I - Villa Malfoy

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- Elysia!- chiamò una voce, svegliandola di soprassalto, facendola cadere rovinosamente dal divano.
- Muoviti- urlò ancora, fissandola con i suoi occhi grigio ghiaccio.
- Sono molto meglio gli elfi domestici- borbottò il ragazzo, allontanandosi impettito.
Erano dodici anni che la ragazza viveva con quella famiglia, che viveva con i Malfoy, in quanto fossero gli unici in grado di mantenerla, ma soprattutto che erano gli unici parenti che le rimanevano.
La giovane Black si alzò a fatica dal divano, massaggiandosi la schiena dolorante.
Non solo doveva sopportare quell'antipatico di un Malfoy, ma doveva anche preparargli da mangiare, a tutta la famiglia, aiutare gli elfi domestici in tutte le faccende che vi erano in casa e a volte comprendevano anche andare a pulire il giardino anche con cinque gradi sotto zero.
Era già buono che la lasciavano dormire sul divano.
I capelli neri tutti arruffati sembravano avere vita propria, come sempre la mattina.
Si incamminò mogia mogia verso le cucine, ignorando gli avvertimenti di quella zia che non aveva mai considerato tale, che sembrava però l'unica che si preoccupasse per la giovane almeno un minimo indispensabile.
Era grazie a lei che non dormiva per terra o nella stalla, era grazie a lei se a pranzo e a cena mangiava qualcosa di sostanzioso e non pane e acqua come a volte le capitava prima che intervenisse la donna, ed era sempre lei che aveva insistito per lasciarla dormire almeno per quattro o cinque ore, quindi di svegliarla alle cinque e non alle tre come stavano programmando.
Si riscosse dai suoi pensieri, accorgendosi di aver bruciato tutto.
Non vedeva l'ora di tornare a scuola, per togliersi dai piedi quel viziato di Malfoy.
- Dobby, Dobby- chiamò, sussurrando appena, sapendo che però l'avrebbe sentita comunque.
Harry Potter lo aveva liberato l'anno prima, ma non per questo non rispondeva quando lei lo chiamava, bisognosa di aiuto.
- Ha chiamato Dobby signorina Elysia Black signora?- domandò avvicinandosi.
- Oh, sì Dobby. Sto facendo un pasticcio con la colazione e sai bene come diventano se sbaglio qualcosa di così fondamentale come i pasti- disse, levando gli occhi verso il piano di sopra.
- Dobby aiuta signorina, Dobby pulisce- detto questo, con un dito della mano fece sparire tutto il bruciato residuo dalle pentole, quello che la giovane non riusciva a fare andare via.
- Grazie Dobby, mi hai salvato da tre notti in giardino- disse, rabbrividendo solo al pensiero.
- Dobby aiuta signorina, signorina Elysia Black è amica del signor Harry Potter signore. Per Dobby è stato un piacere rivederla signorina Black signorina- detto questo scomparve con un sonoro Poff.
Prima che qualcuno se ne accorgesse si rimise a preparare, benedicendo Dobby in tutte le lingue che conosceva.
Di certo l'istruzione non le mancava, le poteva mancare la libertà, ma l'istruzione no di certo.
Essendo una Black, nonostante il padre Grifondoro, per i Malfoy era ancora "Recuperabile", o almeno fino a che non venne smistata nella stessa casa del padre.
Allora, da quel momento, avevamo cominciato a complicarle ancora di più la vita, non che prima gliela rendessero facile, soprattutto il rampollo dei Malfoy.
Prese in mano i piatti, portandoli nella sala dove mangiavano.
Si sedette in disparte, sbocconcellando le sue uova.
- Allora Elysia, hai saputo la notizia.- domandò con quella solita voce strascicata, come annoiata, Draco.
- No- disse, come se non sapesse che non usciva più da due anni se non per andare ad Hogwarts.
- Il tuo caro paparino traditore è evaso da Azkaban, seminando panico e scompiglio nel mondo magico e Babbano- disse, con un ghigno odioso stampato in volto, vittorioso.
Lei non vi badò più, semplicemente rispose - Non è mio padre- detto questo si chiuse in un mutismo ostinato, fino a che Narcissa Malfoy si accorse della situazione e cercò di intervenire come poteva.
- Ragazzi, non pensateci adesso a queste cose, piuttosto, dovreste aver già ricevuto la lettera per Hogwarts.
- Sì, l'ho ricevuta questa mattina- disse Draco tutto trionfante - Ma suppongo che la traditrice del suo sangue non l'abbia ancora ricevuta, devono aver capito ad Hogwarts che non c'è posto per certa feccia, o te l'avrebbero mandata prima. La mandano per ultimi solo ai peggiori, a quelli che secondo loro non riusciranno a fare in tempo e ci sperano anche i professori.
- Quindi mi stai dicendo che secondo i professori non dovresti tornare ad Hogwarts, no perché non hanno mica tutti i torti- disse, non potendone più di starsene zitta e subire, subire gli insulti del ragazzo solo perché c'erano i suoi genitori nella stessa stanza - Sai, a me è arrivata il mese scorso- disse, ghignando malandrina e svendolandogli sotto il naso la lettera, scritta ad inchiostro verde, con il sigillo di ceralacca rossa con lo stemma della più prestigiosa scuola di Magia e Stregoneria.
Lui parve sul punto di replicare, ma venne fermato da un'occhiata del padre, che sollevò solo per quell'istante gli occhi dal giornale per incastrarli in quelli uguali del figlio.
"È uguale a lui" pensò con amarezza la donna, osservando la nipote con ancora quel ghigno uguale a quello del cugino dipinto in volto, lo sguardo fiero puntato su Draco "Speriamo non faccia le stesse scelte" completò il pensiero.
"Gli somiglianza già fin troppo" pensò ancora, ricordando con orrore lieve la casata dov'era stata smistata.
Grifondoro.
- Dovreste firmarmi l'autorizzazione per andare ad Hogsmead- disse Draco, passando foglio e penna la padre che lo compilò senza neanche pensarci su due volte, a momenti senza neanche guardarvi o badarci.
- Proteste firmarlo anche a me?- domandò titubante la ragazza alla donna che aveva impedito al Ministero di ucciderla.
- Io...- fece per dire la donna, allungando una mano verso il foglio, ma venne fermata da un'occhiata del marito.
Sospirò, scuotendo la testa.
- Credevi veramente che ti avrei lasciata andare ad Hogsmead con tuo padre in circolazione?- domandò con un ghigno beffardo l'uomo, scrutandola attentamente.
Lei non rispose, si limitò a scuotere la testa, ma senza mai abbassare lo sguardo, ricordando un poco a Narcissa l'eleganza dei Black e la loro fierezza.
Continuava ad osservare negli occhi l'uomo irrorandolo altamente.
Era finita con i Malfoy perché i nonni non la volevano, soprattutto la nonna, Walburga Black, che portava verso la ragazza lo stesso odio che provava verso il figlio maggiore, Sirius Black, che veniva apertamente ricambiato da entrambi allo stesso livello, forse maggiore, nonostante lei l'abbia incontrata ben poche volte, ma era stata capace di affliggere la cruciatus all'età di cinque anni, poco prima della sua morte, avvenuta qualche tempo dopo.
Si riscosse dai suoi pensieri, sparecchiando la tavola, per poi filare in bagno a cambiarsi su ordine della zia.
Uscì di corsa, trattenendosi a stento dallo saltare di gioia.
Si avvicinò alla donna, che la prese per mano, e tutti e quattro insieme si smaterializzarono.
Arrivarono in una strada gremita di gente e persone.
Si avviarono verso la Gringott.
Passarono prima da quella dei Malfoy, andando poi nella 711, dei Black, visto che fu chiesto esplicitamente dal Black prigioniero poco dopo la sua cattura.
I Malfoy, dal canto loro, non ci pensavano minimamente a pagare le spese della scuola alla ragazza, in quanto fosse una traditrice del suo sangue per le sue idee a parer loro.
Passando per le strade di Diagon Alley incontrarono tre ragazzi intenti a parlare animatamente fra di loro.
Uno strano groppo in gola le si formò quando ripensò al fatto che lei non aveva quasi nessun amico per via suo padre.
Andarono da "Madame Malkin: abiti per tutte le occasioni".
Vennero fatti avvicinare ad uno sgabello per uno, per poi farceli salire sopra, mentre i genitori del ragazzo uscivano a prendere gli ingredienti per le pozioni.
In piedi sullo sgabello accanto a quello della giovane si trovava un ragazzo dai capelli neri tutti scompigliati e gli occhi verdi smeraldo riflessi sulla superfice dello specchio dinanzi a lui.
In fronte portava una ciccatrice a forma di saetta, ma alla ragazza non serviva quella per riconoscere il suo amico.
- Harry!- chiamò lei, mentre lui si girava e le sorrideva radioso e felice.
Poi dal suo sguardo si capì che non aveva notato fino a quel momento Draco Malfoy che era in piedi accanto alla ragazza, con suo sommo dispiacere.
- Elysia- salutò lui, sorridendole ancora, senza smettere di lanciare occhiate furtive a quello che sembrava un furetto a detta della così chiamata 'Mione.
- Ma non te ne sei ancora andata di casa?- domandò lui stupito, ricordando le parole dell'amica l'ultimo giorno di scuola dell'anno prima.
Il treno sbuffava, richiamando a sé gli studenti ed il professore che tornava.
Una volta preso posto la solita domanda alleggiava nello scompartimento dei quattro ragazzi.
- Voi che cosa fate quest'estate?- domandò Ron, esprimendo a parole ciò che nessuno aveva ancora detto.
- Io andrò in Francia- disse Hermione, sorridendo giovale all'idea di visitare nuovi posti e di conoscere cose nuove.
- Io starò dai Dursley invece- disse Harry, cupo e mogio.
- Io ancora non lo so, ma credo che rimarrò anche io a casa- disse Ron, non sapendo ancora che sarebbero andati in Egitto dal fratello Bill.
- Io invece rimarrò tutta l'estate a Villa Malfoy, sgobbando come un elfo domestico, rimanendo chiusa in casa mentre loro vanno in giro- ringhiò la Black, furiosa contro quella famiglia.
Che senso aveva tenerla se poi la trattavano da cani, letteralmente? Tutti e tre in quello scompartimento sapevano quanto fosse faticoso per la ragazza rimanere chiusa in casa, in quanto necessitasse di una libertà estrema, sempre, se no rischiava di impazzire. Veramente. Facendo poi impazzire anche tutti gli altri, tutte le altre persone che la circondavano, che erano comunque poche, e che le stavano intorno.
- Senti, ti direi, vieni da me, se non fosse per i Dursley- disse, sempre più cupo Harry, sapendo bene che la ragazza fosse più o meno nella sua stessa situazione, solo segregata in casa.
- Io un giorno scappò veramente di casa- borbottò lei, inviperita con quella famiglia che insisteva nel farla restare con loro.
- Dai, non serve saltare a conclusioni così affrettate- disse Ron - Un tetto sopra la testa per ora ce l'hai, e che tetto- continuò, sotto lo sguardo fulminante dei suoi due migliori amici.
- Tu non capisci Ronald, tu non vieni e non vivi da una famiglia di Mangiamorte, non sai che cosa vuol dire sentire sempre, tutto il giorno di tutti i gironi, ogni istante libero, le lodi al Signore Oscuro, l'odio verso i Babbani, i Mezzosangue, i Nati Babbani ed i Traditori del loro Sangue come me e te. Essere circondati da persone che odiano e che non sanno amare, che sono fissati con la "purezza di sangue".
È una cosa orribile Ron, e non auguro a nessuno di provarlo, senti l'odio sfiorarti la pelle, accarezzarti il volto, cercando di penetrare nel tuo cuore, ma devi combattere con te stesso per non provarlo, e fare ciò a due anni, tre anni è una cosa quasi impossibile da sopportare, una lenta tortura a cui vieni sottoposto giorno dopo giorno.- finì, concludendo il suo monologo, liberandosi di ciò che la opprimeva da tempo, lasciando cadere la sua maschera di indifferenza e arroganza quasi, di quella finzione che la faceva sembrare sempre scherzosa ed incapace di fare e formulare un discorso serio, solo qualche parola messa di fila per fare battute sarcastiche o stuzzicare le Serpi.
Lasciò scioccati tutti e tre i suoi amici, mentre lei scuoteva la testa, come per scacciare un pensiero orripilante e quando tornò a guardare i tre ragazzi seduti accanto e difronte a lei era tornata ad essere una maschera di freddezza ed indifferenza sull'argomento.
- Senti, dimentica quello che ti ho detto, dimenticatelo tutti e tre. Mi sono fatta scappare troppo. Ora scusate, devo andare a controllare una cosa.- detto questo fece per uscire, ma una mano la trattenne per un polso.
Posò lo sguardo sugli occhi smeraldini che le chiedevano di essere sincera, sincera fino in fondo.
- Elysia, sei sul serio convinta di ciò che vuoi fare, vuoi veramente scappare di casa?
- Cum venit tempus- rispose semplicemente lei, lasciandolo lì, così, con quella frase detta in latino che gli rimbombava come una cantilena nella mente, una litania menosa e mogia, ma al contempo venata di speranza, che cercava di insinuarsi nella testa del ragazzo.
Detto questo uscì dallo scompartimento, chiudendosi la porta alle spalle, i capelli neri che ondeggiavano ad ogni passo.
- Cum venit tempus- ripeté ancora la giovane, fissando divertita lo stupore dipinto sul volto del Prescelto.
- Ci vediamo ad Hogwarts quindi?- domandò lui, sapendo già la risposta. Non le avrebbero mai permesso di allontanarsi da casa prima del rientro a scuola.
- Si- disse cupa, il tono di voce mogio che si rifletteva negli occhi tempesta di lei.
- Fatto, andiamo Elysia- disse imperioso Draco, facendole cenno con la testa.
Effettivamente le divise nuove le avevano prese, potevano andare.
Saltò giù dallo sgabello, uscendo poi con il cugino di secondo grado.
Salutò con un cenno del capo Harry ed un sorriso triste dipinto in volto, sapendo bene di non poter fare niente per evitare ciò, almeno in quel momento.

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