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Come ogni sera eccomi qui a percorrere una delle vie trafficate di Manhattan. Ma anche oggi la mia amata città è gelida e fredda, come il mio cuore da quando vivo senza mia madre. Lei era l'unica donna in grado di farmi amare me stessa. Mi ha insegnato a stare senza un ragazzo, perché li ha sempre reputati delle "teste di cazzo", ed in fondo non aveva tutti i torti. Mi dispiace che non mi abbia insegnato come stare senza di lei. Più giorni passano, più la sua assenza si fa sentire.

Ops scusate non mi sono mica presentata!

Mi chiamo Sophia, ho 19 anni e vivo a Manhattan sin da piccolina, poiché mia madre si trasferì qui dopo che quell'essere spregevole di mio padre l'aveva lasciata quando scoprì che lei era incinta di me.

Di un uomo cosi ne conosco uno: si chiama William ed è il mio capo. Sì, beh a 19 anni dovevo pur lavorare dopo la morte di mia madre. Quindi decisi di chiedere a Simone, che mi trovò un lavoro dentro un circolo. Pensavo fosse un lavoro normale come tanti ma no: sarei diventata una prostituita. Sì, avete capito bene: la puttana. Essere scopata senza ritegno e da diversi uomini. La cosa inizialmente mi spaventò, ma adesso a distanza di quasi quattro mesi ci ho fatto l'abitudine. Non che la cosa mi piaccia, ma devo farlo per potermi guadagnare da vivere. Ed eccomi arrivata nell'unico posto dove ormai passo il resto delle mie serate. Come di regola, varco il grande edificio e mi accoglie con un grande sorriso Sara, una delle ragazze con cui ho legato maggiormente. La saluto, con un cenno di capo, perché oggi proprio non ho voglia di parlare. Impiego circa una ventina di minuti a indossare il mio solito babydoll trasparente. La sensazione è la stessa di sempre: disagio. Mi sento a disagio in queste vesti, ma devo farlo.

In poco tempo mi ritrovo davanti a quella grande immensa sala dove mi aspetta William, che come sempre è seduto dietro alla sua scrivania dandomi le spalle. Entro titubante e mi avvicino alla scrivania. "Ciao, William, eccomi qui", dico e al contempo lo guardo mentre si volta. "Sophia, eccoti, ti stavo aspettando", pronuncia con voce possente. Come al solito, mi fermo a osservarlo: bello, spalle larghe ben fasciate dalla sua solita camicia bianca, accompagnata da una cravatta nera.

"Sophia, mi senti?". La sua voce mi rimbomba dentro le orecchie e mi fa uscire dal mio stato di catalessi. "Sì, dimmi, William". Continuo io con voce tremante. "Per oggi mia bambina non andrai in strada. Voglio vedere come te la cavi a soddisfare il tuo protettore", disse accennando un sorriso.

Cazzo, l'ha detto, l'ha fatto! Era quello che temevo di più: rimanere una notte con lui a soddisfare i suoi bisogni sessuali del cazzo senza potermi ribellare, esattamente come tutti gli altri uomini. Non posso obiettare e così ingoio il rospo e dico: "Va bene, William", per poi uscire da quell'immensa sala.

Sono circa le 23:00 quando tutte ormai varcano la porta d'uscita della villa per poter andare a lavorare, e così mi lasciano sola con William. Come mi ha detto, mi reco nella sua stanza e lentamente busso in attesa di conferma. "Avanti, bimba, vieni qui e siediti sulle mie gambe", dice col solito sorriso da stronzo. Avanzo verso di lui con fare timoroso, e mi siedo sulle sue gambe. Le sue mani iniziano a toccare ogni lembo di pelle non coperto dal babydoll, mentre lui con fare amorevole chiede:" Come stai, oggi?". Io mi sono sentita obbligata a rispondere: "Ehm... bene tu?". Lui annuisce in segno di assenso, il che significa che sta bene e che è ora di passare ai fatti.

"Soph, siediti sulla scrivania", dice sollevandomi e poggiandomi sul tavolo di legno laccato. Come è mia abitudine, stringo le gambe in segno di disagio. "Bimba, apri le gambe. Devo ammirare la tua bellezza", annunciò leccandosi i baffi, e io gli obbedisco. Egli passa le sue grandi mani sulle mie cosce, mentre lentamente scende verso la mia intimità. L'imbarazzo che è in me cresce a vista d'occhio, ma ringrazio il cielo che tutto questo si stia svolgendo a luce spenta, perché sennò William vedrebbe che sono diventata un peperone. "Soph, scostati le mutandine di lato: proverò con te un nuovo attrezzo", annuncia e lo vedo tirare fuori da uno dei cassetti della scrivania un piccolo dildo manuale, mentre con le dita prepara la mia intimità ad accogliere quello strano oggetto dentro di me. "Soph, voglio sentirti gemere", dice succhiando una parte del mio corpo che non riesco a percepire... Dalle mie labbra fuoriesce un piccolo sbuffo, "Brava, Soph, così! Ma adesso è ora d'inserire in te questo piccolo oggettino", dice lui . Un bruciore pervade il mio basso ventre. William spinge talmente forte da farmi uscire delle lacrime che lui stesso col pollice asciuga . Sa bene che a quella pressione non sono abituata e che per me è una cosa nuova. "Bimba, ora passa, stringi i denti", mentre lui di sottecchi sorride. Stronzo. È uno stronzo. Non c'è nulla da ridere su ciò che mi sta provocando. C'è solo da piangere e urlare di dolore, come vorrei realmente fare. Tutto ciò per me è un fottuto incubo da cui non posso più svegliarmi. A volte mi chiedo il perché di tutto questo. Perché mia madre mi ha abbandonato? Non se ne doveva andare, non così non ora. Avevamo così tante cose da fare. Ma perché a me? Mi manca da morire. Mi manca quando mi diceva: "Vieni qui, amore di mamma, stasera coccole", ed io mi nascondevo nelle sue braccia per essere al sicuro dal mondo. Adesso non posso più farlo. Scaccio quei pensieri dalla testa e mi concentro su questa cazzo di tortura. Noto William fermarsi. "Soph, per oggi dormi con me", aggiunge prima di congedarmi. È strano che lui faccia dormire qualcuno con sé, e ancora più strano se quel qualcuno sono io. "Bimba, vieni qui",esordì. Delicatamente le sue labbra si appoggiano sulla mia spalla destra nuda, mentre mi stringe in un abbraccio. Mi sento a disagio con lui in questo atteggiamento così intimo, così strano, ma in fondo ne avevo bisogno. Poco dopo mi congedo.

In men che non si dica sono già sotto la doccia nella mia stanza, mentre cerco di togliere via quel suo odore, di buono ma io sono il suo oggettino sessuale. Nulla cambierà, anzi peggiorerà solo. Esco dalla doccia e mi reco in camera. Cerco di mettermi qualcosa di comodo, anche se so bene che ci sarà il bis. Ma non ne voglio, non voglio, sono troppo stremata, confusa e stanca. "Soph, posso?", sento quella voce, quindi a tono rispondo e in men che non si dica lui è nella mia camera, nel mio mondo. "Dimmi pure, William", gli dico. "Senti, soph, oggi dormirai con me, ma non faremo nulla", ammette con un leggero imbarazzo. Il mio cuore fa i salti di gioia. "Come mai?", chiedo con un po' di paura e imbarazzo. "Soph, ti ho sfruttata, ti hanno sfruttata, quindi per oggi riposerai con me", dice con un lieve sorriso sulle labbra. Istintivamente lo abbraccio. Lo vedo rimanere di stucco: non è abituato a un contatto del genere con nessuna delle sue bambine. Poco dopo lo sento rilassarsi e ricambiare. "Soph, andiamo a cena?", chiede grattandosi la nuca. Annuisco, così mi prende per mano e mi conduce verso le scale. Mi fa accomodare su una delle sedie della sala da pranzo con un tavolo imperiale. Solitamente mi siedo di fronte a lui, all'altro capo del tavolo, di gesti così lui non ne fa mai, però sì, in fondo penso che anche lui abbia un cuore. "Soph, ho chiesto per entrambi hamburger e patatine, va bene?", chiede lui. "Certamente, William, va più che bene, mangio qualsiasi cosa", affermo tranquillamente. In lui vedo un sorriso appena accennato. È così che la nostra conversazione si conclude e finiamo di cenare tranquillamente. 

le sue mani su di me volume 1 CompletaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora