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Il suono del campanello.

Alex fa capolino quando Gemma va ad aprire. Varca la soglia con il fiatone, reggendo due borse voluminose e una cassa d'acqua da sei bottiglie che appoggia sul pavimento con un tonfo pesante. Le porge lo scontrino, scostandosi una ciocca corvina dagli occhi e tirandosi le maniche della felpa ai gomiti. Con un gesto ben poco aggraziato, si tira su i pantaloni che gli stavano cadendo sul giro vita troppo magro. – Ecco la tua spesa, non ho trovato la tinta per capelli, però: mi avevi detto "castano procione", ma davvero non c'è, ci ho perso la vita, ho guardato ogni confezione. Ho anche chiesto ai commessi.

Uno scappellotto sulla nuca lo fa scartare di lato. – Ti avevo detto "marrone", qualsiasi tinta sul marrone andava bene! Quale cavolo di "procione"! Dio, e pensare che dicono a me di mettere le protesi all'udito!

Alex si massaggia il collo, dispiaciuto. – Scusa, Gemma, ti metto via la roba e torno a prenderla. Poi però devo tornare a lavorare, ho delle scadenze tassative e non posso perdere questi ingaggi.

Lei gli allunga i soldi spesi. – Lascia stare la tinta, hai un ospite. Non lo saluti?

Alex segue il cenno che Gemma gli fa con la mano e i suoi incredibili occhi viola si spalancano stupefatti alla vista di Anton in piedi al centro del soggiorno, che lo guarda con un'aria piuttosto provata.

– ...Che ci fai tu qui! – sbotta d'istinto.

– Ciao, Alessandro. – La sua voce gentile e la presenza elegante sembrano del tutto incongruenti in quel salottino stinto dall'arredo kitsch, impregnato della colorata personalità di Gemma. Alex ha quasi l'istinto di correre a salvarlo e trascinarlo subito via da lì, se non fosse che sta ancora tentando di elaborare quella visita inaspettata. Poi ricorda di avere dato l'ultimo biglietto da visita al fratello, dove, contrariamente agli altri, più nuovi e discreti, aveva ancora stampigliato il suo indirizzo.

Un silenzio imbarazzato cala nella stanza, mentre entrambi si fissano non sapendo che dire.

– E basta là! Andate a guardarvi fuori da casa mia, per piacere! – Gemma dà una gomitata ad Alex, afferra Anton per un braccio e spintona entrambi fuori dalla porta, che chiude loro in faccia senza tante cerimonie.

Storditi e a sguardo basso, si spostano lentamente davanti all'appartamento di Alex.

– C... che ci fai qui, Antonio? – esordisce questi accigliato. – Che ci facevi da Gemma?

Anton fa un sorriso delicato. – La tua amica mi ha tenuto compagnia, mentre ti aspettavo. Volevo vederti. Posso entrare?

Alex ha un sussulto e si para di fronte alla porta. – No!

Lui lo fissa perplesso e si umetta le labbra. – Vorrei parlarti, ma preferirei farlo in privato... se possibile.

Alex scuote la testa, inamovibile. – Non puoi entrare. No.

Uno scintillio divertito sfiora il suo sguardo. – Ti va se... ci mettiamo nella mia auto, allora, o preferisci andare in un bar?

– Perché?

Anton si strofina il naso, quindi ficca una mano in tasca. – Sai, ho passato la mattinata sotto interrogatorio, e in questo momento mi sento come un questuante che chiede un'offerta ai piedi di una chiesa...

Alex apre la bocca a mezzo, quindi la richiude, ammirando quell'uomo magnifico e pieno di carisma, sostare senza problemi sul pianerottolo di casa sua con la pazienza di un certosino. Abbassa lo sguardo. – Io non so di cosa dovremmo parlare. Ecco tutto.

Anton si avvicina di mezzo passo, costringendolo a premere la schiena contro la porta. – Permettimi di illustrarti una sintesi incisiva: mi piaci, Alex. Mi piaci molto. Vorrei provare a conoscerti meglio, se me lo permetti.

Come petali di Veronica persicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora