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Il giorno dopo piove e tempesta. Sembra che tutta l'energia dell'autunno, accumulata in quelle settimane di sole eccezionale, abbia deciso di riversarsi finalmente sulla terra. La temperatura scende al punto che Anton dà ordine ai domestici di accendere il riscaldamento e il grande caminetto del soggiorno. Vede l'auto del fratello allontanarsi rapida lungo il viale d'ingresso per recarsi al lavoro. Fa colazione insieme a Gérart e Francoise, la quale si scusa per il pessimo comportamento del marito la sera prima.

– Poi si è calmato e si è reso conto di avere esagerato, – spiega, – mi ha detto che è preoccupato. Ti vede troppo preso questa volta. Non ti ha mai visto fare così sul serio. Il craint que vous ne soyez blessé. (="Teme che tu possa essere ferito")

Anton ingoia la sua colazione con amarezza. – Per il momento, l'unico ferito è Alessandro, che ha assistito all'inciviltà della nostra famiglia. E l'unica preoccupazione di Quentin è che questa cosa mi possa distrarre dal lavoro.

– Nino, lo sai com'è fatto. Non è capace di... – stringe le labbra. – Comunque, ha detto che alla prima occasione gli porgerà le sue scuse.

– Io so com'è fatto, ma Alessandro no. Farà bene a mantenere la parola o questa volta mi arrabbierò molto con lui.

– Anch'io mi arrabbio con lui! – interloquisce Gérart.

– Tu vedi di fare il bravo, – lo redarguisce Anton con un mezzo sorriso. – E lascia in pace Alex. Non è venuto qui per giocare con te, capito?

– Ah ok, zio, allora lo lascio giocare con te.

Scoppiano tutti a ridere.

– Dov'è, a proposito? – fa Francoise terminando il suo cappuccino.

Il volto di Anton si fa serio. – Ieri sera, dopo cena, si è ritirato presto, mi ha detto che doveva lavorare.

– Sembra un bravo ragazzo, Nino, – fa lei posandogli una mano sul polso, – e se è riuscito a sopravvivere alla serata di ieri... ti consiglio di non fartelo scappare. – Si alza in piedi facendo un cenno al figlio. – Andiamo, Gé, che i tuoi amici dell'associazione ti aspettano. Ricordi che ti hanno invitato a passare la domenica con loro? – Prima di uscire si volta e sussurra con un sorriso eloquente: – Quentin rientra tardi questa sera e io resterò fuori tutto il giorno. Avete la casa tutta per voi.

Anton le sorride di rimando. – Grazie, Fran.

Termina la colazione e con calma rientra verso la loro ala di appartamenti. Vuole controllare se i termosifoni siano accesi anche da Alex. Bussa piano e, trovando la porta accostata, entra nel piccolo salottino antistante alla camera da letto. La luce del mattino filtra dalle finestre e illumina lo scrittoio, dove trova il notebook di Alex in stand-by e lui addormentato con la faccia premuta contro il mouse. Indossa ancora i vestiti del giorno prima.

Anton si toglie le ciabatte da casa e si accosta piano a tastare i termosifoni. Li trova freddi, come aveva sospettato; gira le manopole per accenderli e aspetta qualche secondo per avere la conferma che il riscaldamento sia partito. Attraversa silenzioso la stanza e va in camera, quindi torna nel salottino e drappeggia una coperta sulle spalle di Alex, che fa un sospiro profondo ma non si sveglia.

Sbircia una ventina di fogli scritti fitto fitto con formule, grafici, commenti, e si rende conto che deve avere lavorato come un pazzo per tutta la notte. Quelli non sembrano proprio i "piccoli ingaggi" di cui parlava a cena.

Resta a guardarlo per qualche minuto. I capelli neri gli sono scivolati su fronte e viso, come tracce di carboncino su un foglio immacolato; ha un braccio piegato sulla scrivania, l'altro abbandonato su una gamba. Prova un'emozione così forte nei suoi confronti, che deve fare forza su se stesso per non sfiorare quella guancia arrossata in una carezza.

Reprime un sospiro di frustrazione ed esce senza fare rumore. Si mette a lavorare in soggiorno, davanti al caminetto, mentre i domestici si industriano a pulire casa fermandosi ogni tanto a chiacchierare con lui. Smista alcune mail e fa delle chiamate di lavoro, finché verso le 11:00 non lo vede entrare dal porticato, massaggiandosi le braccia, strette al corpo per il gran freddo.

– Bentrovato! Buongiorno! – esclama Anton improvvisamente emozionato.

La sua attesa viene ripagata all'istante da un sorriso speciale e un po' imbarazzato. – Ciao, Antonio, scusa, ho dormito troppo. E grazie per la coperta... – Ha i capelli scompigliati e un ciuffetto sparato in verticale al centro della testa, come un'antenna.

Lui arriccia gli occhi divertito e gli si avvicina, inclina il viso e fa per allungare la mano ad aggiustarglielo, ma cambia idea, temendo di turbarlo e la dirige sul suo braccio, invece, che sfiora leggermente sentendolo tremare. Si sfila rapido il suo cardigan e glielo drappeggia sulle spalle.

– Antonio, non serve, davvero! – protesta lui.

– Serve, eccome! Fa un freddo cane oggi. Vieni, ho fatto preparare il brunch nel mio salotto privato, c'è una splendida vista sul parco e un caminetto acceso. Hai fame?

Alex annuisce, massaggiandosi i capelli e rimettendoli a posto senza rendersene conto. – Da morire!

Escono nel porticato e si dirigono all'edificio sulla sinistra. Il salotto di Anton è quasi interamente finestrato, ricoperto da un folto tappeto color avorio e comodissimi divanetti e poltroncine in tinte chiare. Dall'esterno, il verdeggiare del parco e lo scroscio della pioggia entrano di prepotenza, ammansiti dal calore intenso del caminetto, acceso a tutto regime.

Seduti a un tavolino, accanto alle vetrate, consumano una deliziosa colazione a base di torte fatte in casa, crepes salate, formaggi caserecci, verdurine, caffè e succo d'arancia.

Anton sbocconcella qua e là, attento a non esagerare con i carboidrati per il suo regime nutrizionale speciale, ammirando invece l'appetito dell'altro, la spontanea eleganza con cui si porta il cibo alla bocca, la delicatezza con cui sfiora e tocca ogni oggetto. Pensando che vorrebbe essere quella tazzina, adesso, quella tazzina dalla quale Alessandro sta bevendo in questo momento. Si schiarisce la voce, cercando di riprendere il controllo, mentre questi si lecca le labbra soddisfatto.

– Alessandro, volevo scusarmi per quanto accaduto ieri sera. Sono mortificato.

Alex agita una mano a scacciare quelle parole e termina di masticare un pezzetto di formaggio. – Tranquillo. Non me la sono presa, ma mi dispiace per Gérart: anche se ha problemi cognitivi, non significa che non soffra per il modo in cui lo tratta suo padre.

– È un punto dolente, – sospira Anton. – Quentin vede in mio nipote il fallimento del suo essere uomo. È uno stronzo infantile che non ha capito niente della vita. Vuole solo dimostrare a nostro padre di essere "il degno primogenito" del prestigioso casato Lacroix, come se questo volesse poi dire qualcosa! Trascura Francoise, che sta lentamente acquistando la santità a causa sua, e abbatte su Gé tutta la sua frustrazione, solo perché sa che non può difendersi.

Alex si asciuga la bocca e appoggia il tovagliolo accanto al piatto. Reclina la schiena all'indietro sulla poltroncina, guardando fuori. – Tuo nipote è una roccia, – poi sorride e mormora tra sé e sé, – una delle tue pietre, con quel calore speciale che solo un vero artista sa rivelare.

La pioggia scivola sul vetro e sembra sfiorare anche quegli occhi impossibili, che sanno di glicine e lavanda, sdrucciolando poi sulla bocca, crepata dai ricordi.



Come petali di Veronica persicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora