-3- gli occhi ingannano

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"tu" disse Daichi con un fil di voce. Non aveva parlato più da quando era uscito dalla stanza della nonna e la gola bruciava, facendo uscire la voce leggermente rauca e bassa.

"Sugawara, ricordi?" disse il ragazzo dai capelli argentei indicandosi il petto e sorridendo. "ci siamo conosciuti al parco" disse allargando gli occhi, lasciando che la luce artificiale dell'ospedale ci si riflettesse al loro interno.

"a-al pub" lo corresse il moro aggrottando di poco la fronte. Quell'aria angelica del grigio lo mandava in confusione, lui stava soffrendo ma in qualche modo sentiva come se il cuore si stesse alleggerendo alla sola vista di quello sconosciuto.

"ah giusto, pub" si riprese il grigio sfregandosi la nuca e ridendo del proprio sbaglio. Tornò serio dopo pochi istanti, spiazzando, ancora una volta, il moro. Si scansò di lato per farlo uscire del tutto dall'ascensore, ma non gli tolse gli occhi di dosso. Lo stava scrutando e stava cercando un qualche indizio su come stesse.

"ci siamo incontrati ancora, proprio come avevo previsto" disse sollevato il grigio aprendo le mani e mettendo in evidenza l'ovvio.

Daichi annuì e rimase con la bocca sfessurata per l'incredulità. Aveva previsto quell'incontro o forse era solo un caso, ma al moro qualcosa non quadrava. Si sentiva preso in giro dallo stesso destino, che forse stava giocando con lui come fosse una pedina del Cluedo, spostandolo da una stanza all'altra attendendo l'occasione per accusarlo di omicidio.

"co-come facevi a saperlo?" chiese, la voce stava tornando al tono normale e gli occhi stavano riassorbendo quel velo lucido senza farlo cedere alla gravità dando vita alle lacrime.

Lui aveva iniziato a odiarlo senza un vero e proprio motivo, detestava la spensieratezza che quel ragazzo mostrava e ancora una volta quella stessa spensieratezza lo colpì in pieno, rendendolo invidioso di un perfetto sconosciuto.

Sugawara si lasciò sfuggire un risolino e distolse l'attenzione dal moro che continuava a fissarlo incredulo. Si passò la lingua ad inumidire le labbra secche e poi si morse quello stesso labbro nel tentativo di non farsi uscire nulla di inappropriato in quella sede.

"quando ti ho visto al..." sembrò pensarci un attimo e poi riprese a parlare un po' più sicuro di se stesso, quasi come se avesse rimesso in ordine i propri pensieri per costruire la frase più adatta possibile "...al pub avevo la sensazione di averti già visto, poi mi sono r..." deglutì, guardò di lato, cercò di nascondere un po' di disagio "...ricordato di averti già visto qui, in questo ospedale, ma non mi era sembrato stessi male, ma chi lo sa, gli occhi ingannano, il cuore no"

"come mai sapevi che sarei tornato?" chiese il moro un po' meno curioso di prima, ma comunque non del tutto convinto da ciò che aveva detto il grigio.

"ho tirato ad indovinare. Se eri venuto per vedere qualcuno probabilmente saresti tornato a fargli visita, se invece fossi stato malato saresti tornato per qualche controllo" il grigio alzò le spalle, fece sparire quell'espressione solare, che già si era affievolita durante il discorso, e puntò i propri occhi su una plafoniera alta nel soffitto. Lasciò che la luce artificiale gli facesse bruciare un po' gli occhi e a quel punto li chiuse, continuando a vedere l'immagine della plafoniera impressa sull'interno delle palpebre.

"li rivuoi?" chiese Daichi, accennando a togliersi i guanti, ma rallentando il movimento il più possibile, quasi fosse consapevole che il grigio gli avrebbe risposto ancora una volta di no. Voleva riconsegnarglieli, voleva evitare di dover incontrare ancora una volta quel ragazzo dallo sguardo solare, perché detestava che qualcuno potesse essere così spensierato e a suo agio con uno sconosciuto.

Come aveva previsto il moro, però, Suga scosse la testa e sorrise in modo dolce.

"servono più a te che a me, tu stai uscendo, io sto entrando" lo superò entrando in ascensore e lui guardò la schiena del grigio che piano si girava per salutarlo con un gesto della mano, mentre la porta scorrevole dell'ascensore si chiudeva nascondendo la figura magra del ragazzo.

Daichi rimase per un istante interdetto da ciò che gli aveva detto il grigio. Ancora una volta gli aveva lasciato i guanti e ancora una volta sembrava lo salutasse come se fosse convinto di rivederlo di nuovo.

Il moro sbuffò e puntò gli occhi su quella stessa plafoniera che poco prima aveva attirato l'attenzione del grigio, sembrò quasi ringhiarle contro quando quella sfarfallò spegnandosi per un decimo di secondo. Riprese la strada per l'uscita e tornò nella tormenta esterna.

La neve non aveva cessato di cadere, le strade erano completamente bianche tranne che per le strisce nere lì dove passavano le macchine. Gli alberi spogli avevano sostituito le foglie con i fiocchi bianchi e il vento che soffiava obbligava il moro a chiudersi su stesso, immergendo bocca e naso nella spessa sciarpa dalla trama larga.

Quando finalmente giunse di nuovo a casa, si chiuse in camera e si sdraiò, tornando a riflettere su quella giornata a dir poco pesante. Si girò sul fianco, puntò i propri occhi sulla parete chiara di lato e lasciò che la stanchezza lo facesse addormentare ancora prima di cenare. 

Quando si svegliò, lo stomaco reclamava cibo e la testa sembrava pulsare per la stanchezza. Si portò le dita alle tempie e con i polpastrelli esercitò una leggera pressione nella speranza che il mal di testa potesse attutirsi almeno un po'. Si massaggiò ai lati degli occhi, mantenendo le palpebre abbassate e ogni tanto sospirava, come a volersi liberare fisicamente, tramite quegli sbuffi, dello stress.

Dopo qualche minuto, quando comprese di non poter fare nulla contro la stanchezza e lo stress, si alzò e si diresse in cucina, dove si mangiò un toast con sopra un velo di marmellata all'amarena.

La stanza, come al solito ordinata in modo maniacale, venne invasa dai raggi caldi del sole quando Daichi alzò la serranda. Finalmente una giornata luminosa e non con la solita tormenta. Sorrise guardando il cielo e si lasciò scaldare dai raggi che superavano il vetro trasparente.

"oggi le porto le foto del matrimonio" disse tra sé e sé. Prese un blocchetto di foto dalla libreria e lo infilò nello zaino. Quando uscì di casa, sapeva già che sarebbe stata una lunga giornata e che di tornare a casa prima di andare a trovare la nonna non se ne sarebbe parlato.

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