-2- tempo al tempo

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La camera da letto di Daichi era ben ordinata, sulla scrivania non c'era nulla più di un quaderno e una penna, quasi maniacale quel suo controllo su tutto ciò che lo circondava. Daichi stava sdraiato sul letto, immancabilmente rifatto non appena si era alzato quella mattina, si rigirava tra le mani i guanti verde bottiglia e continuava a riflettere su ciò che gli aveva detto quel ragazzo prima di sparire dalla sua visuale.

"ci sarà occasione per incontrarci ancora"

Si girò su un fianco andando a controllare l'orario che segnavano le lancette sull'orologio a muro che decorava la stanza. Era quasi ora di recarsi a trovare sua nonna, donna anziana, malata o forse semplicemente giunta alla fine del suo percorso. L'andava a trovare ogni giorno alla stessa ora, ormai da diversi mesi.

Si alzò controvoglia, avrebbe dovuto attraversare metà città a piedi, con la neve fino alle caviglie e il vento gelido contro gli zigomi, per giungere in ospedale dove la nonna era ricoverata. Prese il blocchetto di foto che quel giorno avrebbe mostrato all'anziana nonna, come faceva ogni singolo giorno, sempre con foto diverse, e si diresse verso l'ingresso di quel piccolo appartamento. Si infilò la giacca, il cappello di lana e, dopo un'attenta osservazione, decise di infilarsi anche i guanti dello sconosciuto.

Uscì lasciandosi alle spalle l'alto palazzo e cominciò la propria traversata. Si strinse nella giacca, incurvò leggermente la schiena in avanti, provando a diminuire un po' quella sensazione di brividi incontrollabili, e prese a far sprofondare i piedi nella candida neve, caduta durante la notte.

Quando finalmente raggiunse l'entrata dell'ospedale, si scrollò dalle spalle la neve che si era accumulata, perché a metà del tragitto aveva anche cominciato a nevicare, ed entrò facendosi invadere dall'odore di disinfettante e garze sterili.

Non dovette chiedere informazioni all'infermiera all'entrata, sapeva a memoria quali corridoi percorrere per arrivare alla piccola stanza dalle pareti bianche dove dormiva la nonna. Una volta letto il numero 1807 in alto, sopra l'anta di finto legno, strinse la maniglia con la mano, ancora avvolta dal guanto verde bottiglia, e si affacciò dentro, cercando di sorridere all'anziana signora che lo guardava con occhi dolci.

"ciao nonna, come stai oggi?"

"Sawamura, tesoro mio, sto come un'anziana signora che attende"

"non dire così, nonna. Sei più energica di me, cosa attendi? Che ti convochino per andare a giocare a pallavolo?"

La signora rise portandosi una mano a coprire la bocca e scuotendo la testa. Quando si riprese da quel momento di pura gioia e divertimento, allargò le braccia e fece segno al nipote di andarla ad abbracciare, come era solito fare ogni giorno quando l'andava a trovare in quel posto triste.

Daichi finalmente riuscì a sorridere in modo genuino, non tirato, e fece un paio di passi in avanti andando a chiudere tra le proprie braccia muscolose la donna ossuta e fin troppo magra che si trovava seduta sul letto d'ospedale. La sentì tremare tra le sue braccia e lui, istintivamente, la strinse più forte, facendo però attenzione a non farle male.

Si staccò da quell'abbraccio un po' titubante, come gli succedeva spesso, si era ritrovato a pensare che quell'abbraccio avrebbe potuto essere l'ultimo e, preso già dalla nostalgia, aveva sentito il bisogno di farlo durare più a lungo possibile. Portò le mani sulle spalle della nonna e la guardò negli occhi inclinando leggermente la testa di lato.

Ricacciò indietro le lacrime, che come al solito si erano fatte strada dal fondo della gola non appena i suoi occhi avevano incontrato quelli un po' più spenti della nonna.

"cosa mi hai portato oggi? In che memoria ci tuffiamo?" chiese la signora muovendo le dita, rese rigide dall'artrosi, nell'aria e invitando il ragazzo a tirar fuori il blocchetto di foto che, con attenzione, aveva riposto nella tasca dello zaino.

Before you goDove le storie prendono vita. Scoprilo ora