Capitolo 6: La Partenza

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La Partenza

VI

Se la partenza venne stabilita per il tramonto nella realtà dei fatti si tenne il mattino seguente.
L'allontanamento slittò a causa dei vari consiglieri che cercarono di opporsi alla partenza del sovrano.
Re Elessar infatti era più che convinto di voler partire senza l'accompagnamento di una scorta.
Il messaggero aveva viaggiato in incognito per non attirare l'attenzione, la lettera di Elrond non era né firmata né scritta dal reale perciò, viaggiare accompagnati da un gruppo di uomini armati non avrebbe fatto altro che vanificare gli sforzi del Signore di Granburrone.
"Vostra altezza! Almeno considerate di aspettare un messaggio di conferma da parte di Lord Elrond!" ribatté uno dei consiglieri, inseguendo il proprio Re attraverso gli interminabili corridoi.
Il sovrano camminava con passo celere, tenendo la pesante spada ancorata al fianco.
La lunga veste scura gli volteggiava attorno ai piedi, frusciando come mossa da un vento implacabile.
"Il suo messaggero oramai è un giorno più avanti rispetto a noi, è un giovane abile ed il suo peso non è ingombrante, sicuramente avrà percorso più strada di quella che possiamo immaginare. Giungerà a palazzo e avvertirà Elrond," commentò Aragorn, fermandosi innanzi alla propria stanza, dove intendeva cambiarsi e raccogliere alcune armi per il viaggio.
Il consigliere obbiettò ancora qualche rimostranza, preoccupato per le sorti dell'amato sovrano.
"Non temere. Io e Legolas abbiamo affrontato viaggi ben più pericolosi di questo," parlò Granpasso, poggiando una mano sulla spalla del confidente. L'uomo, un anziano dai lunghi capelli grigi sospirò affranto, consapevole di non poter far mutare le intenzioni del reggente.
"Ebbene, perlomeno fate attenzione! E mandante un messaggero non appena sarete giunti a Granburrone," continuò il consigliere, che aveva preso quel giovane uomo sotto la propria ala, considerandolo in quanto sfrontatezza e precipitosità alla pari di un figlio. Aragorn gli sorrise, stringendo la spalla debole nella mano grande e callosa. "Sarà il mio primo pensiero," ribatté il sovrano, chiudendosi nella propria stanza.
Sospirò e si avvicinò al grande armadio, dove raccolse i suoi vecchi abiti da Ramingo.
Un semplice paio di pantaloni marroni e usurati, una camiciola bianca unita sul petto da lacci intrecciati, il cappotto scuro che lo copriva fino alle caviglie ed infine un paio di stivali neri.
Indossò gli abiti in fretta, non avendo tempo da perdere.
Guardò la propria immagine riflessa allo specchio e sorrise, non sembrava passato un singolo giorno da quando era diventato Re e aveva abbandonato quella vita che amava.
Scosse il capo e si strinse la spada al fianco, carezzandone l'elsa scura come la notte più buia.
Lasciò la stanza in tutta fretta, volendo raggiungere Legolas il prima possibile. La creatura immortale si trovava nelle scuderie ed era già pronta a partire. Indossava i medesimi abiti che lo avevano accompagnato tutti i giorni della loro lunga Missione.
I capelli erano stati raccolti in una croccia elegante, lasciando due singoli ciuffi a scivolare al fianco del viso.
Sulle spalle aveva ben fissi arco e faretra carica di leggere frecce.
"Siamo pronti a partire?" domandò Aragorn.
Legolas annuì e rivolse uno sguardo alle proprie spalle.
Eldarion stava accarezzando il muso di Ombra, suo fidato stallone e non sembrava essersi accorto dell'arrivo del padre.
Sobbalzò quando sentì la mano del genitore poggiarsi su una delle spalle, scuotendolo leggermente come a volerlo risvegliare da un sogno ad occhi aperti.
"Padre! Mi avete spaventato!" esclamò il giovane, regalando un sorriso gioioso al padre, che si chinò per lasciargli un bacio sulla fronte.
"Mi raccomando, governa con intelligenza," lo ammonì Aragorn, carezzandogli il viso con una mano callosa.
Il Principe di Gondor annuì, stringendo il padre in un caloroso abbraccio.
Non era mai rimasto solo a palazzo, quando il Re partiva per una qualche spedizione con lui v'era sempre sua madre, che lo accudiva e lo guidava lungo la retta via.
Se doveva essere sincero era spaventato all'idea di dover governare in solitudine.
Per la prima volta sembrò comprendere ciò che il Re aveva provato quando era stato incoronato. Smarrimento, non avrebbe potuto usare termine migliore.
"Se qualche dubbio ti affligge chiedi consiglio ai nostri consiglieri e loro saranno più che disposti ad aiutarti," continuò Aragorn, non volendo abbandonare il figlio senza almeno avergli dato qualche piccola raccomandazione.
Eldarion annuì, separandosi dall'abbraccio in cui il sovrano lo aveva stretto.
Legolas li osservava dal dorso del proprio destriero, trovando molto dolce il legame padre e figlio che univa i due uomini, riusciva a rivedervi sé stesso e Re Thranduil.
"Fate attenzione," si raccomandò Eldarion, rivolgendo la propria preoccupazione anche al Principe del Reame Boscoso.
L'elfo annuì ed attese che il ragazzo si avvicinasse, così da lasciargli una carezza fra i capelli neri come l'inchiostro.
"Naturalmente," ribatté Legolas, facendo schioccare le redini.
Il destriero bianco fece qualche passo avanti, distanziando di una decina di passi il Re ed il Principe, che rimasero ad osservarsi per qualche istante.
"Te la caverai egregiamente," lo rassicurò Aragorn, inserì il piede nella staffa e salì in groppa al proprio destriero, un magnifico stallone dal manto nero.
Eldarion annuì e carezzò il collo della bestia, cercando di ritardare il più possibile la partenza del padre.
Il sovrano sembrò capirlo, e strinse la mano del figlio nella propria, carezzandone il dorso con il pollice scuro.
"Abbi fiducia," sussurrò Aragorn prima di allontanarsi e raggiungere il compagno di viaggio.
Eldarion li osservò galoppare lungo la strada poco trafficata e in quelle due figure sembrò riconoscere i personaggi delle storie che il padre gli raccontava. Due giovani irrequieti che viaggiavano all'insaputa di tutto e tutti, entrambi senza una metà precisa, con il solo scopo di conoscere il più possibile di quelle terre sconfinate.
Eldarion si lasciò sfuggire un sospiro tremante e strinse le mani a pugno, trattenendo le lacrime che minacciavano di bagnargli il viso.
Si sentì incredibilmente solo, nonostante il palazzo fesse pieno di persone.
Servitori, guardie, consiglieri, ma nessun amico.
"Principino non piangere, le lacrime non si addicono al tuo bel viso" Commentò una voce arrogante ed impertinente.
Eldarion si passò una mano davanti agli occhi, prendendo un respiro profondo prima di voltarsi e fronteggiare il viso sorridente di Lanthir.
Il Guardiano del Reame Boscoso era seduto su una trave del soffitto, le lunghe gambe penzolavano nel vuoto, proprio sopra la testa dell'erede al trono.
Nonostante l'elfo si fosse nominato amico del giovane erede al trono non poteva resistere all'impulso di stuzzicarlo ed osservare le sue reazioni. "Da quanto tempo sei seduto lì?" domandò il Principe con tono infastidito, scostandosi quel tanto che bastava per poter guardare l'elfo in viso.
Lanthir si portò una mano al mento, sollevando lo sguardo verso il soffitto dove stavano alcune balle di fieno. "Abbastanza per assistere a questa scena strappalacrime," commentò il Guardiano, scendendo dalla propria postazione con un balzo elegante, atterrando a terra in tutta sicurezza. Eldarion arricciò le labbra infastidito, strinse le mani a pugno e gli voltò le spalle, volendo allontanarsi prima di poter compiere qualcosa di cui si sarebbe potuto pentire.
"Fuggi?" domandò Lanthir con tono impudente, seguendo il giovane Principe fuori dalle scuderie.
Vennero visti da alcuni servitori, ma questi non sembrarono dare loro troppo peso.
Eldarion continuò ad ignorarlo, volendo raggiungere le proprie stanze il prima possibile, così da rifugiarsi fra le quattro mura e rimanere per qualche tempo solo con i propri pensieri. "Voglio rimanere solo," ribatté il Principe, felice di avere raggiunto la propria stanza.
Poggiò una mano sulla maniglia fredda e quella di Lanthir fu subito sopra la sua, impedendogli di proseguire.
"Non dovresti dare tutto questo potere alle tue emozioni," sussurrò il Guardiano del Reame Boscoso, appoggiando la mano libera contro la spalla di Eldarion, che si ritrovò a trattenere il fiato, mentre il suo battito cresceva di intensità.
"Un Re accecato dai sentimenti non è un buon Re," continuò Lanthir, scivolando con una mano lungo il fianco del Principe, si spostò sul suo ventre, raggiungendo velocemente il cuore, che batteva impazzito nel petto. "I tuoi battiti aumentano e così l'ansia e la paura... pensa a ciò che ti ho detto. Mantieni il controllo o tu e la tua piccola corona... cadrete," sussurrò l'elfo, perdendo contatto con il corpo di Eldarion, che si ritrovò ad abbassare il capo.
Le parole del Guardiano erano sagge e forse, avrebbe dovuto badarci ma, in quel momento la sua mente non ragionava in modo corretto.
Lanthir assottigliò lo sguardo, studiando la schiena del giovane, scossa da mille brividi.
Anche le sue gambe sembravano non essere più in grado di sorreggerlo.
Il Guardiano sorrise divertito, adorava le emozioni dei Mortali, cambiavano così facilmente da persona a persona, portando con loro molto divertimento. Lanthir sorrise malevolo, allontanandosi con passo tranquillo. Eldarion rimase immobile, sentì il viso andargli a fuoco e le lacrime bagnargli le guance.
Come poteva sostituire suo padre se non era nemmeno in grado di sopportare le sagge parole di un elfo? Abbassò la maniglia e rapido come il vento si rifugiò nella propria stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Si inginocchiò a terra ed iniziò a singhiozzare scosso da profondi brividi che attraversarono per intero il suo corpo ancora acerbo.

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