Sospirai non appena spostai lo sguardo da Harry al mare, di nuovo. Era così calmo, il rumore delle onde che venivano trasportate fino ad accarezzare la sabbia sotto i miei piedi mi calmavano irrimediabilmente.«No, non ci riesco» mormorai aggrappando le ginocchia e portandole ancora più vicino al petto. Sentivo lo sguardo insistente di Harry sul mio corpo mentre stringeva uno strano diario di pelle tra le mani.
«Cos'hai lì?» domandai quando feci un cenno con il capo verso l'oggetto marrone. Harry per qualche attimo gli prestò attenzione, prima di guardarmi con aria ovvia.
«Quello che vedi, un diario» scrollò le spalle e lo trovai estremamente antipatico. Come sempre. Scossi la testa contrariata, provocandogli una risata.
«Mi spieghi cos'hai sempre da ridere?» sbottai infastidita. Harry alzò le sopracciglia sorpreso da questa mia reazione, poi sorrise di nuovo.
«Mi fai ridere quando sei infastidita» ammise mordendosi il labbro. Quella mattina era in vena di scherzare, il che mi sorprese ma la sua vena da stronzo credo che non l'avrebbe mai lasciata andare del tutto.
«Ti fa ridere il fatto che sia scocciata dalle tue risposte da totale stronzo?» alzai il sopracciglio in modo sarcastico.
«Fai sempre tante domande, Annabel, ma come ci riesci?» scosse la testa arreso, lasciandosi cadere qualche riccio sulla fronte. Guardai Harry passare i polpastrelli sul tessuto del diario e mi chiesi come sarebbe stato se avessi potuto toccarlo anche io.
«Cosa ci scrivi?» domandai non curandomi della sua ramanzina proprio a proposito di ciò. Lui rise appena, continuando a scrutare il suo diario mentre dichiarava un "appunto". Alzai le spalle con nonchalance, riprendendo a guardare il mare. Quello che avevo capito era che Harry non era per niente una persona di molte parole, preferiva stare in silenzio ed era esattamente quello che stava accadendo.
«Preferisco tenerlo per me» annunciò d'un tratto, rompendo il silenzio creato pochi attimi prima. Sbuffai una risata sarcastica, alzando poi gli occhi al cielo. Era chiaro che volesse tenerlo per lui. Restai in silenzio, non avrei saputo rispondere in modo gentile a quell'ennesima frase che mi aveva portato ad essere infastidita sempre di più.
«Anche a me piace il mare, comunque» dichiarò dopo aver posato lo sguardo su di me. Vedevo infatti, con la mia coda dell'occhio, il verde dei suoi fissarmi.
Mi voltai verso di lui quando realizzai che effettivamente mi aveva detto qualcosa di sé senza che io gli avessi domandato nulla, quasi non mi scoppiò il cuore dalla gioia. Cercai di restare indifferente, mordendomi l'interno della guancia per frenarmi dal sorridere.«Di solito ci vengo quando ho qualcosa da metabolizzare, quando i pensieri sono troppi da farmi scoppiare la testa... Sì, credo nella potenza del mare, di come riesce a calmarmi istantaneamente» le parole uscivano lente dalle sue labbra leggermente screpolate, mentre il vento scompigliava i nostri capelli e il freddo faceva diventare di un rosa chiaro la punta del suo naso. Piegai le labbra in un piccolo sorriso, trovandomi completamente d'accordo con lui.
«È quello che fa anche a me, sentire il suono del mare mi fa dimenticare momentaneamente del resto del mondo» annunciai debolmente, prima di portarmi una ciocca dei capelli dietro l'orecchio. Spostai di nuovo lo sguardo sul ragazzo, che continuava a guardarmi insistentemente.
«Immagino tu abbia dei pensieri nella testa, ora» costatò insicuro, lo sentii dalla voce che si spezzò ad un certo punto. Sospirai, guardando la sabbia sotto di me.
«Sì, probabile» tagliai corto. Il silenzio calò di nuovo tra di noi, mentre il sole faceva capolino dietro quella linea sottile dell'orizzonte. Sorrisi inconsciamente a quella visione, veder sorgere o tramontare il sole aveva da sempre scaldato il mio cuore, provocandomi un forte senso di felicità che causavano brividi lungo tutto il mio corpo.
«Da piccola mi chiedevo sempre cosa ci fosse dietro quella linea» ammisi facendo un piccolo cenno con la testa e costringendo il ragazzo a spostare lo sguardo su di essa «immaginavo mille mondi, tutti diversi, dove tutti erano felici e vivevano la vita spensierati».
«Un mondo di arcobaleni e unicorni?» Harry mi guardò curioso, la sua aria era decisamente divertita. Infatti, risi a questa sua domanda così ingenua, prima di annuire. Effettivamente, era come immaginavo quei mondi.
«Sì, qualcosa del genere» risi di gusto, forse era la prima volta che succedeva con Harry «mi è sempre piaciuta l'idea di avere un mondo dove le persone sono sincere, dolci gli uni con gli altri... un mondo senza malizia, insomma» parlai con dolcezza, perché forse era quella la cosa che più mi contraddistingueva.
«È un mondo che non può esistere, Annabel» mi rimproverò Harry con serietà. Mi chiesi, per un attimo, perché lui dicesse così, mi chiesi se lui facesse parte di quelle persone che proprio non sopportavo, di quelle che avrebbero fatto di tutto pur di salvare loro stessi, che non sapevano cosa significasse l'essere dolci e altruisti, proprio come mio padre. Il volto di mio padre si fece spazio nella mia mente come un flash, seguita dalla faccia addolorata di mia madre, in uno di quei momenti in cui piangeva disperata per un uomo che non meritava.
Buttai giù il magone improvviso formatosi a ridosso della gola, cercando di scacciare quelle immagini dalla mia mente.
«Hai ragione,» sospirai quando mi volsi a guardarlo, la sua espressione era seria ma rilassata, continuava a fissarmi costantemente «ma spero sempre che un giorno possa vedere le persone trattarsi con più gentilezza» mormorai guardandolo negli occhi, la luce del giorno iniziava a far brillare gli occhi verdi del ragazzo. Sorrise debolmente e quasi non mi sembrò l'Harry che avevo conosciuto nei giorni precedenti.
«Sei una sognatrice, Annabel» parlò in un sussurro che quasi fu impercettibile e per la seconda volta in quella giornata mi ritrovai ad essere d'accordo con lui su qualcosa. Era strano come riuscisse a leggermi anche senza che io gli parlassi molto di me, questo mi spaventava ma allo stesso tempo mi faceva sperare in un nostro futuro da amici.
Mi presi qualche altra manciata di secondi per ammirare tutti i suoi particolari della faccia, mentre il sole che sorgeva illuminava sempre di più i suoi occhi. Le sue labbra rosse erano leggermente schiuse, i suoi ricci ricadevano scompigliati in varie direzioni, le sue ciglia lunghe sbattevano di tanto in tanto. Chiusi le labbra in una linea sottile quando incontrai i suoi occhi penetranti che non volevano togliere lo sguardo dai miei.
Eppure lo feci, spostai lo sguardo per prestare attenzione all'alba, e così fece anche lui. Ci ritrovammo entrambi seduti su una spiaggia deserta, con i ragazzi in lontananza che dormivano davanti ad un falò ormai quasi spento, le onde del mare che cullavano le nostre menti ed i nostri ricordi, i nostri respiri coordinati, il vento che accarezzava le nostre pelli e il sole che preparava la città ad un'altra giornata.
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𝐋𝐎𝐒𝐈𝐍𝐆 𝐆𝐀𝐌𝐄 || 𝐇.𝐒.
FanfictionSei ancora l'unica. Sei unica, in tutto ciò che fai, e sempre lo sarai. [...] Amarmi è una partita persa dal principio.