famoso artista Anton Lacroix e il genio informatico Alessandro Spada, affetto da Sindrome di Stendhal, si incontrano nel museo di un castello, dove gli spettacolar...