29 || 𝐓𝐄𝐓𝐓𝐈

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Passò un'ora ma di Harry non c'era traccia

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Passò un'ora ma di Harry non c'era traccia. La festa proseguiva tranquilla, nonostante potessi vedere Louis visibilmente provato dall'accaduto.
Mi morsi il labbro per l'ennesima volta, sarei arrivata a fine serata con il labbro spaccato, di questo ero sicura. Guardai un'ultima volta Dylan, sembrava che la situazione con Harry avesse trasformato anche il suo entusiasmo. Tuttavia, mi sorrise dolcemente, facendo scivolare una mano dietro la mia schiena e avvicinandosi a me.

«Io devo andare» soffiai d'improvviso, quasi come se non avessi pensato prima di aprir bocca. Dylan si bloccò di colpo, aggrottando le sopracciglia.

«Devo andare a cercarlo» ripetei, e mi sentii terribilmente in colpa quando Dylan abbassò lo sguardo, mentre la sua mano si stava già ritraendo. Si prese qualche momento per metabolizzare, poi riportò l'attenzione su di me.

«Sapevo che non avrei potuto competere con lui» parlò con un filo di voce, spezzandomi il cuore. Probabilmente non spettava a me dire una cosa simile, ma il senso di colpa per averlo in qualche modo illuso mi stava divorando l'anima. Nonostante tutto un altro sorriso, anche se forzato, si aprì sul suo volto. Istintivamente gettai le braccia al suo collo, attirandolo a me in un forte abbraccio. Avrei voluto ringraziarlo per la sua comprensione, ma quando notai la freddezza con cui posò le mani sui miei fianchi, non potei fare altro che sentirmi fuori luogo. Nonché una tale stronza. Così mi ritrassi e, dopo aver abbozzato un ultimo sorriso, corsi verso il corridoio.

Non sapevo bene dove trovarlo, tutte le camere del corridoio erano chiuse mentre mi aggiravo nel buio della notte. La notte di Halloween, per altro, con decorazioni macabre ovunque. La parte di me fifona avrebbe voluto prendere il sopravvento, se solo non fosse stato per la preoccupazione di trovare Harry.
Arrivai alla sua camera, battendo le nocche sulla porta una, due, tre volte, senza alcuna risposta. Così lo chiamai con forza, ma nessun rumore proveniva dalla camera. Provai ad aprire la porta ma mi accorsi che era chiusa a chiave. Sospirai combattuta, poggiando la testa sul legno bianco della porta e chiudendo gli occhi per fare mente locale.

Non conoscevo bene quella casa, non riuscivo ad avere dei pensieri completamente lucidi a causa di quello stupido drink e, quella sera, capii che non era il mio forte reggere gli alcolici. Guardai le mie Vans bianche, prima di voltarmi una volta per tutte per tornare indietro e chiedere informazioni a Louis.

Nel farlo, però, trovai una scala abbassata che prima a causa del buio non avevo notato. Mi avvicinai ancora di più per cercare di guardare in alto, pensai che dovesse essere stata una soffitta. Deglutii con forza, avrei dovuto salire in quella soffitta completamente sconosciuta e soprattutto buia, ancora una volta avrei dovuto fare i conti con le mie paure. Mi feci forza e mi diedi coraggio da sola mentre le mie gambe già salivano le piccole scale in ferro. Feci attenzione alla ruggine, cercando di poggiare il meno possibile le mani su di essa -nonostante fosse quasi impossibile-.

Finalmente misi piede sul legno scricchiolante di quella soffitta, la prima cosa che mi venne da fare fu quella di grattarmi il naso a causa del solletico dovuta alla troppa polvere. C'erano cassettoni sparsi senza un ordine preciso, un armadio vecchio con le ante aperte, completamente vuoto dentro. Infine c'era un divano macchiato dal tempo, con un tappeto dalle strane fantasie proprio al centro della soffitta. Mi ricordò le fantasie degli scialli di Sophie e quasi non mi venne da ridere.

La luce entrava solo da una piccola finestra spalancata, che immaginavo desse sul tetto. Mi avvicinai a passo svelto verso di essa quando sentii una strana melodia provenire da fuori, e sapevo che quella voce doveva essere solo di Harry. Temevo il peggio, il mio cuore batteva già all'impazzata.

«Harry!» esclamai non appena mi affacciai, poggiando le mani sulla mensola della finestra piena di polvere. La melodia s'interruppe improvvisamente, mentre Harry con un gesto veloce si voltò verso di me e chiuse il suo solito diario che ora aveva sulle gambe.

«Sta' tranquilla, ragazzina, non sto per ammazzarmi» annunciò ironico, ma io potevo vedere le sue gambe penzolare nel vuoto mentre era seduto sul bordo del tetto. Non era così ripido, questo era chiaro, ma forse la mia preoccupazione riusciva a trasformare la vera realtà delle cose.

«È pericoloso, Harry, vieni dentro» lo richiamai, quasi mi pareva di sentire mia madre. Il ragazzo, tuttavia, rise con gusto.

«Come fai a dirlo se non lo hai provato?» domandò allora, dandomi le spalle e guardando davanti a sé, dove c'era il giardino del vicino. Strinsi le labbra in una linea sottile, poi sbuffai.

«Vieni e prova, non te ne pentirai» annunciò il ragazzo. Sospirai, pensandoci su. Il cielo era trapunto di stelle, al contrario degli anni precedenti dove era puntualmente coperto da grossi nuvoloni.

«Ho la gonna» constatai, fiera di aver guadagnato un punto.

«Non preoccuparti, nessuno sbircerà» controbatté con nonchalance. Spalancai la bocca in tutta sorpresa, tutto mi sarei aspettato fuorché una risposta simile. D'altro canto, però, si parlava pur sempre di Harry. Sbuffai scocciata prima di prendere una decisione e scavalcare la finestra, aggrappandomi e sedendomi giusto fuori da essa. Qualche metro mi divideva da Harry, che intanto faceva penzolare divertito le gambe all'aria.

«Proprio non ci riesci, mh?» domandò Harry d'un tratto. Lo guardai stizzita mentre si prendeva gioco di me.

«Devo solo prendere coraggi—» non potei difendermi del tutto perché Harry aprì di nuovo la bocca, bloccandomi.

«No, intendevo non riesci proprio a non preoccuparti per gli altri» annunciò con tono tagliente. Lo guardai mentre si voltava verso di me, guardandomi negli occhi nonostante i metri che ci dividevano.

Mi strinsi nelle spalle accusando il colpo e decisi di rimanere in silenzio.

«Perché lo fai? Perché semplicemente non mi lasci in pace?» domandò con un filo di voce. Un folata di vento fece scompigliare i suoi capelli, insieme al suo mantello. Solo in quel momento mi resi conto della maschera poggiata al suo fianco, che venne spostata di poco dal vento gelido che mi portò a rabbrividire.

«E tu perché non lasci in pace me e Dylan?» inclinai la testa. Harry alzò l'angolo della bocca in un sorriso, prima di mormorare un 'touché'.

«Dov'è, a proposito?» corrugò la fronte. Scrollai le spalle con nonchalance, cosa che fece ridere il ragazzo, mostrando i denti così bianchi e le fossette che si mostravano solo quando Harry era completamente felice.

«Sei incredibile, ragazzina» mormorò alla fine mentre la sua testa veniva scossa ripetutamente. Mi morsi il labbro cercando di trattenere un sorriso, guardando la sua espressione tranquilla. Osservai il diario che teneva stretto tra le mani e ancora una volta mi ritrovai a pensare di voler scoprire cosa ci fosse all'interno.

A/N:
Tenetevi pronte per il prossimo!!!

𝐋𝐎𝐒𝐈𝐍𝐆 𝐆𝐀𝐌𝐄 || 𝐇.𝐒.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora