VII - Paure nascoste e bacchette pericolose

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La mattina dopo si svegliarono, rotti e devastati per il poco dormire.
Soprattutto due ragazze.
Erano rimaste sveglie senza farlo vedere a nessuno, a fissare il soffitto immerse ognuna nei propri pensieri.
Anche un'altra persona però, in un'altra parte del casello, non era riuscita a dormire.
Era la professoressa McGranitt.
Aveva sempre visto la giovane Black cresciuta con i Malfoy come una copia di suo padre, provando un leggero astio verso di lei, insensato, per ciò che aveva fatto suo padre, tutto il contrario dell'affetto che provava per Harry.
Ma quella mattina, in quella lezione di Trasfigurazione, l'aveva vista diversa, senza quella barriera che aveva a scudo e l'aveva quasi spaventata.
Perché vedere una Black così era qualcosa di grave e pericoloso.
Non sapeva mai cosa passasse per la testa di quella ragazza.
Sapeva che non aveva seguito il suo consiglio e si era avventurata nella foresta, ma in qualche modo sapeva che non era stata l'unica a notare la sua assenza e sapeva che quell'insegnante era andato a controllare.
Ciò che non sapeva era che in due professori erano andati a controllare.
Uno perché voleva assicurarsi che non fosse stata accerchiata dai Dissennatori, l'altro perché voleva assicurarsi che non fosse stava avvicinata da Sirius Black.
Ma nel resto della giornata non successe niente di grave o comunque degno di gran nota.
Ciò che va riportato successe dopo.
Malfoy non si ripresentò a lezione fino a martedì mattina tardi, quando i Serpeverde e i Grifondoro erano a metà della doppia ora di Pozioni. Entrò spavaldo nel sotterraneo, il braccio destro bendato e appeso al collo, con l'aria baldanzosa, almeno secondo Harry, di uno che è eroicamente sopravvissuto a una tremenda battaglia.
- Come va, Draco?- gli chiese Pansy Parkinson, tutta uno zucchero.
- Ti fa tanto male?-
- Sì- disse Malfoy inalberando un cipiglio coraggioso. Ma Harry lo vide strizzare l'occhio a Tiger e a Goyle quando Pansy distolse lo sguardo.
- Al posto, al posto- disse mollemente il professor Piton.
Harry vide Elysia Black trattenere a stento la mano, già esercitata a lanciare incantesimi all'insaputa di Piton.
Quel giorno stavano provando una nuova Pozione Restringente. Malfoy sistemò il suo paiolo vicino a Harry e Ron, che si trovarono così a dover preparare gli ingredienti sullo stesso tavolo.
- Signore- disse Malfoy, - signore, ho bisogno che qualcuno mi aiuti a tagliare queste radici di margherita, perché ho il braccio...-
«Weasley, taglia tu le radici a Malfoy» disse Piton senza alzare gli occhi.
Ron diventò paonazzo.
Seguì un'accesa discussione che la ragazza non seguì quasi minimamente.
Almeno fino a quando non fu costretto a dare il suo lavoro a suo cugino.
Non aveva grandi problemi a dare fastidio al professore, così propose a Ron di scambiare i loro lavori.
- Ma così ti ritroverai con una posizione orrenda- protestò Ron - Non mi metterà in punizione.
- Dai Ron- disse Elysia Black, ma fu interrotta dalla voce del professore.
- Non si scambiano i lavori, signorina Black- disse con voce strascicata.
- Dieci punti in meno a Grifondoro- disse annoiato, facendo ridacchiare Malfoy.
- Professor Piton- chiamò beffarda la ragazza, con già un piano in mente.
- Non ho capito come si deve preparare il lavoro, può spiegarlo? Sa, prima ha solo scritto alla lavagna, per dire- disse trattenendo le risate.
- Lo trovi divertente? Ma del resto è normale che tu non capisca l'arte del pozioni, anche il tuo amato paparino non riusciva a capirne il senso, per lui erano meglio le eplosioni- disse accennando ai giornali.
La ragazza diventò paonazza.
Si alzò in piedi, sfodernaod la bacchetta.
Non le importava se l'avrebbero espulsa.
Non le importava se Piton offendeva Sirius Black.
Non le importava di ciò che diceva, ma non poteva dire amato paparino.
O almeno, così si ripeteva.
Vide Piton tentennare, esitare nel muoversi.
Sapeva quanto fosse letale quella bacchetta, non l'aveva mai sperimentato di persona, ma al club dei duellanti aveva visto la ragazza stendere il suo avversario in meno di una mossa.
Gli occhi saettarono in tutte le direzioni, in cerca di una via di fuga senza destare scalpore nella classe.
Un ghigno malandrino scintillò sulla faccia della ragazza.
La classe era immersa nel più totale silenzio.
Avanzò, spedita, abbassando di un poco la bacchetta.
- Lei può offendere mio padre finché vuole, ma non si azzardi mai più a offedere me- lo minacciò la ragazza, lo sguardo fulminante.
Piton sembrò risvegliarsi.
- Come osi ragazzina, minacciarmi- disse avvicinandosi minaccioso.
- Che vuole fare? Espellermi?- domandò beffarda - Mi espella da Hogwarts, ma non credo che il Ministro sarà contento- disse uscendo, sbattendo la porta.
Il professor lupin non c'era quando arrivarono alla prima lezione di difesa contro le arti oscure. tutti presero posto, tirarono fuori i libri, le penne e le pergamene, e stavano chiacchierando quando finalmente l'insegnante entrò nell'aula. lupin sorrise in modo vago e posò la vecchia valigia tarlata sulla cattedra. era trasandato come sempre, ma aveva l'aria più sana che non sul treno, l'aria di uno che ha consumato qualche pasto come si deve.
- Buon pomeriggio- disse. 
- Vi prego di rimettere i libri nelle borse. Oggi faremo una lezione pratica. Vi occorrono solo le bacchette magiche-.
- Buongiorno professore- esclamò una voce entrando trafelata.
Una chioma nera come la notte comparve dalla porta, raccogliendo i libri che le erano caduti.
La cravatta messa storta dava l'idea che se la fosse allargata con un dito per riprendere fiato, i capelli scarmigliati ma comunque ordinati.
C'era lo stesso qualcosa di elegante anche nel suo essere così scomposta.
Quella vista fece mancate per un attimo il fiato al professore, che divide per un attimo non la sua figlioccia, ma quello che era stato il suo migliore amico.
Scosse la testa, riprendendosi dallo stupore iniziale.
- Non fa niente e metti via quei libri, oggi non serviranno- disse vedendola sorridere, con una luce malandrina negli occhi.
I ragazzi riposero i libri scambiandosi occhiate curiose. Non avevano mai seguito una lezione pratica di Difesa contro le Arti Oscure, a meno di non prendere in considerazione la lezione memorabile dell'anno prima, quando l'insegnante aveva portato in classe una gabbia di folletti e li aveva liberati.
- Bene- disse il professor Lupin quando tutti furono pronti, -se ora volete seguirmi...-
Perplessi ma interessati, i ragazzi si alzarono e seguirono il professor Lupin, che li guidò fuori dalla classe, lungo il corridoio deserto e oltre un angolo, dove la prima cosa che videro fu Pix il Poltergeist che fluttuava a mezz'aria a testa in giù e ficcava una gomma masticata nella toppa più vicina.
Pix fece finta di niente finché il professor Lupin non gli fu vicinissimo, poi agitò i piedi dalle dita arricciate e canticchiò:
- Pazzo, pazzo Lupin. Pazzo, lupesco Lupin, pazzo, lupesco Lupin...-
Per quanto in genere fosse maleducato e intrattabile, di solito Pix rispettava gli insegnanti. Tutti guardarono il professor Lupin per vedere come avrebbe risposto: con loro grande sorpresa, stava sorridendo.
- Se fossi in te, Pix, toglierei quella cicca dalla toppa- disse in tono amabile. 
- O Mastro Gazza non riuscirà a prendere le sue scope-.
Gazza era il custode di Hogwarts, un mago fallito dal pessimo carattere, perennemente in guerra contro gli studenti e anche contro Pix. Comunque, Pix non prestò attenzione alle parole del professor Lupin e, anzi, fece una fragorosa pernacchia spruzzando saliva dappertutto.
Il professor Lupin sospirò ed estrasse la bacchetta magica.
- Ecco un piccolo, utile incantesimo- disse rivolto alla classe. 
- Vi prego di osservare attentamente-.
Sollevò il braccio, disse
- Waddiwasi!- e puntò la bacchetta verso Pix.
La ragazza sorrise, riconoscendo il modo di fare nel ragazzo che faceva scherzi assieme a suo padre.
Con la forza di un proiettile, la pallottola di gomma da masticare schizzò fuori dalla toppa e s'infilò su per la narice sinistra di Pix, che sobbalzò e filò via imprecando.
- Forte, signore!- disse Dean Thomas stupefatto.
- Grazie, Dean- disse il professor Lupin mettendo via la bacchetta.
- Procediamo-.
Ripartirono. I ragazzi ora guardavano il trasandato professor Lupin con un nuovo rispetto. Lui li guidò lungo un secondo corridoio e si fermò davanti alla porta della sala professori.
- Entrate, prego- disse il professor Lupin aprendola.
La sala, una stanza lunga, rivestita di legno, piena di vecchie sedie scompagnate, era vuota, tranne che per un insegnante. Il professor Piton era seduto in una poltrona bassa, e alzò lo sguardo mentre la classe entrava. Aveva gli occhi scintillanti e una smorfia antipatica sul viso. Mentre il professor Lupin entrava e chiudeva la porta alle sue spalle, Piton disse:
- Lasciala aperta, Lupin. Preferisco non assistere-.
Si alzò e si allontanò, con il manto nero che fluttuava alle sue spalle. Giunto sulla soglia, si voltò e disse:
- Forse nessuno ti ha avvertito, Lupin, ma in questa classe c'è Neville Paciock. Ti consiglio di non affidargli compiti troppo difficili. A meno che la signorina Granger non gli borbotti suggerimenti nell'orecchio-.
Neville si fece paonazzo. Harry fissò Piton: era già abbastanza spiacevole che maltrattasse Neville durante le sue ore, figuriamoci davanti agli altri insegnanti.
Il professor Lupin inarcò le sopracciglia.
- Speravo che Neville mi assistesse nella prima fase dell'operazione- osservò, - e sono certo che lo farà egregiamente-.
   La faccia di Neville diventò se possibile ancora più scarlatta. Le labbra di Piton si arricciarono, ma il mago se ne andò sbattendo la porta.
- Allora- disse il professor Lupin radunando la classe verso l'altro capo della stanza, occupato solo da un vecchio armadio in cui gli insegnanti tenevano i mantelli di ricambio. Mentre il professor Lupin si avvicinava, l'armadio ondeggiò all'improvviso, sbattendo contro il muro. Alcuni ragazzi balzarono indietro, spaventati.
- Niente paura- commentò il professore con la massima calma. 
- C'è un Molliccio lì dentro-.
Quasi tutti sembravano convinti che ci fosse da aver paura, eccome. Neville rivolse al professor Lupin un'occhiata di puro terrore, e Seamus Finnigan fissò con apprensione la maniglia che aveva preso a sbatacchiare.
- I Mollicci amano i luoghi chiusi e oscuri- spiegò il professor Lupin. 
- Gli armadi, gli spazi sotto i letti, le antine sotto i lavandini... Una volta ne ho incontrato uno che si era insediato in una pendola. Questo si è trasferito lì dentro ieri pomeriggio, e ho chiesto al Preside di lasciarcelo per poter fare un po' di pratica con voi del terzo anno. Allora, la prima domanda che dobbiamo porci è questa: che cos'è un Molliccio?-
Hermione alzò la mano.
- E un Mutaforma- disse. 
- Può assumere l'aspetto di quello che ritiene ci spaventi di più-.
- Non avrei saputo dirlo meglio- approvò il professor Lupin, e Hermione sorrise radiosa. 
- Quindi il Molliccio che sta lì al buio non ha ancora assunto una forma. Non sa ancora che cosa spaventerà la persona dall'altraparte della porta. Nessuno sa che aspetto ha un Molliccio quando è solo, ma quando lo farò uscire, diventerà immediatamente ciò di cui ciascuno di noi ha più paura. Questo significa- disse il professor Lupin, ben deciso a ignorare il farfugliare terrorizzato di Neville, - che abbiamo un grosso vantaggio sul Molliccio prima di cominciare. Hai capito quale, Harry?-
Cercare di rispondere a una domanda con Hermione al fianco che saltellava da un piede all'altro, la mano per aria, era piuttosto spiazzante, ma Harry ci provò.
- Ehm... forse... siccome siamo in tanti, lui non sa che forma prendere?-
Il professore andò avanti a parlare per un po', ma non l'ascoltava.
Gli fece provare l'incantesimo.
Sembrò che gli altri vi mettessero impegno, solo una studentessa era svogliata e agitava la bacchetta come se fosse una piuma, con una leggerezza che sembrava non avesse peso, tracciando però linee decise in aria.
Fu il turno di Neville.
Aveva sentito ciò che dovevano fare e prima che potesse fare qualsiasi cosa alzò la mano.
- Sì Elysia?- domandò Lupin, fissandola.
- Vorrei chiedere di essere esonerata dall'esercitazione- disse seria e professionale.
- Credo che tu sappia che forma assumerà vedendoti e credo di sapere anche io quale sia la tua paura- disse con sguardo indagatorio.
- Se lo sa allora credo che capisca come mai chiedo di essere esonerata dall'esercitazione- disse fissando il professore con sguardo che non lasciava dubbi, era quella la sua paura, quella che pensava Lupin.
- Credo che sia argomento di esame, perciò mi spiace se le dico che non potrò dispensarla dal fare l'esercitazione, anzi, le dico che sarà la prossima dopo di lui- disse accennando all'amico, credendo di fare bene alla ragazza.
- Aspetti, lei non capisce- disse, cercando di fare cambiare idea a Lupin.
Non era per codardia che si rifiutava di fare l'esercitazione, lo sapevano tutti quelli che la conoscevano, solo teneva ciò che avrebbe visto, o meglio, temeva ciò che gli altri avrebbero visto della sua paura.
L'armadio si aprì e ne uscì un traballante Piton, che avanzò minaccioso.
- Riddikulus- disse.
Piton si trovò dopo poco con indosso i vestiti della nonna.
Tutti scoppiarono a ridere, senza trattenere nemmeno le lacrime.
- Avanti il prossimo- disse Lupin ridendo.
Si fece avanti Elysia.
Non era una figura quella volta, ma due.
Erano abbastanza alte.
Non avevano niente di mostruoso.
I capelli neri e lo sguardo grigio tempesta era uguale.
Tutti deglutirono e fecero un passo indietro.
Sirius Black era in ordine, come se fosse un comune cittadino.
Sfoderò la bacchetta, come se lo stesse affrontando.
Arretrarono ancora di più nel vedere la bacchetta.
- Riddikulus- urlò, ma non successe nulla.
- Vede professore?- domandò, fissando Sirius Black stringere un braccio attorno alla figlia.
- Non riesco a trovare niente da ridere.
- Sai cosa gli dava fastidio a scuola?
- La casate?
- Esatto Elysia- disse lasciandole intuire ciò che doveva fare.
Non si udì quasi il suono dell'incantesimo.
Un lampo partì, colpendo in pieno i due.
I colori di Tassorosso addornarono Sirius Black, facendola ridere.
Nessun'altro rise a quella vista.
Si spostò,attendo via la bacchetta, seguita con lo sguardo da Lupin.
A fine lezione assegnò i compiti e li lasciò andare, ma una ragazza si trattenne, raccogliendo ciò che le era caduto.
- Perché me lo ha fatto affrontare?- domandò, fissandolo.
- Perché era l'unico modo in cui avresti potuto superare la paura di tuo padre.
- Io non ho paura di mio padre.
- No, è vero. Hai paura di stare vicino a tuo padre normalmente.
- Lei non sa di cosa parla- disse irata, scattando via, fuori dalla porta, lasciando dietro di sé una scia carica di tensione.
La porta sbatté come per un vento inpprvviso, facendo sospirare Lupin.
Non sarebbe mai cambiata.

Alcune parti, come la lezione, l'ho presa da Potterpedia.

















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