Capitolo 10: Zentha

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Zentha

X

La giovane camminava a passo celere lungo le viuzze della piccola città.
Le case che si aprivano ai lati delle strette vie erano per la maggior parte in legno, rare erano quelle in sasso e mattoni.
La cittadella non era di dimensioni eccessive, nonostante contenesse un numero infinitesimale di persone, la maggior parte infatti non vive nella città ai piedi dell'alta Torre, ma in piccole scanalature create nella roccia.
Aveva lasciato la Torre sua casa da qualche istante, eppure le sembrava di aver percorso una quantità di strada tale da permettere di lasciare la grotta e uscire alla luce del sole. Sapeva che all'esterno v'erano i cavalli degli uomini si suo padre, le sarebbe bastato rubarne uno e correre fino a quando la povera bestia non avrebbe avuto più fiato, poi avrebbe permesso che tornasse a casa e lei avrebbe continuato a viaggiare.
Il suo desiderio era quello sin da quando era una bambina, viaggiare e visitare anche la più piccola città che si trovava nella Terra di Mezzo ma, ovviamente, quando ne aveva discusso con il padre questo aveva distrutto ogni sua piccola speranza di andarsene, dicendo che il mondo al di fuori della grotta era rischioso e che gli uomini erano pericolosi.
Eppure, dai pochi racconti che aveva trovato sui pochi libri appartenenti alla sua gente non aveva trovato che poche cattiverie commesse dagli uomini. Superò un bancale di legno caduto inconvenientemente nel mezzo della strada e si avvicinò ad una piccola taverna, unico luogo di divertimento della città nascosta.
Un giovane dai corti capelli ricci l'aspettava su un piccolo balcone sporgente che si trovava al primo piano dell'alto palazzo, aveva lo sguardo rivolto verso l'alto e non sembrava essersi minimamente accorto di lei.
La giovane spiccò un balzo ed atterrò perfettamente sulla balaustra in legno, facendo trasalire il giovane, che indispettito le diede una pacca sul braccio, facendola sorridere.
"Devo parlarti, Aseo," disse subito l'elfo femmina, entrando nella piccola stanza appartenente al giovane elfo.
La stanza non era dotata di molti mobili.
C'era un piccolo giaciglio posto contro la parete opposta al balconcino, uno scrittoio in legno le cui gambe non erano simmetriche, facendolo dondolare pericolosamente ogni qualvolta qualcuno vi ci si appoggiasse e, infine v'era un piccolo bagno.
Lui la guardò con la coda dell'occhio e la seguì, andando a sedersi sul morbido giaciglio.
La giovane lo imitò, incrociò le gambe e lo guardò dritto negli occhi.
Si conoscevano ormai da una vita. Avevano la stessa età ed erano nati addirittura lo stesso giorno, si consideravano come fratelli se non addirittura gemelli.
"Va bene, Zentha, dimmi," disse Aseo, incrociando a propria volta le gambe, tenendo lo sguardo fisso in quello di lei che sorrise dolcemente. Ovviamente sapeva che cosa l'amica volesse chiedergli.
"Cos'hai visto là fuori? Raccontami tutto ti prego!" esclamò lei eccitata all'idea di poter anche solamente ascoltare i racconti di quelle terre che da sempre desiderava visitare.
Il giovane elfo ridacchiò e iniziò il proprio racconto.
Parlò delle immense vallate, prati e colline verdi come smeraldi che si perdevano a vista d'occhio, avviluppandosi in alte montagne scure e rocciose, alcune coperte di neve tanta era l'altitudine a cui si trovavano le vette.
Parlò dei piccoli villaggi in cui i paesani vivevano in tranquillità, procacciandosi il cibo e coltivando le praterie poco prima citate.
Zentha lo ascoltava con attenzione, tenendo il capo sorretto dalle piccole mani pallide, riuscendo quasi ad immaginare i luoghi di quei racconti che alla sua mente innocente apparivano quasi fiabeschi.
Aseo raccontò delle splendide creature che popolavano i boschi imponenti, così grandi da potervisi perdere.
Raccontò delle diversità di piante che aveva incontrato durante il viaggio, dagli alti pini alle betulle slanciate.
"Ti ho portato alcune cose!" esclamò tutt'un tratto, afferrando una piccola borsa di tela che era stata accuratamente celata sotto al basso letto.
Riversò il contenuto sul materasso e mostrò ciò che aveva raccolto durante la rocambolesca missione.
C'erano foglie di ogni tipo, da quelle con la forma più semplici alle più complesse, fiori di mille colori diversi, principalmente sul rosso ed il viola. Prese fra le mani una gemma grande quasi quanto il suo palmo e la diede alla giovane Principessa.
"Questa è un acquamarina," spiegò Aseo.
Zentha osservò la splendida pietra dello stesso colore del cielo, posò i pollici sui bordi ruvidi e sorrise quando questa gli provocò un leggero solletico ai polpastrelli sensibili.
Raccontò di averla trovata sotto terra e di avere avuto timore a prenderla, poiché suo padre sosteneva che le pietre del sottosuolo appartenessero ai nani e che, non appena una veniva rubata questi se ne accorgevano e la richiedevano indietro tagliando come punizione la mano del ladro.
"Ma non è vero ciò che mio padre sostiene!" esclamò poi il giovane elfo, prendendo una seconda pietra che teneva in tasca, questa era di un colore rosso scuro.
La luce di una candela ne colpì i bordi, sprigionando piccole scintille colorate che rifletterono sulle pareti in legno.
"Incontrammo un nano. Percorse con noi molta strada, Gimli era il suo nome e quando gli raccontai di avere trovato una pietra preziosa non disse nulla! Mi chiese di mostrargliela e così feci. Lui scoppiò a ridere e mi fece il verso, dicendo che quella non era una pietra preziosa, ma questa sì," e la porse all'amica, che la strinse avidamente fra le mani pallide.
La portò vicino al viso e la sovrappose allo scuro occhio destro.
La gemma era semi trasparente e la particolare forma distorceva il viso di Aseo, facendo divertire la giovane Principessa.
"Quando gli raccontai ciò che mio padre aveva detto sulla loro specie disse che erano tutte... baggianate e che non tutti i nani erano avidi e soprattutto che non tagliavano più le mani da diversi millenni. Disse che la terra concede dei doni e che appartengono a chi li trova," continuò il giovane elfo oscuro, cercando di imitare la voce del nano.
Zentha sorrise divertita, restituendo la pietra all'amico che l'infilò nella tasca dei larghi pantaloni neri, nascondendola alla vista.
Aseo raccontò di quando si era sostituito al messaggero per recarsi da Re Elessar.
Non mancare di esprimere il proprio dispiacere per il giovane mezzelfo che era stato ucciso dai suoi compagni di viaggio.
"Minas Tirith è meravigliosa! Sembra un diamante che risplende colpito dal sole. Ho incontrato molti uomini ed elfi che lavoravano pacificamente l'uno al fianco dell'altro, ridevano e scherzavano insieme, parlando delle lunghe giornate di lavoro, e poi! Poi sono giunto a palazzo e... Zentha, è meraviglioso! Non solo l'edificio, ma anche chi vi risiede, il Re è forse la persona più gentile che io abbia mai incontrato," continuò Aseo con ammirazione, lasciando sfuggire un sospiro sognate.
La Principessa sorrise divertita.
Il suo amico era un estimatore della bellezza in ogni sua forma, si dilettava nel disegno e più di una volta aveva ritratto il giovane elfo femmina, aveva implorato anche il fratello di lei, ma lui era fortemente contrario a esporre il proprio corpo in quella maniera, nonostante fosse noto per il trascorrere il tempo con molte fanciulle e giovani di ogni tipo, riscaldando i loro letti.
"Descrivimelo," lo pregò la giovane. Aseo annuì e incrociò le braccia contro al petto, rivolgendo lo sguardo verso l'alto, come se stesse cercando di rammentare i dettagli del suo viso. Improvvisamente si sporse oltre il bordo del letto, tastando il pavimento con le mani, alla ricerca di chissà quale inestimabile tesoro.
"Ecco!" esclamò entusiasta, mostrando un disegno a carboncino alla giovane amica.
Lei inclinò il capo ed osservò l'uomo rappresentato.
Aveva lunghi capelli scuri che si fermavano poco sopra le spalle, erano ondulati e leggermente spettinati, alcuni ciuffi gli ricadevano disordinatamente sulla fronte ampia. Gli occhi erano grandi, ma dal colore indefinito, essendo il disegno in bianco e nero fu costretta a dedurlo dalle sfumature, ipotizzò fosse un colore molto chiaro, forse tra il verde e l'azzurro. Le labbra sottili erano incorniciate da una folta barba scura che, tuttavia non lo rendeva meno regale.
"Lo hai visto davvero senza abiti?" domandò Zentha sollevando le sopracciglia con fare inquisitore.
Aseo arrossì un poco, ricordando quanto fosse rimasto stupito alla vista del corpo possente dell'uomo, i muscoli prominenti e la pelle ambrata, così diversa dalla loro pallida e decisamente poco invitante.
"Credo... stesse dormendo..." ribatté il giovane elfo.
L'amica sorrise.
"Fu davvero gentile! Mi offrì da bere, mi invitò a sedere e credo... vide la mia ammirazione per qual luogo perché iniziò a farmi qualche domanda, ma non parve infastidito dal mio sguardo curioso e, non si arrabbiò nemmeno quando consegnai la lettera, che era ridotta davvero in pessimo stato. Se la lettera non fosse stata di massima urgenza mi avrebbe lasciato riposare a palazzo e dato da mangiare..." continuò il giovane, interrompendosi per rivolgere all'amica uno sguardo titubante
"Zentha... loro non sono malvagi come abbiamo sempre pensato! Sono come noi..." sussurrò Aseo, rivolgendo uno sguardo dolce all'amica, che tuttavia sembrò restia a concordare con le ultime parole dell'amico.
Il giovane elfo prese le mani di lei nelle sue.
"Credimi! Non vogliono farci del male e allora... perché noi dovremmo farne a loro?" domandò ancora l'elfo oscuro. Zentha si morse le labbra, riflettendo sulle parole dell'amico, che la guardava con i grandi occhi verdi sgranati.
La Principessa sospirò.
"Come puoi dirlo con certezza? Hai parlato con due creature della superficie e nessun'altro," ribatté lei. Aseo non poté darle torto, tuttavia rimase convinto delle proprie idee, più che sicuro che gli abitanti della superficie non volessero fare loro del male, ma che se avessero provato a comunicare l'una con l'altra avrebbero sicuramente trovato un punto di congiunzione per vivere insieme.
"Perché non parli con il prigioniero? Insomma, chi può parlarti del mondo sopra al nostro se non lui? Avrei voluto farlo io ma... è rimasto svenuto per tutto il viaggio," spiegò Aseo con tono triste.
Aveva passato tutto il viaggio di ritorno sperando che il giovane Principe si svegliasse e che lui potesse fargli alcune domande, sarebbe stato il suo sogno ma lui aveva dormito sino a quando erano giunti alla torre.
Zentha sospirò e arricciò le labbra in un'espressione pensierosa ma, nonostante la sua testardaggine non poté fare nulla per combattere lo sguardo dolce che il giovane amico le rivolse.
Sbuffando annuì e lui la strinse in un abbraccio, pregandola di portarlo con lei.
La Principessa provò a far ragionare l'amico, ma lui fu irremovibile, desiderava parlare con il prigioniero e così avrebbe fatto, a costo di introdursi di soppiatto nella torre ed essere catturato dalle guardie del Re. "D'accordo! Andiamo prima che cambi idea!" ordinò lei dirigendosi verso il basso balcone, calandosi a terra con un balzo.

The Ending  -Amore Immortale-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora