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– L'ho fatto quando avevo diciassette anni.

– Come....? Come è possibile?

Si trovano di mezzo passo oltre la soglia della camera da letto di Anton. Questi si è accostato ad Alex, coprendogli la vista di parte del dipinto con il suo corpo, per aiutarlo.

Ciglia nerissime tremolano e due lucide ametiste lo cercano stupefatte.

– Non ti conoscevo, non ti ho mai visto, – si affretta a dire a quella muta domanda, – se non nei miei sogni.

– S... sogni?

– Io... ti ho sognato, molto prima di incontrarti. Fin da ragazzino io... ti ho visto... ti ho visto molte volte.

– E cosa hai visto di me?

Anton si rabbuia. – Eri in una grande villa, circondato da statue. – Alex si irrigidisce a quelle parole. – Chiedevi aiuto, ma eri completamente da solo. Nel sogno io cercavo di raggiungerti... ma le statue me lo impedivano. E tu...

– Io?

– Tu mi dicevi di lasciare perdere. Mi dicevi... che non ne valeva la pena. Ma più lo facevi, più io mi intestardivo e cercavo di liberarti. Mi svegliavo sempre in un bagno di sudore.

– Quante... quante volte mi hai sognato?

– Da ragazzino quasi ogni notte per un anno intero, poi di tanto in tanto, almeno una volta al mese, fino a quando non ti ho incontrato di persona in quel museo. È per questo che ho ritratto il tuo viso: ormai lo conoscevo a memoria. E quando ti ho visto alla mostra di fronte a quella statua io... mi sono sentito perdere. Ero curioso di conoscerti, ma più parlavo con te più ritrovavo la stessa identica sensazione di quel sogno.

Alex annuisce. – Ti facevo pietà, giusto.

– No, tutto il contrario! Ti ammiravo, invece. Vedi, nel mio sogno, tu eri, sì, circondato dalle statue, ma non chiedevi aiuto, non ti disperavi: restavi là in piedi a fronteggiarle, ben sapendo di essere più debole di loro. Ben sapendo che avresti perso. E io ti ho... amato da subito.

Alex abbassa lo sguardo. – Antonio, io sono molto diverso dal ragazzo di quel sogno. Posso capire il tuo turbamento nel vedere materializzata un'immagine della tua mente, ma non puoi confondermi con quella.

– Certo, tu sei molto meglio! Perché sei reale! – Lo prende per le spalle e lo guarda: – Sei reale, per me. Esisti. Lo capisci, questo?

– Lasciami, per favore.

Le sue mani si staccano subito. – Mi dispiace se ti ho sconvolto, io...

– Allontanati un poco, vuoi?

Anton si acciglia e si scosta di un paio di passi. Alex fa un sospiro profondo e solleva la testa verso il quadro. – Resta lì, non muoverti, per favore. – Lui non capisce cosa stia succedendo, se non quando vede Alex avanzare verso il dipinto. E trattiene il fiato.

Alex lo sa che è stupido, lo sa, ma sente che forse potrebbe riuscirci. Avanza di un passo, poi un altro. La cornice dorata del dipinto comincia a ingigantirsi e incombere su di lui minacciosa, ma la figura ritratta al suo interno, lo sguardo d'amore che irraggia, riescono ad attenuare quella sensazione. "Voglio toccarlo", dice la sua mente. "Voglio toccarlo", ripete.

Si ritrova vicino, così vicino che il cuore comincia a pulsare nelle tempie e lo stomaco gli si aggroviglia in un nugolo d'ansia. Trae un respiro, che somiglia di più a un rantolo, e allunga una mano, pesante come piombo. Non appena i suoi polpastrelli sfiorano la superficie ruvida, sente quei colori invadergli la pelle, entrare attraverso il braccio e scivolargli in gola. Viene invaso, posseduto. Blu oltremare e magenta * entrano in ogni sua cellula.

Come petali di Veronica persicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora