«Quindi, perché fai tardi alle lezioni?» domandai con aria astuta quando poggiai i gomiti sul tavolo. Avevamo appena ordinato e lo avevo preso in giro per le occhiatine mandate dalla cameriera -a detta di Harry, doveva essere una nuova-. La ragazza non era abbastanza alta, ma la sua coda con i capelli biondo cenere arrivava quasi fin sopra il fondoschiena.«Certo che non ti arrendi, eh ragazzina?» il sopracciglio di Harry si alzò divertito, mentre arricciava le labbra in un piccolo sorriso. Rotai gli occhi al cielo.
«Ma poi perché mi chiami così, si può sapere?» domandai stizzita. Non che mi desse fastidio, ma era così insolito per me che qualcuno mi chiamasse con un soprannome che ancora dovevo abituarmi del tutto. Harry mi osservò con la testa inclinata per qualche secondo, poi sospirò e si lasciò andare sulla sedia.
«Mi ricordi molto una ragazzina» ammise con nonchalance. Sgranai gli occhi, non so se per la confusione o per la sorpresa, ma lui continuò a spiegarsi.
«Per i tuoi modi di fare... per il fatto che guardi il mondo sempre con un occhio positivo, che speri ancora nel bene del prossimo, che hai speranza.. mi ricordi me di qualche anno fa» e so che si pentì subito della sua dichiarazione quando si morse il labbro con forza, abbassando lo sguardo verso le sue mani incrociate sul tavolo. Rimasi in silenzio per qualche secondo, cercando la frase giusta da dire per non far degenerare la situazione.
«Cos'è cambiato?» domandai con voce incrinata. Harry si leccò le labbra lentamente, il suo sguardo ancora non riusciva ad alzarsi per incontrare il mio.
«Ho scoperto che nessuno salva nessuno» mormorò «ognuno decide di salvarsi da solo. Non esiste speranza, non ci si deve affidare al prossimo perché non ti aiuterà anzi, ti guiderà alla tua stessa distruzione» la sua voce era piatta, seria e priva di qualsiasi altra emozione. Potevo vedere la sua mascella serrata ogni qualvolta chiudesse la bocca per fare una pausa. Potevo vedere le sue nocche diventare bianche di tanto in tanto a causa della stretta dell'incrocio delle sue mani. Aprii bocca per controbattere, per dirgli che forse aveva ancora tempo di cambiare, ma lui mi precedette.
«Prima che tu dica altro, l'ho provato sulla mia pelle e non è bello» tuonò, zittendomi seduta stante. I suoi occhi raggiunsero velocemente i miei, guardandomi così intensamente da squarciarmi l'anima. Strinsi le labbra l'una contro l'altra.
«C'è sempre una strada per la felicità, magari è un posto, una sensazione... una persona» annunciai scrollando le spalle. Harry sbuffò una risata leggera, mentre fissava i miei occhi con più tranquillità. Ora, infatti, i suoi muscoli erano molto più rilassati.
«Vorrei essere come te» mormorò sinceramente e questa fu un'affermazione che mi portò a sorridere imbarazzata, guardando altrove.
«Ecco i vostri piatti» la voce squillante della ragazza ruppe improvvisamente quell'aria creata tra noi, poggiando i piatti sul tavolo e andando via -ma non senza aver prima ammiccato ad Harry, che sorrise furbamente-. Scossi la testa rassegnata, era ovvio che il fascino del ragazzo non passasse inosservato, ma non avrei mai avuto il coraggio di fare una cosa simile.
Harry alzò di poco il piatto per prendere il tovagliolo che era rimasto sotto di esso, seguendo i miei movimenti, e con forza lo tirò via. Guardai con la fronte aggrottata un bigliettino cadere da esso e, quando lo feci notare ad Harry, anche lui lo raccolse confuso.
«Cos'è?» domandai curiosa quando Harry sbuffò una risata, prima di voltarsi indietro e poi ritornare da me.
«Helena, 06681—» sgranai gli occhi quando capii che Harry mi stava letteralmente leggendo il numero di telefono che la cameriera -o meglio, Helena-, gli aveva appena lasciato sotto al piatto.
«Non lo voglio più sentire!» esclamai mentre agitavo frettolosamente le mani, interrompendo quindi la lettura del ragazzo che rise di gusto e, in mia sorpresa, invece di gettare via il bigliettino, lo conservò nella sua tasca.
«Ma guarda chi si rivede» Judie canzonò non appena entrai in stanza «come mai la nostra fuggitiva è tornata così tardi ma soprattutto ha saltato le lezioni?».
La guardai ridacchiando mormorando un 'lo sai bene', prima di gettarmi sul letto e poggiare il vinile su di esso.
«E quello cos'è?» Judie indicò la busta del negozio che avevo appena poggiato sul letto.
«Un vinile, me lo ha regalato Harry» ammisi con nonchalance. Incrociai i piedi in posizione supina, mentre portavo le mani sul ventre.
«Un v— aspetta, cosa? E perché ti ha regalato un vinile?» Judie si precipitò giù dal letto per arrivare al mio e buttarsi sopra di esso. Alzai le spalle dubbiosa, e lei assottigliò lo sguardo.
«Un momento,» sussurrò quando guardò meglio il mio abbigliamento «sono quasi certa che questa maglia non sia tua. Conosco il tuo guardaroba a memoria, questo non fa parte di esso» alzò un sopracciglio parlando con tono inquisitore e quasi non le scoppiai a ridere in faccia. Morsi il mio labbro inferiore, trattenendomi.
«È di Harry» tagliai corto e, potei giurare di vedere gli occhi di Judie uscire fuori dalle orbite e la sua mascella toccare terra.
«Non è successo niente di tutto ciò che stai pensando in questo momento, calmati!» la rimproverai «anzi, domani gliela riporto...»
Judie mi guardò scettica, sapevo stesse nascondendo un sorriso.
«Oggi siamo di buon umore, non è vero?» cantilenò dolcemente. Sbuffai una piccola risata, chiudendo gli occhi dall'imbarazzo.
«Oh santo cielo, ti sei presa una bella cotta!» Judie mi prese in giro mentre con una botta di fianchi mi spostava più a destra per farsi spazio nel piccolo letto della stanza. Mi abbracciò e io a lei, permettendoci del tempo per stare insieme. Da quando avevamo conosciuto i ragazzi il tempo dedicato solo e soltanto alla nostra amicizia era diminuito e, nonostante stessi così bene con gli altri, mi era mancato terribilmente un abbraccio così dalla mia migliore amica.
Restammo in quella posizione per non so quanto tempo, Judie iniziò a raccontarmi di come Liam le stesse iniziando a piacere sul serio, e già immaginava mille scenari che io, anche se controvoglia, dovevo abolire per farla piombare di nuovo nella realtà.
Sorrisi all'idea del loro amore, quello che loro ancora dovevano scoprire del tutto, e mi ritrovai a paragonarlo con il mio. Non sapevo bene cosa fosse, in realtà, ma non era un caso che ogni volta che i miei occhi si chiudevano per prendere sonno l'ultima cosa che riuscivo a vedere era il sorriso del ragazzo riccio.
STAI LEGGENDO
𝐋𝐎𝐒𝐈𝐍𝐆 𝐆𝐀𝐌𝐄 || 𝐇.𝐒.
Hayran KurguSei ancora l'unica. Sei unica, in tutto ciò che fai, e sempre lo sarai. [...] Amarmi è una partita persa dal principio.