-30- alcun tipo di sussulto

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Il giorno dopo, Daichi tornò in ospedale, sempre alle cinque in punto. Varcò quella soglia maledetta e incontrò la figura statica del grigio, che di nuovo si trovava supino con gli occhi puntati verso il soffitto.

Il moro si adagiò sulla sedia di legno, si avvicinò facendo strusciare le zampe di quella sedia sul pavimento lucido, e si sporse sul materasso per avvicinare il proprio viso a quello del grigio.

Sugawara non mostrava alcuna espressione, impassibile a tutto ciò che lo circondasse. Daichi lanciò un'occhiata al comodino, vi erano poggiati un pacchetto di caramelle arcobaleno, già aperto e mezzo finito, traccia del passaggio di Oikawa, e una piccola cassa bluetooth, traccia lasciata da Yaku, che giorni prima aveva scoperto che far ascoltare la musica al grigio sembrava lo rilassasse, giurava di aver visto un sorriso sul volto di Suga durante le note di Before you go.

Sorrise, probabilmente non li aveva incontrati per un soffio quel giorno. Gli avrebbe fatto piacere scambiare quattro chiacchiere con quei ragazzi, che si erano dimostrati sempre disponibili ad ascoltarlo quando si trattava del grigio.

Tornò con la propria attenzione su Sugawara, che non aveva spostato di un millimetro la testa, o il resto del corpo. L'unico movimento era quello leggero del petto che accompagnava i respiri, quei lievi soffi d'aria che scorrevano nei polmoni prima di venir ributtati fuori.

"sai cosa ho portato oggi?" chiese estraendo dallo zaino un tablet, domanda retorica che non necessitava di alcuna risposta da parte del grigio "uno schermo più grande" concluse mettendolo in mostra.

Accese il dispositivo e cercò il file nella cartella denominata Film. Cliccò con l'indice un paio di volte e sullo schermo del tablet, in corrispondenza della piccola icona, fece partire il film Le pagine della nostra vita.

Appena gli attori cominciarono a parlare, notò come lo sguardo del grigio si spostò, dal soffitto passò allo schermo luminoso dove scorrevano le scene del film, e le sue pupille scure, dilatate per la poca luce presente nella stanza, riflettevano quelle stesse scene, come se lo sguardo del grigio fosse il proiettore e il tablet solo uno schermo nero, spento. Daichi sorrise, aveva scoperto come attirare l'attenzione di quel ragazzo.

Il film continuava, passò un'ora e Daichi ancora non si era stancato dal sentire i leggeri mugugni del grigio quando c'erano scene più tristi o più romantiche. Era felice che stesse provando delle emozioni.

I titoli di coda giunsero, oscurando lo schermo e mostrando solo delle scritte chiare che scorrevano verso l'alto. Il moro sospirò, spense il tablet e si girò verso il grigio.

Sulla guancia scendeva una lacrima, una singola lacrima, gli occhi erano chiusi, le mani leggere sulla coperta dalla fantasia infantile, le maniche lunghe della felpa blu erano state arrotolate, probabilmente da qualche infermiera dall'animo gentile. La bocca chiara e fina era leggermente sfessurata, il naso sembrava di porcellana, così come anche gli zigomi, sporgenti per la magrezza di quel viso. Le occhiaie sembravano confondersi quasi con il colorito del ragazzo, sembravano quasi si stessero cancellando, sparendo tra le trame della pelle tirata del giovane.

Daichi avvicinò la mano al viso del grigio per asciugargli quella lacrima solitaria, proprio come aveva fatto il giorno precedente. Sfiorò la guancia candida e la sentì fredda sotto il suo tocco. Istintivamente si alzò in piedi, lasciò cadere il tablet, che rimbalzò sul materasso per andarsi a scontrare sul pavimento, dando forma a una crepa lungo tutto lo schermo in diagonale.

Chiuse la mano intorno al polso di Sugawara, fece pressione con i polpastrelli sull'interno del braccio, ma non sentì nulla, né un leggero battito, né un movimento che lo potesse tranquillizzare.

Portò la mano libera al petto del ragazzo, posò il palmo aperto lì dove avrebbe dovuto battere il cuore, ma nemmeno quello emetteva alcun tipo di sussulto.

Strinse il grigio in un abbraccio, affondò il viso nell'incavo tra la spalla e il collo, soffocò dei singhiozzi rumorosi, talmente rumorosi che richiamarono l'attenzione di un'infermiera che stava passando nel corridoio. La donna si affacciò, vide la scena e corse a chiamare un medico.

Daichi urlava, soffocando quel suo urlo contro il corpo inerme e freddo del grigio. Lo strinse più forte di prima, sapeva che sarebbero andati a toglierglielo, a portarglielo via, ma lui non poteva lasciarlo andare, per lui era impensabile vivere ancora dopo averlo perso.

-torna, ti prego torna-

Le dita si aggrappavano alla felpa blu, le lacrime venivano assorbite da quel tessuto morbido e la fronte sfregava contro la pelle scoperta del collo di Sugawara.

Il medico arrivò di corsa, evitò di calpestare il tablet ancora sul pavimento, prese per le spalle il moro e provò a staccarlo da Sugawara. Fece forza, ma più lui provava a distanziare il ragazzo, più quello stringeva la propria presa sul grigio. Le parole allarmate del medico arrivavano a Daichi ovattate, come se fosse lontano diversi metri, se non chilometri.

-NO-

Scuoteva la testa, scrollava le spalle ogni volta che sentiva le mani di quell'uomo afferrarlo per portarlo via dal suo Sugawara e soffriva. Soffriva terribilmente, piangeva, sentiva gli organi contorcersi per il dolore, i polmoni implodere, la trachea stringersi tanto da portarlo a tossire tra un singhiozzo e l'altro.

Le dita, contratte come mai prima di allora, stringevano il tessuto della felpa e non si arrendevano, nemmeno dopo che le nocche erano diventate bianche, quasi quanto la pelle del grigio.

Dopo svariati tentativi, con l'intervento e l'aiuto di un altro medico e di un'infermiera, Daichi venne trascinato vicino alla porta della stanza e dovette assistere all'auscultazione del grigio. Si tappò le orecchie e chiuse con forza gli occhi quando il medico sollevò lo sguardo sull'orologio e parlò, sapeva benissimo cosa stesse dicendo, la frase esatta, ma lui non voleva udirla, non poteva sentir dire quelle parole. Si inginocchiò sul pavimento lucido, si portò le mani al viso e lasciò scorrere altre copiose lacrime, incontrollabili, inarrestabili, di dolore e disperazione.

Eppure, lui lo sapeva, era stato conscio del fatto che quell'amicizia l'avrebbe portato a soffrire in modo implacabile.

"il solo starti accanto gli faceva bene, ma non te ne sei accorto"

Dolore, solo un immenso dolore, lancinante. Quel dolore che piega le ginocchia, contrae i muscoli all'inverosimile e fa sperare di non poter più respirare, fa sperare di sparire, di cadere nell'oblio senza poter fare ritorno. Una sofferenza che lacera e uccide la mente di chi è ancora in vita.

Insopportabile.

Incontrollabile.

Inarrestabile.

Immenso.

Ineluttabile.

Crudele.

Dolore, puro e palpabile dolore.

-stare con Sugawara faceva bene soprattutto a me-

Before you goDove le storie prendono vita. Scoprilo ora