-12- contro chi si urla?

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Daichi stava arrivando all'ascensore quando rallentò il passo vedendo il grigio parlare con un altro ragazzo, presumibilmente un suo amico. Non voleva interromperli o disturbare, non sapeva il motivo per cui si fossero incontrati, ma essendo in un ospedale riteneva inopportuno indagare.

Vide i gesti tipici dei saluti e riprese a camminare nella loro direzione. Incrociò lo sguardo del castano, il ragazzo che fino a poco prima stava parlando con Sugawara, e notò in quel momento il cappello che indossava.

Come gli era capitato un paio di giorni prima con il grigio, non riuscì a trattenersi e richiamò l'attenzione di quello sconosciuto, pentendosene, ovviamente, subito dopo.

"tu sei l'amico di Sugawara, quello a cui ha prestato il cappello" disse indicando il copricapo azzurro con il pompon. Proprio uguale a quello che gli aveva descritto il grigio il giorno che erano andati a mangiare insieme.

Il castano arrestò all'improvviso il proprio passo e si voltò verso il moro. Inizialmente sembrò confuso, ma poi assunse un'espressione seccata.

"in realtà sono io che una volta gliel'ho prestato" sputò fuori quella frase come se, venire a sapere che il grigio fosse convinto di aver prestato il cappello, lo avesse reso consapevole di qualcosa che il moro non poteva ancora concepire.

Daichi lo vide allontanarsi con una mano in tasca e una che stringeva il cellulare. Fu solo in quel momento che si rese conto di aver già visto quel ragazzo, era lo stesso che nel giardino dell'ospedale aveva catturato la sua attenzione e quella di sua nonna.

Scosse la testa e portò la propria concentrazione sul grigio poco distante. Aumentò il passo e lo raggiunse appena prima che quello potesse premere il bottone all'interno dell'ascensore. Si affiancò al grigio e lo guardò di sfuggita, come al solito non riusciva a decifrare l'espressione di quel ragazzo enigmatico.

"hai avuto visite" disse a bassa voce. Si scrocchiò le dita, cercò di trovare un altro punto su cui posare la propria attenzione che non fosse il viso candido di Sugawara e intanto rallentava il respiro, come se anche quello avrebbe potuto recare fastidio all'altro ragazzo.

"Oikawa è un mio grande amico, soffre per me, ma quando se ne va sembra sempre arrabbiato"

"forse non lo è con te, forse..."

"certo che non è arrabbiato con me, non potrebbe mai esserlo, si sentirebbe troppo in colpa se poi..." Sugawara sospirò e sollevò lo sguardo andando a fissare la luce dell'ascensore "...lui ce l'ha con la mia malattia, non lo accetta. Soffrirà per colpa mia, ma, se solo prova a odiarmi per questo, si sente un mostro. È un circolo e nessuno è davvero colpevole..." si girò verso il moro che, sentendo i suoi occhi scrutarlo, si girò e ricambiò lo sguardo "...in questi casi contro chi si urla?" chiese immutabile.

Daichi ci pensò qualche secondo e poi piegò l'angolo della bocca e aggrottò le sopracciglia, assumendo un'espressione piena di compassione.

"contro il cielo"

La porta dell'ascensore si aprì nel momento in cui il pulsante del piano raggiunto si illuminò. Uscirono facendo un lungo passo per superare il binario della porta scorrevole e si guardarono. Nessuno dei sue in quel momento mostrava un sorriso, sembravano impassibili alla vita.

Daichi continuava a domandarsi se fosse giusto per lui fare amicizia con quel ragazzo, era vero che lo incuriosiva, ma era anche vero che lo avrebbe portato a dover affrontare degli ostacoli inverosimili. Sospirò abbassando lo sguardo, avrebbe voluto sparire un istante, giusto il tempo per pensare a cosa fare.

"vuoi andartene, non è così?" la voce del grigio non gli diede il tempo nemmeno per riflettere. Alzò di nuovo il viso e incontrò gli occhi luminosi del più basso. Non sembrava triste, ai suoi occhi risultava rassegnato. Scosse la testa in negazione, non poteva abbandonarlo, non senza un motivo valido.

Prese dalla tasca il cellulare e controllò l'orario, voleva tornare a casa, ma non voleva esser lui il primo a salutare. Ripose di nuovo il telefono lì dove si era trovato fino a poco prima e attese che fosse l'altro ad andarsene per la propria strada.

"se mi dai il tuo indirizzo email ti posso scrivere quando vengo qui" disse a bassa voce Sugawara estraendo il proprio cellulare, un modello vecchio, di quelli che si chiudono a conchiglia. Daichi annuì e, dopo avergli dettato la propria mail, lo vide allontanarsi con le spalle curve.

-vorrei avere il coraggio che hai te-

Si incamminò anche lui verso la propria casa. Il sole stava lasciando il posto alla luna, aveva passato molto tempo con la nonna, ma era felice per come l'aveva trovata in forma.

Una volta a casa si rifugiò subito in cucina, dove preparò un semplice piatto di pasta aglio e olio. Apparecchiare solo per se stesso non gli sembrava poi così triste, ma ogni tanto sentiva di avere bisogno di parlare con qualcuno in quei buchi vuoti della giornata. Posò il cellulare accanto al piatto e iniziò a scorrere le notizie della giornata.

Tra una forchettata e l'altra faceva scivolare il dito sullo schermo liscio, finchè quel piccolo marchingegno vibrò sotto il suo polpastrello. Aveva ricevuto una mail da un certo suga.kou∂*******.com, aprì il messaggio, lasciò perdere il titolo che aveva messo a quella posta elettronica e andò direttamente al testo lungo mezza riga.

[cosa dicono le patate quando sono in pericolo?]

Il moro rilesse il messaggio e rimase con il boccone a metà aria. Non capì subito cosa volesse dirgli con quella domanda, così decise di mandargli dei semplici punti interrogativi.

[???]

[Siamo fritte]

La risposta arrivò subito e lui si strozzò leggendo la risposta. Si lasciò sfuggire un risolino e cominciò a picchiettare le dita sulla piccola tastiera per rispondere.

[credevo fossi intelligente]

[li trovo divertenti questi indovinelli. Domani sarò in ospedale tutto il giorno, credo che ci incontreremo lì]

[va bene]

Chiuse il cellulare e ripensò all'indovinello che gli aveva scritto il grigio, scosse la testa, ma percepì un sorriso nascere sul suo volto. Mise nel lavandino il piatto e le posate sporchi e, dopo aver lavato tutto e riordinato la cucina, andò in camera per sdraiarsi.

La stanchezza si fece sentire all'improvviso, portandolo nel mondo dei sogni senza preavviso.

Before you goDove le storie prendono vita. Scoprilo ora