Capitolo 11: Sangue

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Sangue

XI

Legolas sorrise all'ennesimo racconto di Eartha.
Da quando la giovane aveva finalmente trovato qualcuno con cui parlare non sembrava intenzionata a smettere ma il Principe la capì, era rimasta sola troppo a lungo.
Morphen aveva ordinato alle guardie di privare Legolas del cibo, ma gli permetteva di bere, non era così spietato da lasciare il giovane elfo a morire di stenti e, dopotutto aveva impiegato troppo tempo per catturarlo e lasciarlo morire così. Eartha avanzava sempre qualcosa dei suoi pasti e la dava a Legolas, che la ringraziava sempre, mangiando tutto quello che l'amica aveva avanzato.
"Le tue ferite sono migliorate?" Domandò la giovane strega, che in quei lunghi giorni si era molto preoccupata per la salute del nuovo amico, arrivando addirittura a minacciare le guardie affinché lo trattassero con maggiore delicatezza.
Legolas le sorrise ed abbassò lo sguardo sul braccio ora coperto da morbide bende. Fortunatamente la ferita si era rimarginata a dovere, ma sicuramente a causa della bevanda che lo avevano costretto a ingerire sarebbe rimasta una cicatrice. Sospirò e fulminò le catene che aveva strette attorno ai polsi. Due bracciali neri e spessi erano tenuti uniti da una catena del medesimo spessore e colore. Inoltre, una terza serie di anelli nasceva dalla catena più corta, conducendo ad un terzo bracciale che si stringeva attorno al collo pallido dell'elfo, lasciando un enorme livido violaceo.
"Guariscono a vista d'occhio, ma sicuramente sul braccio rimarrà una cicatrice" Spiegò il Principe. Eartha annuì ed abbassò lo sguardo sulle bende chiare.
Lei era stata decisamente più fortunata, i suoi rapitori erano stati senza dubbio più gentili.
Era accaduto poco più di un anno prima.
Si era recata al fiume più vicino per raccogliere dell'acqua per preparare un'ottima zuppa.
Nel mentre lei era via uno dei sequestratori si era introdotto in casa sua, una villetta dispersa in mezzo ai boschi, con nessun vicino che potesse accorgersi di quello che stava accadendo.
L'elfo oscuro aveva inserito delle erbe soporifere nel calderone utilizzato per cucinare.
Eartha naturalmente non si era accorta di nulla, aveva pranzato in tutta tranquillità e a metà pomeriggio era caduta in un sonno profondo.
A quel punto fu semplice per gli elfi introdursi in casa della strega e rapirla.
"Parlami nuovamente di questi elfi oscuri, ho vissuto molto a lungo eppure non ne ho mai sentito parlare" Disse la giovane, incrociando le braccia contro al petto, poggiando la fronte contro le sbarre fredde come il ghiaccio.
Legolas buttò gli occhi al cielo, ormai raccontava quella vecchia storia quasi ogni giorno.
Eartha sembrava rimasta affascinata da quei racconti e non le dispiaceva certo ascoltare l'amico parlare, era ammaliata dalla sua voce gentile.
"Cosa posso dirti? Oramai conosci la storia meglio di me" Ribatté il Principe sospirando.
La strega ridacchiò e si alzò in piedi, guardando l'elfo silvano dall'alto.
Una delle guardie li richiamò all'ordine, intimandogli di zittirsi.
La giovane donna lo guardò con aria truce, ignorandolo bellamente, troppo interessata ad osservare il viso sempre più pallido dell'amico elfo.
"Piuttosto, hai scoperto a cosa può servire il tuo sangue e la mia magia?" Domandò Eartha.
Legolas scosse il capo negativamente.
Erano oramai due settimane che Morphen lo convocava semplicemente e solamente per dilettarsi con gli scacchi, a quanto pareva aveva trovato un avversario degno di nota.
Il Principe infatti non aveva ancora perso una singola partita e ogni volta dava filo da torcere al sovrano, che si trovava costretto ad abbandonare il gioco.
Eartha scosse il capo allibita, senza ombra di dubbio l'elfo era molto particolare, lo aveva visto poche volte durante il tempo che aveva trascorso chiusa nella torre, eppure ogni singola volta si comportava in maniera sempre differente.
Poteva essere gentile e scattare con ira in pochi attimi di secondo.
"È un individuo caratteristico" Commentò la strega, incrociando le braccia contro al petto colore del carbone, coperto dal magnifico abito viola e setoso.
Legolas sorrise divertito.

Eldarion venne trascinato all'interno della grotta.
Il ragazzo tento di liberarsi in tutti i modi, ma i due uomini che lo tenevano per le braccia erano troppo forti per lui, un giovane che non aveva ancora appreso le arti del combattimento corpo a corpo.
L'uomo che era stato ferito camminava innanzi a loro, si era strappato la freccia dalla spalla e l'aveva spezzata con rabbia, gettandola in un piccolo cespuglio al di fuori della grotta.
Eldarion osservò i suoi carcerieri. Erano tutti estremamente pallidi, probabilmente non vedevano la luce da molto tempo, forse non l'avevano mai vista.
Una particolarità attirò l'attenzione del giovane Principe, le lunghe orecchie appuntite, che precedentemente erano state coperte dal cappuccio appartenente al mantello scuro.
"Siete elfi..." Commentò Eldarion.
Uno dei due uomini che lo tenevano gli rivolse un sorriso maligno.
"Il principino è intelligente" Commentò uno dei due, continuando a trascinare il giovane Mortale.
Il Principe non ribatté, fu il terzo uomo a commentare con fare ovvio.
"O forse ha semplicemente visto le tue orecchie! Sono lunghe come quelle di un asino!" Parlò l'uomo con tono sprezzante.
Il compagno ringhiò rabbioso. Eldarion non poté dare torto all'uomo ferito.
Il suo carceriere aveva le orecchie più lunghe che avesse mai visto, non aveva mai incontrato un elfo con orecchie di quella lunghezza, ma nonostante quella peculiarità rimanevano comunque magnifiche. "Taci cane! Non comprendo perché il nostro Signore abbia deciso di allearsi con gli uomini" Ribatté l'elfo, soprannominato da Eldarion: Lunghe orecchie.
Il Principe puntò lo sguardo sul ferito, notando che effettivamente questo non aveva né lunghe orecchie appuntite né il corpo minuto di un elfo.
Era alto con spalle larghe e schiena massiccia, coperta dallo spesso mantello.
Aveva corti capelli bruni che gli cadevano sulla fronte pallida come marmo bianco.
"Basta idioti. Muoviamoci a condurre il Principe dal Signore" Disse il secondo elfo, l'unico a non avere ancora aperto bocca, se non per salvare Eldarion da una cruda esecuzione.
I due ringhiarono frustrati ma non osarono pronunciare una parola di troppo, trascinando il giovane verso le profondità della grotta.
Il Principe si guardò attorno.
Il soffitto era estremamente alto, tantoché era impossibile vederne la fine.
Le pareti erano molto distanti l'una dall'altra ma, stranamente i quattro individui camminavano solo su una piccola porzione di terra.
Eldarion strabuzzò gli occhi quando invece che raggiungere il fondo della grotta trovarono una cittadella scavata della roccia.
Il Principe si guardò attorno con aria affascinata.
La maggior parte delle case erano piccole e mal ridotte, ma sicuramente accoglienti.
Molti individui camminavano per le strade altrimenti deserte e fiocamente illuminate da fiaccole dalla luce azzurra, forse nata per ricordare il chiarore del cielo, ma il giovane non avrebbe saputo dirlo con assoluta certezza.
I tre uomini lo condussero innanzi ad un elevata torre, alta quasi quanto la grotta.
Due guardie si pararono innanzi alla porta. Non indossava elmi, questi erano stati posati a terra, vicino alla parete nera.
"Abbiamo un prigioniero per il Signore" Disse l'unico uomo della compagnia.
Le due guardie lo guardarono dritto negli occhi, studiando il suo viso contratto in un'espressione dolorante.
I due soldati si guardarono ed annuendo si scostarono dalla porta, permettendo ai quattro individui di entrare.
Eldarion rimase affascinato dalla lunga scalinata a chiocciola che saliva ripida verso il cielo.
Percorsero la strada, raggiungendo la cima in poco tempo, ritrovandosi innanzi ad una grande porta sorvegliate da due guardie in armatura bianca.
Queste guardarono i due elfi ed i due uomini e, senza porre la minima domanda permisero ai quattro di entrare.
Morphen era seduto sul suo grande trono, aveva le gambe accavallate e i lunghi capelli raccolti sopra la testa.
"Mio Signore. Abbiamo qualcosa che potrebbe interessarle" Parlò l'uomo ferito, tenendo una mano premuta contro la spalla sanguinante.
L'elfo oscuro sbuffò esasperato, abbassando lo sguardo sul giovane Principe, osservandolo con completo disinteresse.
"Ebbene? Chi è costui?" Domandò il sovrano della cittadella.
I due elfi s'inchinarono davanti al loro Signore, perdendo per qualche istante la presa sulle braccia del giovane.
"Costui è l'erede al torno di Gondor. Figlio di Re Elessar" Spiegò l'uomo, afferrando la mano destra di Eldarion, che cercò di sfuggirgli senza però riuscirci.
Morphen si fece attento e, con lentezza si sollevò, scendendo con fatica i bassi scalini che conducevano al trono dalle forme affilate.
"È la verità?" Domandò il Signore, prendendo fra le mani il viso del Principe, che cercò di sottrarsi a quelle mani fredde come il ghiaccio.
Eldarion voltò il capo, finendo con l'incontrare due figure scure, nascoste nell'ombra.
Non riuscì a vederle in viso, ma in base alla costituzione fisica riuscì a distinguere un uomo ed una donna, forse anch'essi elfi, ma a causa della poca luce non riuscì a distinguerne i tratti.
"Affascinante..." Commentò Morphen, sfiorando con le lunghe dita il mento perfettamente liscio del giovane uomo.
"E se non erro, il Principe Legolas è molto amico del sovrano degli uomini. Immagino lo sia anche di suo figlio" Continuò il Signore imperterrito, sfregando insieme le mani fredde come tocchi di ghiaccio.
Schioccò le dita e due guardie, che fino a quel momento erano rimaste nascoste nell'ombra si spostarono verso la porta, mentre altre due sostituirono i due elfi oscuri, che persero la presa sul giovane Principe.
"Legolas sarà entusiasta di rivedere un viso conosciuto"

The Ending  -Amore Immortale-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora